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Decreto giochi: la maggioranza fa quadrato

da Redazione

In Consiglio tiene banco il confronto (l’ennesimo) sui giochi della sorte. Un dibattito piuttosto fiacco per la verità, con argomenti triti. Da una parte la maggioranza che vuole intervenire per adeguare la normativa a quella italiana (pena il fallimento del settore), dall’altra l’opposizione che si chiede: ma all’Italia piacerà? Di certo avere una carta in mano da giocare oggi, farebbe comodo: Svizzera docet.

In Consiglio Grande e Generale, ieri, buona parte della giornata si è consumata sul vecchio argomento dei giochi della sorte e del casinò, più o meno strisciante. Un dibattito piuttosto fiacco a dire la verità, che ha preso spunto dal decreto presentato per andare a regolare il settore, anche in base ai cambiamenti di normativa che oggi regolano il settore ad appena quindici chilometri dal Titano.
Il confronto, in buona sostanza, si è consumato su questa doppia chiave di lettura. Da una parte la maggioranza che ha spiegato come il settore giochi sia in rapido declino, con un problema per le casse dello stato, e che non è il caso di stare a fare i moralisti perché quello che in Repubblica si vorrebbe vietare (il sottobosco del gioco è ricchissimo, dalla roulette elettronica al poker on line, fino ad arrivare a tutti i giochi da bar) in Italia è accettato. Dall’altra parte della barricata se ne fa più una questione morale (è giusto lucrare sulla debolezza umana per il gioco?) e in buona sostanza si afferma – per l’ennesima volta – che questo decreto è una sorta di cavallo di troia per far entrare a San Marino il casinò. E allora che ne direbbe l’Italia?
Al di là del fatto che avere in mano una carta “pesante” con cui poter spaventare l’Italia di questi tempi non sarebbe male (basti guardare la partita a poker sullo scudo fiscale tra Svizzera e Italia), l’altro argomento caldo della giornata di ieri è stato lo spostamento della sala di Rovereta. Dove? Ancora la soluzione è avvolta dalla nebbia. Di fatto l’Usot e gli operatori turistici hanno già mandato a dire che la vorrebbero far tornare entro le mura di Città, anche perché la soluzione di Rovereta avrebbe dovuto essere temporanea… (CLICCA QUI per leggere la notizia correlata).

Venendo al dibattito, i consiglieri delle diverse forze del Patto all’unanimità provano a mettere la parola fine ai "sospetti" sollevati dai colleghi dell’opposizione. Pier Marino Menicucci, consigliere Europopolari, ribadisce il rifiuto per una casa da gioco a San Marino: "Mi sembra evidente dal programma di governo che il settore dei giochi non sia inserito nel futuro dell’economia del Paese". E "il decreto che siamo chiamati ad approvare – prosegue – è in linea con il sano realismo su cui è improntato il programma".
Della stessa idea il segretario di Alleanza Popolare, Alberto Selva, che rivendica le battaglie fatte dal suo partito: "Cosa pensa Ap sul gioco e cosa ha affrontato nella scorsa legislatura lo sanno anche i muri". Selva difende quindi il decreto che "è più ristretto di quello che si fa credere". Anche il capogruppo di Alleanza Popolare, Roberto Giorgetti, rigetta i sospetti e invia un messaggio agli ex alleati del Psd: "Rispetto al precedente governo, in questo c’è unità d’intenti, non il gioco delle parti, né ci sono leggi obiettivo all’orizzonte".
Protezione dell’occupazione e del gettito che i giochi portano allo Stato: il consigliere Teodoro Lonfenini (Pdcs) evidenzia gli obiettivi di fondo del decreto che riguarda oltre 100 dipendenti della Giochi del Titano, due terzi dei quali sammarinesi. Inoltre, "il decreto va a regolare quello che finora è stato terra di nessuno – spiega – come le macchinette nei bar, annessi e connessi". In sintesi, conclude "Il decreto è in linea con questo governo". Le cause che hanno portato al provvedimento le spiega Pasquale Valentini, segretario Pdcs: "Dal 2007 al 2009 si è registrata una diminuzione del 13% degli introiti dei giochi, se non si fosse intervenuto, la gestione sarebbe destinata al fallimento". Perciò, "Ci è sembrato responsabile – motiva il capofila della maggioranza – sia per l’attività di entrata sia per i lavoratori, mantenere quel livello di redditività che la sala aveva". Di qui il decreto, richiesto dalla nuova direzione della Giochi del Titano: "Perché senza rinnovo della tipologia di giochi il trend in discesa delle entrate della sala è segnato". In conclusione: "La direzione di questa maggioranza è unicamente quella di non far perdere dal punto di vista economico quella possibilità che il settore aveva mostrato inizialmente".

Di ben altro avviso i consiglieri che siedono sui banchi dell’opposizione, che in più interventi hanno ribadito come non si possa "giocare" sui rapporti tra Italia e San Marino. La sovranità della Repubblica di San Marino passerebbe dunque anche dalle macchinette.
Le ragioni portate poco prima in Aula dal ministro delle Finanze, Gabriele Gatti, a difesa del decreto, non bastano a Claudio Felici, capogruppo Psd.
"Se basta un fatto commerciale – ha affermato – cioè la concorrenza, per svoltare l’asticella della velocità del gioco e del controllo sul giocatore, allora la differenza fra gioco della sorte e azzardo non è più una questione etica ma una variabile commerciale".
Il capogruppo dei socialisti e democratici ne fa quindi una questione di sovranità: "Per un sistema autonomo e sovrano non basta che chi ci sta di fianco cambi le regole per seguirle".
Allo stesso modo, "San Marino non può realizzare una casa da gioco autonomamente, ma solo se c’è condivisione con l’Italia". E in caso prendesse questa decisione, "questo Paese – è convinto Felici – diventerà ancora di più un protettorato italiano". Il capogruppo Psd non è convinto dal discorso del ministro: in particolare, sul punto del trasferimento della sala. "E’ evidente – denuncia – che si stanno predisponendo spazi per accogliere non solo nuove macchiette, ma anche per attività da associare al gioco".
Anche Alessandro Rossi, capogruppo di Sinistra Unita, boccia le risposte di Gatti agli interrogativi posti dal suo partito: "Sullo spostamento della sala giochi del Titano, la risposta è stata di carattere evasivo". E critica l’adeguamento alla normativa italiana: "Non possiamo uniformare la nostra attività a quella dei nostri vicini, devono essere portati elementi a corredo". Pollice verso sulla durata minima delle partite abbassata a 4 secondi e al costo massimo di 10 euro: "Cifre su cui bisogna interrogarsi, senza dover seguire per forza seguire il modello italiano".
Dubbi li solleva anche Pier Marino Mularoni, Ddc: "Siamo sicuri – chiede al governo – che quest’azione non vada a creare ulteriore criticità nei rapporti con l’Italia e che non andrà inteso come un superamento dell’accordo del 1953, aprendo la strada alla realizzazione di un casinò?". Sull’incognita della nuova sede della Giochi del Titano torna Marino Riccardi, Psd: "Si giustifica una nuova sala con la scusa che si vuole dare continuità all’attività, ma non è stato detto dove sarà reperita, anche se tutti ne abbiamo conoscenza". Riccardi solleva il dubbio: "Credo che la realtà sia un’altra e non si voglia dire la verità politica, ovvero che questo governo vuole andare avanti sottobanco". Maggior chiarezza sulle reali intenzioni del governo la chiede anche Simone Celli, segretario Psrs. "Da un lato il decreto garantisce la sopravvivenza dei giochi – spiega – dall’altro si va verso l’adozione delle linee guida dei casinò moderni, il binomio macchinette e alberghi di lusso". A riguardo quindi, "credo ci voglia un chiarimento da parte del governo".

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