Memorie che diventano voce. Per restare legati al passato, un’ombra fondamentale per capire chi siamo. Storie da raccontare, pescate nei pozzi di Santarcangelo, bagnate e attinte dal libro “La notte delle bandierine rosse” , scritto a due mani da Gianni Fucci, Serino Baldazzi. Ci ha affondato gli occhi Liana Mussoni, e lo ha plasmato, rimodellato per costruirci un recital poetico assieme a Fabrizio Flisi (pianoforte) e Tiziano Paganelli (fisarmonica e flauti): un’ora abbondante di parole, note e canzoni impreziosite dalle foto d’archivio di Ivana Manenti (forse, va detto, scenicamente un po’ penalizzate: potevano essere “ingrandite”).
Realizzato nell’ambito del progetto partecipato “Sprigionati! Le ex Carceri che vorresti” (a cura dall’Associazione il Palloncino Rosso per conto dell’Amministrazione comunale), “Sopra il cielo delle contrade” – questo il titolo dello spettacolo andato in scena il 24 luglio allo Sferisterio – è un viaggio in una “Spoon river” romagnola che della Romagna ha i caratteri principali: la determinazione, la forza, l’audacia, la capacità di rimboccarsi le maniche e una certa “fellinianità” (come non avvicinare il venditore di lupini a Biscein, il personaggio di “Amarcord”, o l’uomo che faceva i mattoni al babbo di “Titta” Benzi?). Liana Mussoni sfoglia gli “Annales” della sua Santarcangelo per riportare in vita persone e soprattutto storie, aneddoti, che stanno aggrappati come muschi ai mattoni: donne che non si fermano davanti a nulla – è il caso di quella che si era travestita da uomo per andare a lavorare in Francia -, lavandaie, pescivendole, musicisti come Guido Morelli o Giulio Faini, quest’ultimo cornista per Arturo Toscanini alla Scala di Milano. E uomini, ragazzi, personaggi verrebbe da dire, che giocavano con la fionda a pigliare le lucertole o a far volare gli aquiloni o a “sporcare” di liquido nero la “santiera” della Collegiata. E Pidio, un calzolaio famoso per i suoi detti, e Carlo Carlini, Maestro d’api. E la nascita dell’attuale ristorante “Lazaroun”, un tempo covo di sovversivi.
Parole e canzoni che si intrecciano come i capelli di una bimba – “Povera patria” di Battiato, “Khorakhanè (A forza di essere vento)” di Fabrizio De André e altri brani francesi – che si chiudono in un nastrino nero, quello del Ventennio, con le due visite del Duce (15 agosto 1936 e 22 giugno 1938) e la Resistenza dei cittadini, mossa da un cuore socialista.