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Rimini, la recensione del disco “Via di scampo” di Andrea Amati

da Redazione

L’impressione – che supera la bellezza della profondità del suo timbro di voce, molto marcato e gradevole, esteso – è che ci troviamo davanti a un bel lavoro.

 

di Alessandro Carli

 

RIMINI – Qualche celebre omaggio – nella fattispecie Lucio Dalla, Luigi Tenco e Fabrizio De Andrè, i suoi maestri – ma anche e soprattutto la propria scrittura musicale, le proprie emozioni, messe lì, in sospeso, sul pentagramma. Per dire al mondo: “Ci sono”.

Il cantautore Andrea Amati, assieme alla sua band (troviamo Federico Mecozzi, violistista ma non solo di Ludovico Einaudi, e Massimo Marches, già vicino a Syria), è in giro per la Romagna con un intento preciso: presentare i brani del suo primo album, “Via di scampo”. Dopo il debutto a Riccione e dicembre, l’artista clementino si è fermato al Mulino di Amleto di Rimini, sabato 25 gennaio.

Scaletta robusta – quasi due ore di live – per un viaggio nel cuore: si parte forte con “la resistenza”, pezzo molto tirato e rock, duro e orecchiabile, per poi passare alla malinconica “Santarcangelo 16/07/2013”, storia di una storia d’amore finita, ancora sospesa, che riverbera le luci e le emozioni del passato. girano poi “La strada”, e “Ultimo lampione”, “La tua bocca”, “Calvario d’estate”, “Baciami adesso”, “La ragazza e i ghiacciai”, “Mio nonno” (tutti in “Via di scampo”), a cui si aggiungono alcune canzoni “più giovanili” (sembra un ossimoro, detta così, visto che Andrea Amati è del 1984, ma ci perdonerà).

L’impressione – che supera la bellezza della profondità del suo timbro di voce, molto marcato e gradevole, esteso – è che ci troviamo davanti a un bel lavoro: testi ben scritti e dolci, che sanno anche graffiare (l’uomo è gatto e se ferito tira fuori le unghie) ma soprattutto sanno parlare della quotidianità, delle riflessioni di un ragazzo che osserva, ascolta, e traduce in note.

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