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L’UE: “Serve più convinzione”. Beccari: “Noi i più determinati”

da Daniele Bartolucci

La trattativa per l’Accordo di Associazione all’Unione Europea continua ad andare avanti, anche se con diversi problemi, incognite e una nuova certezza: il percorso, iniziato ufficialmente il 16 dicembre 2014 con l’autorizzazione del Consiglio dell’Unione Europea ad avviare le negoziazioni, dovrà concludersi entro il 2023. E dovrà essere un accordo vantaggioso per entrambe le parti: sia per l’Unione Europea, sia per i tre Paesi. Se è vero che l’Unione ha l’obiettivo politico di palesarsi inclusiva e di “allargarsi”, è altrettanto vero che i tre piccoli Stati aspirano ad una maggiore integrazione al mercato unico, ed è qui il punto fondamentale di tutta la trattativa: “Dovremo tenere conto delle peculiarità di questi Paesi e delle loro dimensioni”, ha spiegato il vice Direttore Generale per l’Europa del Servizio Esterno dell’Unione Europea, Marko Makovec, durante la sua audizione alla Commissione per gli Affari Esteri del Parlamento europeo riguardo i negoziati, lo scorso 2 dicembre, “ma prima di tutto tuteleremo il nostro mercato unico, garantendo pari opportunità anche per i cittadini e le imprese dell’Unione, senza scappatoie e concorrenza sleale”. Non solo, perché incalzato dai Commissari, Makovec è stato ancora più diretto: “Dobbiamo insistere sul pieno rispetto delle nostre quattro libertà (l’acquis comunitario, ndr). Accordi transitori dovranno essere debitamente giustificati, necessari e proporzionati”, ma sia chiaro: “Se un Paese desidera partecipare deve rispettare le regole. Non metteremo a repentaglio il funzionamento del mercato unico”.

LA TRATTATIVA RALLENTATA DAL COVID, MA NON SOLO

L’audizione di Makovec in Commissione ha permesso di aggiornare la stessa sul negoziato in corso, su cui tutti sono concordi nel criticarne la lentezza. Lo stesso Makovec si è detto “non soddisfatto”, portando comunque delle motivazioni oggettive: la prima è ovviamente la pandemia, “che ha rallentato tutta l’attività in presenza, ma soprattutto quella degli incontri di alto livello politico. Questi Paesi, per le loro dimensioni, hanno limitate capacità interne e la pandemia ha assorbito tutte le loro energie. Gli incontri tecnici sono comunque proseguiti e si sono raggiunti importanti risultati, ma le criticità sono su diversi nodi che, per essere sciolti, necessitano di un chiarimento e un coinvolgimento dei più alti livelli politici dei Paesi”. Anche perché le difficoltà derivanti dal Covid non bastano a giustificare il ritardo della trattativa, “che forse si correla anche alla volontà politica, perché vorrebbero mantenere alcuni vantaggi”. Il messaggio appare sempre più chiaro man mano che Makovec risponde alle domande dei Commissari: gli interlocutori attuali, in quanto tecnici, non possono prendere tali decisioni, ma senza tali decisioni la trattativa non può procedere.

BECCARI: “NON SIAMO NOI IL PAESE MENO CONVINTO”

Le spiegazioni di Makovec se da un lato chiariscono molti aspetti, dall’altro lasciano degli interrogativi importanti, in primis chi è il Paese che rema contro all’Accordo? La domanda nasce dalla dichiarazione del Commissario Nacho Sánchez Amor (Spagna) in merito alla necessità di “una volontà politica più forte da parte dei tre Paesi” espressa da Makovec: “Dobbiamo avere la conferma politica delle nostre controparti. Perché se no si procede alla velocità del meno convinto dei tre. Una cosa è avere delle particolarità e delle difficoltà, ma non possiamo aspettarci che l’UE si adatti all’ultimo paese che si vuole associare”.

Quale sia questo Paese, né Amor né Makovec non lo esplicita, proponendo però una sorta di verifica “ai massimi livelli politici”, lasciando intendere che i tavoli tecnici, seppur fondamentali, non soddisfino la necessità di confermare che i singoli Paesi siano ancora fermamente convinti di arrivare all’Accordo finale. Ovviamente in Commissione non siede nessun rappresentante dei tre Paesi, ma non è casuale che a “difendere” Andorra sia intervenuto l’europarlamantare spagnolo Jordi Solé Ferrando ricordando che “tutti i gruppi politici presenti in Parlamento hanno recentemente affermato la volontà di un accordo rapido”. Interessante a questo punto il fatto che lo stesso Makovec ha più volte ribadito “la forte spinta che darà la presidenza francesce alla trattativa”, prefigurando che se ci saranno eventuali dubbi da parte di Monaco, sarà onere della Francia chiarirli e superarli, essendo il Paese più legato al piccolo Principato. Se così fosse, resterebbe solo San Marino. Che al pari degli altri, potrebbe essere ostaggio di resistenze interne proprio sui tre temi che Makovec ha posto in cima alla lista delle criticità: “Gli aspetti da risolvere riguardano ancora l’ambito finanziario, la circolazione delle persone e la non discriminazione del luogo di residenza. Anche gli energetici e le telecomunicazioni hanno un valore importante, ma i primi tre sono quelli che richiedono una volontà politica forte da parte dei tre piccoli Stati per trovare delle soluzioni”.

Sono questi gli ostacoli e, soprattutto, sono ostacoli posti da San Marino? “La nostra volontà di arrivare ad un Accordo di Associazione è sempre stata chiara, ed è stata ribadita a tutti i livelli politici, sia in Consiglio Grande e Generale sia con i diversi Ordini del Giorno votati all’unanimità in Commissione Esteri”, ha risposto in conferenza stampa il Segretario agli Esteri, Luca Beccari, dando quindi un messaggio indiretto anche agli interlocutori stranieri, che dopo l’audizione di Makovec hanno insinuato dubbi e non solo. Anche per questo Beccari ha voluto rinforzare il concetto: “In verità credo che San Marino sia il Paese più determinato dei tre e lo è fin dall’inizio della trattativa. Se è vero che abbiamo diversi temi comuni, le motivazioni alla base della nostra determinazione sono diverse e in particolare sulle questioni economiche. La nostra economia, infatti, è molto più variegata di quelle di Andorra e Monaco, per cui c’è una pluralità di vantaggi a cui possiamo aspirare, mentre gli altri due Paesi sono molto più legati di noi a singoli e specifici settori, motivo per cui durante la trattativa è normale che cerchino di mantenere un certo status quo in taluni ambiti. Inoltre noi sentiamo questo Accordo più vicino, perché abbiamo già sottoscritto da tempo quello per l’unione doganale e quindi già integrato tutte le dinamiche conseguenti. Lo stesso si può dire delle nostre imprese, in particolare quelle manifatturiere – che gli altri due Paesi non hanno – perché da anni sono già operative all’interno del mercato unico e già allineate a quegli standard”. “L’obiettivo, quindi”, chiosa Beccari, “è arrivare ad un Accordo nei tempi più brevi, superando gli aspetti più complessi, nell’ottica di dare più competitività alle imprese e più opportunità ai cittadini. Questo significa che, come abbiamo più volte ribadito ai nostri interlocutori, occorre dare concretezza a questo documento, togliendo tutti i dubbi e le variabili. Solo così potremo fare e condividere tutte le valutazioni che servono”. Un percorso a cui, in parallelo, San Marino ha unito anche la strada delle riforme, come ha ricordato il Segretario all’Industria, Fabio Righi: “E’ chiaro che tutte le riforme che andremo a fare dovranno essere tarate anche al contesto internazionale in cui dovremo operare nei prossimi anni. Per questo l’Accordo di Associazione è funzionale anche certi interventi, che non serviranno solo a rendere il nostro sistema più efficiente, ma lo dovranno far diventare anche più competitivo nel mercato unico europeo”.

I NUOVI INCONTRI NEGOZIALI E LA “SCADENZA”

Come detto, la trattativa prosegue a livello tecnico: dopo gli incontri di giugno, luglio e ottobre, Makovec ha annunciato quelli dell’8, 9 e 10 dicembre. Ma soprattutto, ha prefissato una scadenza degli stessi, ovvero nel 2023. Più specificatamente, “nel secondo semestre del 2023, sotto la presidenza spagnola”. E prima, come spiegato sopra, ci sarà la presidenza francese. “Ma come intendete accelerare questo processo?”, ha chiesto la parlamentare croata Željana Zovko Croazia, a cui si è aggiunto il collega Amor, che aveva puntato il dito sul  modello negoziale (“Uno solo per tutti e tre forse non è utile”). Domande a cui Makovec ha risposto puntualmente: “Stiamo ora decidendo le date negoziali per il 2022, ma credo che anche il trasferimento di determinate competenze dal SEAE alla Commissione possa agevolare e velocizzare i confronti”. A livello organizzativo, invece, “è meglio un unico accordo, perché per le loro amministrazioni sarebbe più costosa”, ha spiegato, “ma anche più difficile da monitorare, perché andrebbero applicati tre diversi accordi”.

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