I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta, nell’ambito di un’indagine coordinata dai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Napoli, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di numerose persone, gravemente indiziate, a vario titolo.
Si tratta di reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, di reimpiego di beni di illecita provenienza, di intestazione fittizia di beni provenienti da attività illecite a soggetti compiacenti, di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e di detenzione e porto illegale di armi, tutti con l’aggravante di aver agito al fine di agevolare le attività dei clan “dei casalesi” e del clan operante in Acerra.
L’attività investigativa, avviata ad ottobre 2010, ha permesso di individuare il canale di reimpiego dei capitali illecitamente percepiti dal clan attraverso operazioni finanziarie con società di capitali nella Repubblica di San Marino nonché di ricostruire le manovre del sodalizio tese alla creazione di una struttura satellite operativa nell’Emilia Romagna per la gestione in loco degli affari illeciti.
Infatti, le investigazioni hanno permesso di accertare la continua azione ed opera di alcuni affiliati al clan “dei casalesi” – fazione Schiavone – di investimento nelle regioni Marche ed Emilia Romagna (con particolare riferimento ai centri di Fano, Pesaro, Riccione, Rimini e nella Repubblica di San Marino) di ingenti capitali provenienti da attività illecite. Alle operazioni di riciclaggio hanno concorso molti elementi del clan anche attraverso la vendita di immobili e di autovetture fuori serie ed il versamento di somme di denaro in contanti. I capitali raccolti, così come accertato dagli inquirenti, venivano reinvestiti nella società FINCAPITAL S.p.A. di San Marino, amministrata da professionisti residenti a San Marino.
Il sistema di reinvestimento dei capitali del clan si arricchiva della collaborazione di soggetti emiliani e marchigiani quali VALLEFUOCO Francesco e AGOSTINELLI Francesco che, condividendo il ruolo di tramite nelle attività di reimpiego dei casalesi, mettevano a disposizione le loro conoscenze personali sul territorio, essendo gli stessi radicati nelle zone del nord Italia, per il compimento di attività formalmente lecite (oltre che per quelle illecite, come le estorsioni o lo spaccio di stupefacenti. In particolare, VALLEFUOCO Francesco aveva il compito di mediare fra il clan “dei casalesi” e quello “degli acerrani”, favorendo le reciproche alleanze, nonché quello di verificare la redditività degli investimenti nelle Marche e nella Repubblica di San Marino; AGOSTINELLI Francesco, “faccendiere” residente nelle Marche ed operante nelle regioni del centro Italia è risultato invece essere il garante degli interessi della famiglia Schiavone. In tale contesto preme sottolineare che per la prima volta è stato possibile accertare il ruolo di SCHIAVONE Carmine, figlio di Francesco (“Sandokan”), al vertice dell’intera associazione di tipo mafioso denominata “clan dei casalesi”, a seguito dell’arresto del fratello Nicola.
Infatti, SCHIAVONE Carmine ha fornito, in prima persona, direttive finalizzate a curare gli investimenti in terra di S. Marino unitamente a soggetti affiliati quali IAVARAZZO Mario, PONTICELLI Mirko e lo stesso AGOSTINELLI. Quest’ultimo, inoltre, aveva piena autonomia nella gestione degli affari illeciti del clan dei casalesi nella zona a cavallo tra l’Emilia Romagna, le Marche e la Repubblica di San Marino, avendo creato una struttura operativa che operava parallelamente a quella presente nell’agro aversano.
Si evidenzia ancora che già nel febbraio 2011 l’AGOSTINELLI era stato tratto in arresto per detenzione di circa mezzo kg. di eroina e cocaina e di una pistola. Nell’occasione i Carabinieri sequestrarono importante documentazione che riguardava il riciclaggio di una Ferrari (modello Scaglietti) e di cinque villette in costruzione in provincia di Pesaro, tutti beni sottoposti a sequestro preventivo nell’ambito dell’operazione eseguita oggi per un valore complessivo di circa tre milioni di euro.
Nell’ambito della medesima attività d’indagine è emerso come, al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale, di sequestro preventivo e di confisca dei beni, alcune aziende siano state fittiziamente intestate a terze persone, tra cui alcune donne imparentato con esponenti del clan.
Le investigazioni hanno, inoltre, permesso di far luce sul ruolo ricoperto da alcuni affiliati in considerazione del settore di specifica competenza, identificando, in particolare, i soggetti che si occupavano dell’acquisto, della detenzione e della vendita sull’intero territorio nazionale, di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente del tipo eroina e cocaina proveniente dall’Albania e quelli che acquisivano e detenevano armi e munizioni per le esigenze “militari” del sodalizio.
Al riguardo, personaggi quali il citato AGOSTINELLI Francesco, unitamente a SINATRA Francesco, di origine catanese, LAVARAZZO Mario e PONTICELLI Mirko rivestivano il ruolo di promotori del sodalizio ed in tale contesto è emersa la figura di MONTEBELLI Guido che, oltre a mettere a disposizione dell’associazione il bar da lui gestito in Riccione, denominato “Tintarella di luna Cafè” per la custodia degli ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, si occupava in prima persona dello spaccio al minuto.
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