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Il progetto di Portoghesi per la nuova sede di ECF

da Alessandro Carli

È scomparso nei giorni scorsi l’architetto Paolo Portoghesi. Il Maestro lasciò la “sua mano” anche a San Marino: era il 2009 quando salì sul Titano in occasione dell’inaugurazione della nuova sede dell’Ente Cassa di Faetano e ci rilasciò un’intervista.

Parlando dell’edificio, “dal punto di vista ideologico il programma era imperniato sulla necessità, da parte della fondazione, di costruire una nuova sede, utilizzando però questo edificio, che era una vecchia scuola elementare. In principio si era pensato a una sostituzione: demolire e ricostruire. Ero perplesso di fronte a questa prospettiva perché secondo me questo edificio ha un suo pregio architettonico. Un’opera costruita negli Anni Trenta, all’inizio degli Anni Trenta per la precisione, e che rispecchia le capacità di rinnovamento di questa società. La scuola elementare è stata frequentata da tutte le persone che hanno una certa età, quindi è un edificio caro ai cittadini. Distruggerlo e sostituirlo avrebbe significato una violenza ingiustificata. D’altro canto lasciarlo esattamente com’era sarebbe stato insignificante dal punto di vista architettonico e probabilmente poco funzionale per le esigenze dell’istituzione. Ho sposato in pieno l’idea di conservare e valorizzare questo edificio facendolo diventare qualcosa di nuovo rispetto a quello che era prima. Queste novità si esprimono soprattutto attraverso le relazioni. Le relazioni con la piazza per esempio, che è cambiata sostanzialmente attraverso la costruzione della passerella. E le relazioni con il paesaggio, che sono cambiate nel senso che la ridistribuzione degli ambienti, e quindi la creazione di ambienti di maggiori dimensioni, ha reso protagonista il paesaggio che viceversa prima era un elemento secondario dell’edificio. Infine, l’idea di realizzare una copertura. L’edificio, come molte costruzioni dell’epoca, non aveva un tetto ma un terrazzo inutilizzato. Questo terrazzo inutilizzato ha suggerito l’idea di collocarvi una sala conferenze e di coprirla con un tetto avvitabile, che in questo caso è una volta a botte. La scelta del materiale di rivestimento – il rame – è dovuta al fatto che il verde predomina il paesaggio ed era importante stabilire un rapporto di questo elemento nuovo con il paesaggio circostante. Il rinnovamento dell’edificio ha portato alla modifica di alcuni livelli, e quindi si è dovuta creare una scala ex novo, dalla forma molto particolare, praticamente una scala ad albero. Penso che l’albero sia una delle creazioni della natura che possiede più riferimenti con l’architettura in quanto stabilisce un rapporto naturale tra la terra e il cielo, tra la terra e l’aria, e ha sempre avuto un grande valore simbolico. All’interno dell’edificio è presente questa novità, che consiste nell’aspetto dinamico materializzato dalla scala e dall’ascensore. Gli ascensori che si inseriscono nelle forme dinamiche dell’architettura sono una scoperta poi seguita in tutto il mondo. Era interessante riproporre in questo edificio il concetto – affascinante – di un elemento mobile che si inserisce dentro la stabilità dell’edificio. Un valore dinamico appartiene anche la passerella, che è sospesa da alcuni tiranti, e ha due piastri che la sostengono, uno da una parte e uno dall’altra. Si tratta di un’innovazione rispetto al modello strutturale dei ponti. Infatti i ponti, solitamente, hanno due sostegni per parte mentre questo ne ha solo uno. Questo contribuisce a dare un senso di movimento e quindi ad esprimere questa relazione dinamica tra lo spazio della piazza adiacente e l’edificio. Sottilmente c’è una forte novità nell’immagine, che però non sconvolge il volto dell’edificio, che è riconoscibile perché è rimasto sostanzialmente lo stesso. Io spero che questo discorso venga capito dai cittadini: il rispetto per qualcosa che loro amano, e nello stesso tempo l’utilizzazione di questa trasformazione nella destinazione d’uso per arricchire l’edificio”.

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