Se il lockdown da Covid e la guerra in Ucraina erano crisi evidenti a tutti (meno le conseguenze, che comunque hanno toccato concretamente tutti quanti), oggi tutto il mondo parla di due crisi meno tangibili ma altrettanto pesanti: l’inflazione che sta erodendo il potere d’acquisto delle persone e la conseguente riduzione dei consumi, che penalizza direttamente il commercio e la produzione. Questi due fenomeni si stanno manifestando da mesi a livello globale e gli effetti si vedono anche a San Marino. Un’isola felice per molti versi: ad esempio qui si stanno rinnovando i contratti, a differenza di altri Paesi in cui le difficoltà sono più marcate, anche se gli aumenti – parola degli stessi sindacati che li stanno firmando – non copriranno l’inflazione di questi anni. Il problema è che San Marino, come con le altre crisi, si sta facendo trovare impreparata: non ha un Osservatorio dei prezzi che funga da autorità e garante del sistema, tanto che ci sono voluti mesi per convocare il primo tavolo sul tema della tutela dall’inflazione, avvenuta solo la scorsa settimana. Allo stesso modo, non aveva un piano energetico nazionale quando è scoppiata la crisi degli energetici, o non aveva accordi con l’Europa per i vaccini. Tutte “tappe” di quel percorso di riforme che con fatica si sta sviluppando, a cui mancano ancora tasselli fondamentali: in tal senso l’ICEE per destinare gli aiuti in maniera mirata e gli strumenti di flessibilità nel mercato del lavoro per aumentare la competitività delle imprese sono temi molto più “vicini” di quanto si pensi. Se l’economia crea ricchezza, crea anche risorse per gli aiuti.
Editoriale: l’inflazione e le crisi da impreparati
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