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Alle volte il presente si comprende solo dopo anni

da Simona Bisacchi

Quando sei di fronte a un bivio, tessi la tela.

Prendi esempio da Penelope, che non ha mai smesso il suo lavoro, né di giorno – quando tesseva la trama – né di notte, quando la scioglieva. In una stanza da ricamo ha imbastito un’opera politica, diplomatica e militare dall’esito impeccabile.

Penelope riflette, trova una possibilità, non è certa che funzionerà, e i giorni diventano anni, e alcune mattine sente che non ce la farà, che il suo tentativo è destinato a fallire e allora che senso ha avuto faticare tanto se alla fine non riuscirà? Ma non si ferma, sa che non può fermarsi. Deve allontanare i suoi dubbi, deve impedire alla paura del domani di farsi strada nell’oggi. Lavora. Si concentra sulla sua tela, perché è nelle sue mani da tessitrice che si forgia il destino di Itaca.

C’è molta più sapienza nei gesti imparati e migliorati con gli anni che non in tutte le elucubrazioni, in cui ci si rifugia per cercare una soluzione.

Lavora, non perdere tempo – e risorse – a interpretare quello che non sei in grado di capire.

A volte il presente si comprende dopo tanti anni. A volte non si afferra nemmeno con il famoso “senno di poi”.

Non cercare di spiegare a tutti i costi, non cercare profezie nel tuo passato o nei tuoi sogni, perché – come insegna la mitologia classica – una profezia mal interpretata è di un’inutilità imbarazzante. E rischia di farti cadere nell’errore che stavi cercando di evitare: Edipo docet. Allontanato da bambino perché destinato a uccidere il padre e sposare la madre – cresciuto quindi senza sapere chi fossero i suoi veri genitori – cosa combina da grande? Uccide il padre e sposa la madre, perché non aveva idea di chi fossero in realtà.

Non ragionare come Laio e Giocasta, i genitori di Edipo.

Lavora come Penelope.

Porta avanti il tuo mestiere. Impara qualcosa di nuovo.

È facendo che vengono le grandi idee. Non basta leggere, non è sufficiente informarsi, bisogna adoperarsi. È un trucco che val la pena impiegare. Quando la testa è tanto concentrata da tanto tempo su un solo argomento perde creatività, così i pensieri si appiattiscono, e anche una mente brillante si riduce a un copione da soap opera pomeridiana.

Il lavoro spezza questa monotonia. Concentrarsi sul proprio dovere – considerare un dovere anche rivolgersi gentilmente alle persone – fa scattare qualcosa. Si potrebbe chiamare entusiasmo, nell’accezione greca che indica l’essere pervaso, o ispirato, da una forza eccezionale.

Perché non sempre è importante trovare una soluzione. Ma è indispensabile trovare lo spirito adatto ad affrontare la situazione.

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