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Massimo Eusebio: tecnologie digitali e dinamiche interpersonali

da Alessandro Carli

Come si configura l’esperienza dell’altro negli spazi comunicativi della contemporaneità? E in che modo i mutamenti mediali hanno inciso su tale esperienza? A questi e ad altri interrogativi cerca di rispondere Massimo Eusebio, freelance editor, laureato in filosofia, già docente a contratto presso l’Università di Urbino, nel suo libro “Il problema dell’altro. Psicologia dei media tra identità e alterità” pubblicato da FrancoAngeli.

Un volume il cui focus tematico si concentra sul rapporto tra cultura digitale e dinamiche interpersonali e sul ruolo che le relazioni online svolgono nella costruzione identitaria e nella strutturazione del Sé sovraesposta allo sguardo dell’altro. Secondo l’autore nello scenario contemporaneo pare aver preso piede una forma di narcisismo digitale che trova negli ambienti mediali e nei profili social un palcoscenico ideale dove narrarci ed esibirci. E nel restituirci la nostra immagine sociale l’altro come specchio assolve una duplice funzione: soddisfa la nostra esigenza narcisistica, ovvero il nostro desiderio di apparire, e toglie all’alterità il suo carattere di estraneità destabilizzante.

Il titolo del libro allude alla questione sociale del riconoscimento dell’altro nella considerazione degli effetti che si producono quando, nell’incontro problematico con l’altro vissuto come diversità disturbante, l’alterità di quest’ultimo viene negata.

Di fatto se da un lato la Rete ha ampliato il nostro universo relazionale, dando vita a forme di intelligenza distribuita e di condivisione del sapere capaci di mobilitare competenze e di promuovere una cultura civica, dall’altro ha però agevolato il dilagare di manifestazioni di intolleranza e di odio. È stato più volte sottolineato come l’era digitale abbia portato con sé nuove emergenze sociali: si pensi ai fenomeni di violenza online, alle molestie di genere, al cyberbullismo omofobico e transfobico, alle aggressioni anonime e ad altri atteggiamenti di tipo persecutorio.

Tutto ciò rimanda al problema della responsabilità di ogni utente circa il modo di stare in Rete allo scopo di evitarne un uso distorto. Un modo che dovrebbe essere guidato dalla consapevolezza critica dell’utilizzo dei dispositivi digitali accompagnata dall’educazione al controllo e alla gestione delle proprie emozioni. In breve da quella che gli psicologi sociali chiamano “intelligenza emotiva” capace di controbilanciare le umane tendenze egocentriche e individualistiche.           

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