Farhad Bitani a Villa Manzoni, e per la prima volta a San Marino, racconta la sua storia, dal cuore del fondamentalismo alla fuga in Europa, mosso da “un tremendo bisogno di verità”. Giovedì 25 giugno, ore 21.
Farhad Bitani ha 29 anni, proviene da un’importante famiglia dell’Afghanistan, dove per molti anni è stato capitano dell’esercito. Ha conosciuto profondamente l’orrore del fondamentalismo islamico e per molto tempo ne è stato partecipe. Oggi vive come rifugiato politico in Italia. A Villa Manzoni, e per la prima volta a San Marino, racconta la sua storia, dal cuore del fondamentalismo alla fuga in Europa, mosso da “un tremendo bisogno di verità”. Giovedì 25 giugno, ore 21, Villa Manzoni.
«Sono tante, forse troppe, le cose che ho visto nei miei primi ventisette anni di vita. Adesso le racconto. Lascio le armi per impugnare la penna. Traccio i fatti senza addolcirli, senza velarli. Dopo aver vissuto l’infanzia, l’adolescenza e la prima giovinezza nell’ipocrisia, ho un tremendo bisogno di verità». Inizia così il libro di Farhad Bitani “L’ultimo lenzuolo bianco. L’inferno e il cuore dell’Afghanistan” (editore Guaraldi).
Farhad ha conosciuto la ricchezza e poi la povertà, ha vissuto nello sfarzo e poi nella totale privazione. «Con i talebani ho assistito a stupri, decapitazioni. Con i mujaheddin, famiglie potenti come la mia, si sono spartite gli aiuti umanitari che giungevano da ogni parte del mondo ed erano destinati ai più poveri. Il fondamentalismo islamico ha conquistato metà del mondo. Ora vuole la fine dell’Occidente. Come i mujaheddin e i talebani, anche io ero un fondamentalista. Disprezzavo tutti gli infedeli e credevo che sarebbe stato giusto che l’Islam trionfasse con le armi in tutto il mondo».
Farhad Bitani, classe 1986, figlio di un generale, di quelli che hanno sconfitto i sovietici, dice la verità sull’Afghanistan. E la dice da ex comandante dell’esercito, da chi ha penetrato l’orrore. Bitani pare un Céline senza mitraglia linguistica, il suo è un viaggio nell’interminabile notte dell’Afghanistan. Senza risparmiare nessuno, né i mujaheddin («anche dentro l’attuale governo cosiddetto democratico di Karzai, tutti i membri del parlamento sono fondamentalisti e lavorano tranquillamente dentro il governo, continuando a compiere nefandezze») tanto meno i talebani, abili «a rendere spettacolo la brutalità». Rivela che dietro l’acribia religiosa cova il laido desiderio di denaro («alcuni capi fondamentalisti hanno dichiarato di possedere 345 milioni di dollari») e ci impiatta quello che nessuno vuole sorbirsi, cioè che «tutto il mondo manda aiuti all’Afghanistan. Ingenti somme di denaro di cui una percentuale minima arriva dove c’è veramente bisogno. La maggior parte va a rimpolpare le casse delle famiglie dei comandanti fondamentalisti. In questo sistema dove la corruzione è virtù e la menzogna una fede, lo scopo del fondamentalismo è sempre lo stesso: sterminare i cristiani, annientare gli occidentali».
Questo libro possente e drammatico, dall’incipit che tramortisce: «Non sono uno scrittore. Io sono un militare e mio padre è un generale afghano»; questo libro che ci impone di considerare quanto il fondamentalismo «sta entrando in tante case europee» sarà presentato per la prima volta a San Marino giovedì 25 giugno, alle ore 21, a Villa Manzoni.
Il salotto letterario abbandona per una sera le atmosfere ovattate della letteratura per entrare con questo singolare personaggio in quella drammaticità della cronaca che, spesso, la cronaca non racconta. Per alzare il velo che copre il dramma di un popolo che perfino la storia sembra avere dimenticato.