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Il tavolo anti-inflazione non basta ai sindacati

da Daniele Bartolucci

L’inflazione a doppia cifra degli ultimi anni e l’innalzamento dei tassi di interesse conseguente potrebbero aver toccato i rispettivi picchi ed entrare in una fase di calmieramento, ma l’effetto di queste due dinamiche continua a concretizzarsi nei prezzi dei beni di consumo, che continuano a salire. Anche a San Marino, dove la capacità del sistema di far fronte a questa urgenza è stata finora limitata al rinnovo dei contratti di lavoro (o almeno a quelli i cui aumenti sono entrati già in vigore Industria, Edilizia, Artigianato, Assicurazioni e Commercio). Non è poco, ma anche gli stessi firmatari hanno sempre ammesso che non bastasse a coprire l’effettiva inflazione del periodo. Da qui l’iniziativa del Governo e delle Segreterie di Stato alle Finanze e all’Industria di avviare un tavolo di lavoro, insieme alle Associazioni dei Consumatori, oltre che OSLA e USC per quanto riguarda gli imprenditori dei settori più interessati, per contenere gli effetti dell’inflazione e incentivare i consumi sul territorio. Nei giorni scorsi è stato formalmente sottoscritto l’Accordo Quadro che

prevede l’istituzione di un tavolo presso la Segreteria di Stato per le Finanze e il Bilancio nel quale, in ragione delle tematiche analizzate, potranno essere coinvolte le altre Segreterie di Stato, per affrontare i problemi specifici derivanti dall’eccessivo aumento dell’inflazione e portare avanti una politica comune e sinergica per contenerla, mettendo in campo iniziative mirate, per incentivare i consumi sul territorio, per dare un concreto impulso all’economia sammarinese anche tramite l’ampliamento dell’1% – a carico dello Stato, per un totale del 3% – della scontistica applicata sulla SMaC Card per il comparto alimentare dal 1 novembre 2023 al 31 gennaio 2024.

Presentata quindi la Campagna Anti-Inflazione, un’iniziativa del Governo, della Grande Distribuzione Organizzata (GDO), delle Associazioni dei Consumatori e di OSLA e USC, che – assieme all’Accordo – favorisce il contenimento dei prezzi e tutela il potere di acquisto dei consumatori, specialmente delle famiglie in maggiori difficoltà, al fine di contrastare il caro spesa. Gli esercizi che aderiscono all’iniziativa, riconoscibili tramite l’esposizione di una locandina con un logo nei colori bianco e azzurro della bandiera sammarinese, si impegnano a offrire una selezione di articoli a prezzi contenuti – con particolare attenzione ai prodotti di uso quotidiano appartenenti al ‘carrello della spesa’ – e a non aumentare il prezzo di tale selezione durante il bimestre 1° novembre – 31 dicembre 2023.

I SINDACATI: “DA FEBBRAIO ATTENDIAMO RISPOSTE”

Per i sindacati sammarinesi, però, questo non basta e lanciano l’ultimatum: “Senza risposte concrete per la tutela di stipendi e pensioni sarà inevitabile la mobilitazione”.

I Segretari Generali delle tre sigle sindacali (Enzo Merlini per la CSdL, Gianluca Montanari per la CDLS, Francesca Busignani per USL) non cambiano quindi idea sulla necessità di recuperare il potere d’acquisto dei redditi da lavoro e da pensione eroso dall’inflazione, sottolineando come anche lo Stato deve fare la propria parte. “Il Governo, tuttavia, continua a latitare”, hanno ribadito, tanto che “attendiamo una risposta alla nostra lettera dello scorso febbraio i cui contenuti sono stati ribaditi in una nuova missiva spedita lo scorso 20 ottobre”.

Inoltre, “l’accordo firmato contro l’inflazione, che al momento di concreto vede soltanto i 200mila euro stanziati dal Governo – finanziamento quindi a carico dello Stato – per l’aumento di un punto percentuale della ricarica Smac per l’acquisto dei prodotti alimentari, deve evolversi in ulteriori scontistiche e benefici per i consumatori, ivi compreso un serio e accurato controllo dei prezzi che finora non è mai stato attuato nonostante le numerose richieste. In caso contrario, per le famiglie sammarinesi questo intervento rappresenterebbe poco più che uno spot. E soprattutto non deve rappresentare un alibi per il Governo, perché le politiche dei redditi necessitano di un impegno strutturato, che al momento manca totalmente. Del resto è risaputo che il miglior incentivo ai consumi è aumentare il reddito disponibile, in particolare per le famiglie meno abbienti”. Nello stesso tempo, “occorre contrastare l’inverno demografico e per farlo c’è bisogno che la politica presti ascolto alle problematiche che le persone si trovano a dover affrontare: su molte di queste pesa l’aumento generalizzato del costo della vita, a causa del quale faticano ad arrivare alla fine del mese pur lavorando. Il rischio è che sempre più persone, anche lavoratori, lavoratrici e pensionati, scivolino nella fascia di povertà”.

Nel frattempo, però, dalla prima lettera del febbraio scorso la lista delle richieste sindacali si è alquanto allungata. “Si chiede, tra le altre cose, di recuperare sulle buste paga un 10% di potere d’acquisto, per redditi annui fino a 25.000 euro lordi, da ridursi proporzionalmente fino ad azzerarsi oltre i 35.000 euro annui. Parte di questo obiettivo potrà essere raggiunto attraverso la riduzione dei contributi pensionistici: la differenza dovrà essere posta a carico del bilancio dello Stato. Un’altra parte potrà essere raggiunta applicando la legge tributaria, laddove prevede che gli scaglioni di reddito imponibile vadano adeguati all’inflazione: i tre sindacati chiedono che il relativo risparmio fiscale non venga riconosciuto a tutti, ma concentrato sui redditi più bassi”.

“Anche gli assegni familiari vanno aumentati, ma non del 10% come è stato fatto”: la proposta di CSdL, CDLS, USL era di aumentarli del 30%, pari al valore dell’inflazione per gli anni trascorsi, “quindi manca all’appello un 20% di aumento”.  Quanto infine al reddito minimo familiare, “il suo importo va aumentato sensibilmente, così come sono da rivedere i requisiti d’accesso. Questi ultimi sono talmente stringenti che si può beneficiare di questo sostegno solo in pochissimi e disperati casi”.

Insomma, per i sindacati “è improcrastinabile l’apertura di un tavolo sulla politica dei redditi affinché quel dialogo di cui a fasi alterne si sente tanto parlare, possa finalmente iniziare a sfociare in soluzioni concrete ed efficaci a beneficio dei lavoratori, dei pensionati e delle famiglie in generale”. Da qui l’ultimatum, che arriva non a caso a novembre – come per lo sciopero dell’anno scorso, svoltosi il 15 novembre 2022 –  che è il periodo in cui si costruisce la finanziaria per l’anno prossimo: “Se l’Esecutivo continuerà a non far arrivare risposte sulla politica dei redditi diviene necessario l’avvio nelle prossime settimane di una nuova fase di mobilitazione da parte delle organizzazioni sindacali, a partire da un ciclo di assemblee informative intercategoriali con i lavoratori, estese ai pensionati”.

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