Non un testo “femminista” ma “femminile”, quello portato sul palco del “Pazzini” di Verucchio, interpretato in maniera convincente, anche grazie ad alcune scelte linguistiche dialettali, dall’attrice umbra.
di Alessandro Carli
VERUCCHIO (RN) – Gli apparentemente “giusti dubbi” che hanno anticipato la mise en scene di “Tutta casa, letto e chiesa”, sentiti gli applausi del numeroso pubblico del Pazzini di Verucchio che domenica sera hanno salutato l’assolo di Valentina Lodovini sul testo di Franca Rame, si sono rivelati del tutto infondati: la distanza temporale il testo scritto e l’interpretazione dell’attrice – in maniera del tutto spannometrica, più o meno una quarantina d’anni (Franca Rame lo portò in scena nel 1977) – in realtà non esiste perché i “drammi” (ovviamente comici) che vive la protagonista (o meglio, le protagoniste dei singoli quadri) sono di una realtà ancora presente e, a modo suo, devastante. La forza dello spettacolo, un’ora senza intervallo, si gioca nell’assenza dell’uomo, presente solo come evocazione, fantasma, controprotagonista negativo. Non un testo femminista ma femminile, quello che Valentina Lodovini vive sul palco con buona energia, bella fisicità e un interessante esercizio mnemonico: balla, si contorce, si alleggerisce per poi diventare donna. Per diventare, senza finzione, quattro “tipologie” diverse: la casalinga rinchiusa in casa dal marito, la ragazza che diventa oggetto sessuale a disposizione delle voglie dell’uomo, un’operaia che continua a lavorare e, in chiusura, Alice (forse il personaggio meno incisivo).
Attorno a un elemento totemistico di deciso impatto teatrale – un lettino da analista che diventa talamo per accoppiamenti animaleschi, rifugio, sedia, riparo ma anche ring e specchio – la Lodovini si spoglia (in senso figurato), passa da registri linguistici più lievi e fanciulleschi a quelli più drammatici, senza perdere mai la bussola: vuole “accompagnare” il pubblico a riflettere sui rapporti tra donne e uomini, ma senza giudicare. E così incocca l’arco verbale e lancia: a un polveroso “contesto il fatto dell’incintamento della donna e del maschio mai” (retaggio del femminismo) fa da contraltare l’amarezza del “vorrei vivere con te e non abitare con te”, che racchiude, con ogni probabilità, le distanze tra i generi.
Ma è nella scelta lievemente vernacolare della donna operaia che Valentina Lodovini mette la propria firma sul testo: la sua caratterizzazione vocale, realizzata attraverso una parlata gergale della zona del Valdarno, è una perla che dona profonda veridicità alla storia, e fa scendere il personaggio dal palco per portarlo nella vita vera.