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Libia, la Nato blocca il blitz del rais Muammar Gheddafi

da Redazione

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Il governo libico ha accettato le condizioni dell’Unione Africana per una tregua. Lo ha detto ieri sera il presidente sudafricano, Jacob Zuma, dopo diverse ore di trattativa con il rais nel suo bunker di Bab al-Aziziyah: “Abbiamo completato la nostra missione. La delegazione libica ha accettato la roadmap presentata da noi. Abbiamo dato al “fratello leader” una chance per il cessate il fuoco”. Ora la delegazione libica si trasferirà a Bengasi per le trattative con i ribelli. E così pure i cinque negoziatori, che oggi arriveranno qui, in Cirenaica, terra dei ribelli. E riceveranno un’accoglienza assai più fredda di quella avuta a Tripoli. “Qui – diceva ieri il dottor Abdul Darz, uno dei leader civili della Rivoluzione – abbiamo provato il sapore della libertà. E non torneremo indietro. Gheddafi e la sua famiglia non fanno più parte della storia della Libia, o moriremo tutti”. Abdul non è affatto un fanatico, è un uomo tranquillo; i cinque negoziatori che vorrebbero salvare il raiss devono pensarci, a quelle parole. Ieri intanto ad Ajdabiya c’è stata la più grande battaglia di questa guerra.
L’hanno vinta i ribelli, che alla fine degli scontri hanno fatto festa inebriati di felicità, con spari, urla, cori, danze, e le “V” esposte generosamente alla bulimia delle telecamere; ma danze, cori, e spari in aria non potevano nascondere nemmeno a loro che, senza i raid della Nato, oggi Gheddafi avrebbe di nuovo i suoi grandi ritratti appesi da qualche parte dentro questa città fantasma. Lungo lo stradone vuoto, arrivando cautamente dalla porta occidentale, i poveri corpi stesi per terra nelle forme innaturali che soltanto la guerra sa imporre, e i carri sventrati dai missili, e le torrette annerite, e i cingoli smontati dalla violenza dell’impatto, raccontavano la cronaca della battaglia, che era cominciata l’altro ieri con una incursione-lampo di pochi mezzi militari dalla strada del Sud e che poi, nella notte, è diventata invece un vero tentativo di prendere il possesso della città. Il convoglio di 25 pick-up e d’una ventina di tank era una forza d’urto impressionante, un autentico ariete di fuoco capace di travolgere ogni resistenza; ma questa volta i caccia della Nato sono piombati a volo radente sulla colonna, lanciando i loro missili teleguidati in una catena di raid che si consumava tra il rimbombo delle esplosioni, le urla dei feriti, lo strazio dei corpi dentro un puzzo ancora acre di carne bruciata.

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