Da una parte le riforme che ancora non arrivano, dall’altra un Paese che si sta rimettendo in moto tra mille difficoltà. La fotografia di San Marino potrebbe essere questa, e in parte lo è, se non fosse che c’è anche uno scenario internazionale che si sta muovendo nella stessa difficile situazione e quindi sarebbe il caso di posizionare il “grandangolo”. Almeno sull’Europa, dove è vero che sono stati messi a disposizione miliardi di euro per avviare i Piani Nazionali di Ripartenza e Resilienza, ma è anche vero che quasi tutti i Paesi sono alle prese con le stesse grandi riforme: da quelle “anti consenso” come la Pubblica Amministrazione o le pensioni, a quelle “pro impresa” sul mercato del lavoro, per arrivare a quelle più evolute come la “transizione ecologica”. In tale scenario San Marino, anche se sembra assurdo, ha un vantaggio: può decidere praticamente da solo e in fretta come rinnovarsi. Oppure decidere di rimanere così, condannando se stesso e le future generazioni. La decisione va presa ora, spinti come detto più volte, dall’entusiasmo di aver portato la popolazione fuori dalla pandemia meglio e più velocemente di altri. Una spinta non di poco conto, ma che da sola non basterà a sistemare tutte le cose: occorre fare di più e occorre fare ciò che serve. La stagione turistica appena riaperta e la probabile ripartenza economica vanno cavalcate e agevolate, ma soprattutto vanno tolti tutti gli ostacoli e freni per un pieno sviluppo economico e sociale del Paese. Le riforme, insomma. Una parola che non ci stancheremo di ripetere. Sicuramente non in questa fase così straordinariamente decisiva.
Editoriale: “Riaprire non basta per ripartire”
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