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Santarcangelo Teatro 15: recensione di “Our secrets” di Bela Pinter and Company

da Redazione

Spettacolo complessivamente piatto, senza accelerazioni, a tratti anche noioso, troppo pieno di storie che si sormontano, si accavallano senza mai andare a fondo. Un lavoro ambientato nel 1980 e del 1980.

 

di Alessandro Carli

 

Due su due. Obiettivi centrati in pieno. Nel lungo nome di Santarcangelo Festival Internazionale del Teatro in Piazza è già spiegato tutto: piazza e internazionale. La prima, venerdì sera giorno di apertura ufficiale della 45esima edizione della kermesse, era davvero gremita: alle 21.30 hanno dato, gratuitamente, Breivik’s Statement di Milo Rau, spettacolo in inglese sottotitolato in italiano e costruito sul terrorista Anders B. Breivik, che ha ammazzato 77 persone qualche anno fa.

E il resto, ovvero gli altri luoghi – meno rispetto al passato – deputati ad accogliere e raccogliere gli spettacoli? Già.

Davanti a un poco più che sparuto pubblico, Bela Pinter and Company – 10 persone sul palco – hanno messo in scena al Supercinema Our secrets, lavoro sull’Ungheria ambientato nel 1980. Inizio frizzante come una bottiglia di prosecco – musiche gitane, fisarmoniche, balli, allegria, grande coesione e ordine tra gli attori – che però, dopo i primi 15 minuti, perde energia.

Fondale fisso – sempre due enormi bobine che girano – per circa due ore di mise en scene, che intreccia una storia di pedofilia (Istvàn che si innamora di Timi, la figlia di 7 anni della compagna, e che fa giocare la bimba con il suo gnometto: la scena della fellatio non si vede in quanto l’uomo è di spalle) alla macrostoria politica, ovvero i dualismi tra fascismo e comunismo, tra povertà e consumismo, tra Mosca e Berlino Ovest, tra potere e onestà.

Spettacolo complessivamente piatto, senza accelerazioni, a tratti anche noioso, troppo pieno di storie che si sormontano, si accavallano senza mai andare a fondo. Un lavoro ambientato nel 1980 e del 1980: fedele dal punto di vista temporale, per carità, ma sono passati 35 anni. Our secrets è come Fatima: segreti di Pulcinella, che possono far gongolare quel pubblico appassionato di storia di sinistra – a un certo punto dal palco scende il motivetto di Bella ciao –, a quel pubblico che ama la sovrapposizione e l’identificazione tra storia, politica, regime, irredentismo e scena, dramma, testo, ma che poco hanno a che fare – oggi – con il teatro.

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