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Superbowl 2012 ai New York Giants, Eli Manning nella leggenda. Scandalo all’halftime

da Redazione

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Contro i favori del pronostico, contro l’inerzia di un incontro che aveva preso una brutta piega, i New York Giants si sono aggiudicati il 49° Superbowl di football americano all’ultimo tuffo, beffando i New England Patriots nella rivincita di 4 anni fa (anche allora fu la Big Apple a brindare).

Il punteggio finale, 21-17, la dice tutta sulle emozioni e sull’equilibrio che ha caratterizzato la partitissima di Indianapolis.

Tra Tom Brady e Eli Manning alla fine l’ha spuntata il fratellino di Payton Manning, davanti agli occhi che brillavano, alla fine, di papà Archie, altra leggenda del football Nfl. E diciamo altra leggenda perché Eli Manning, due Superbowl vinti, due volte Mvp, nella leggenda ci è già ufficialmente entrato, e non solo nella leggenda dello sport newyorkese.

 

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LA PARTITA

New York parte alla grande. Un primo drive lungo, lento terminato con un punt che inchioda Brady a iniziare la sua partita a ridosso della propria end zone, tanto da determinare un safety “tecnico” che vale i primi due punti sul cartellone, un altro lungo drive concluso con un lancio per Victor Cruz da 2 yard (9-0), in un primo quarto perfetto soprattutto dal punto di vista tattico: l’attacco terribile di New England è stato lasciato a poltrire in panchina per quasi la totalità del tempo.

Ma prima o poi a Brady su quell’ovale era impossibile non farci mettere le mani. Ed ecco che la superstar dei Patriots comincia a macinare. Un ottimo playbook, adattato per l’occasione, gli permette di pescare una discreta rotazione di ricevitori liberi, per paradosso meno di tutti quel Gronkowski, il TE che ha tenuto i fan col fiato sospeso nelle ultime due settimane per la caviglia in disordine, che era il più temuto in assoluto dalla difesa di NY per le sue caratteristiche così versatili.

All’intervallo lungo i Pats arrivano con il vento in poppa, capaci di ribaltare il punteggio grazie prima ad un facile field  goal dalle 29 yard di Gostkowski, quindi da un lancio di Brady per Woodhead di 4 yard, al termine di un altro lunghissimo drive (10-9).

 

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Nel terzo quarto New England sembra in grado di spaccare la partita. Hernandez, con una pregevole ricezione da 12 yard, porta al massimo vantaggio di 17-9. L’attacco dei Giganti è ben condotto da Manning fino alla zona calda del campo, poi qualcosa s’inceppa nel meccanismo e New York riesce solo a trasformare solo grazie al piedone di Tynes, autore di due field goal consecutivi nel terzo quarto, dalle 38 yard prima e dalle 33 poi. La partita è in bilico, siamo negli ultimi quattro minuti di gioco, i Giants hanno la palla in mano ma tutto il campo davanti. Negli occhi dei tifosi c’è la facile ricezione fallita da Hernandez che avrebbe portato almeno alla distanza sufficiente per un comodo piazzato il kicker dei Patriots, pochi istanti prima. Manning chiama lo schema, è un lancio lungo sulla side line di sinistra, Manningham riceve in tuffo e tiene miracolosamente i due piedi in campo: ricezione valida e esplosione di gioia sugli spalti da parte dei tifosi di New York e degli appassionati di Indianapolis, che preferivano veder trionfare un Manning qualsiasi piuttosto che la squadra di New England. Il drive iniziato da Manning con l’unico vero big play di tutto l’incontro è da incorniciare, unico neo, paradossalmente, è sin troppo breve perché anziché bruciare tutto il tempo sul cronometro per mettere a segno il FG del sorpasso proprio la sirena vede il runningback Bradshaw segnare quasi involontariamente, sedendosi letteralmente in touch down, dopo una passeggiata di 6 yard nella difesa di New England lasciata larga come un’autostrada. L’ultimo possesso di Brady parte dalle 20 yard con poco più di 50 secondi da giocare e un solo time out da spendere. L’impresa è disperata e si arriva al più classico lancio dell’Ave Maria, sparato in mezzo a un grappolo di mani, in mezzo all’end zone di New York. Una nazione intera resta col fiato sospeso per un paio di secondi, poi il pallone tocca terra e la partita finisce. Nell’arca della gloria c’è posto solo per uno, e quell’uno è Eli Manning.

 

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