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Amministratori e Soci: ecco quanto verseranno

da Daniele Bartolucci

La duplice riforma delle pensioni prima e quella del mercato del lavoro dopo, come noto, avevano creato qualche “confusione” nell’evidenziare al meglio quanto e come gli amministratori delle società dovessero regolarizzare la loro posizione contributiva, ma anche i successivi Decreti di coordinamento – previsti fin dall’inizio – non avevano chiarito definitivamente la situazione, tanto che sono occorsi ulteriori approfondimenti ed emendamenti per arrivare alla sintesi finale. Ma non alla soddisfazione di tutte le parti, visto che l’Ordine dei Commercialisti e degli Esperti contabili ha alzato le barricate e non sembra intenzionato ad abbassarle nemmeno dopo gli aggiustamenti in sede di ratifica. Aggiustamenti che, comunque, ora rendono il quadro molto più chiaro (vedi tabella), e che, come spiega il Segretario al Lavoro, Teodoro Lonfernini, assolve all’indirizzo iniziale, ovvero quello di andare a regolarizzare al meglio situazioni finora un po’ opache, soprattutto per le società senza dipendenti, senza contare che alcune modifiche andavano fatte anche per allinearsi alle dinamiche europee.

“Sul tema soci, amministratori e società senza dipendenti”, commenta Lonfernini, “si è scritto tanto, troppo e molto spesso o a sproposito o utilizzando i numeri e le informazioni in maniera parziale, ai fini, purtroppo ci viene da pensare, di strumentalizzare anche politicamente la questione oppure di portare il ragionamento in difesa di alcuni interessi particolari, senza troppo pensare al sistema in maniera complessiva”.

Partendo dal confronto con la normativa italiana, spiega Lonfernini, “non volendo strutturare in maniera così rigida il nostro sistema, sulla base di questi principi riconosciuti a livello internazionale ed a seguito dei tanti mesi di lavoro e confronti con categorie e sindacati, abbiamo cercato di modellare il nostro ordinamento, difendendo almeno un concetto di base, ovvero che un amministratore/socio “sovrano/di maggioranza”, se vuole essere considerato lavoratore subordinato, non possa inquadrarsi (essendo lui stesso il datore di lavoro) ad un livello pari o inferiore a quello dei suoi sottoposti.  Come detto, questa scelta è un adattamento a dei concetti giuridici riconosciuti a livello internazionale che, invece, vietano la sovrapposizione datore di lavoro/lavoratore.  Principi semplici e basici che, riteniamo, dovrebbero essere condivisi da tutti, proprio per rispettare almeno un minimo di coerenza nell’organizzazione gerarchica dei rapporti di lavoro. Per evitare però di aggravare i costi delle aziende, è stata ideata un’alternativa: il contratto di collaborazione per amministratore o socio, una tipologia di rapporto di lavoro nuova, più snella, flessibile e meno gravosa, molto più confacente al rapporto di lavoro che può esistere tra una società e il suo amministratore o socio “sovrano/di maggioranza”. Con questo intervento, inoltre, si è risolta la storica ed annosa problematica dell’Amministratore ordinario che non poteva rientrare nel ciclo produttivo/operativo aziendale e che rischiava, quindi, sanzioni o contenziosi. Come dimostreremo con le tabelle che seguiranno, chi opterà per l’amministratore operativo non sosterrà più costi rispetto alla situazione previgente (obbligo di assunzione al 5° livello), infatti, a livello contributivo, il contratto di collaborazione per amministratore operativo/socio costa meno di un’assunzione al 2° livello e garantisce, al pari dei lavoratori autonomi, malattia lunga, infortuni sul lavoro e maternità. Vero”, ammette il Segretario al Lavoro, “le società di capitali senza dipendenti (948 dato aggiornato a gennaio 2023) avranno qualche costo in più, ma si corregge la distorsione dell’esistenza di società che creavano fatturato senza nessun tipo di apporto da parte di nonché la concorrenza sleale verso quelle imprese individuali che, a parità di condizione (ovvero senza dipendenti – 1124 unità a gennaio 2023), pagavano maggiori contributi per poter lavorare in pieno rispetto delle norme sul lavoro. Anche in questo caso, fissata la regola generale, è stata definita la possibilità di richiedere deroghe a questo principio, qualora si dimostri che l’attività operativa dell’azienda sia in pratica inesistente, oppure non venga svolta dall’amministratore, ma da altri soggetti esterni. Altrimenti, queste società, pagando 3500 euro in più all’anno di contributi, per la quasi totalità rimborsabili una volta raggiunta l’età pensionistica, potranno operare in libertà e nel rispetto della legge, senza più rischiare contenziosi in materia di lavoro”.

“I dati sovra esposti”, chiosa definitivamente il Segretario al Lavoro, Teodoro Lonfernini, “dimostrano inequivocabilmente che le nuove norme (lavoro e pensioni) non creano in nessun modo nuovi costi alle aziende, ma anzi, garantiscono una serie di opzioni e possibilità, creando un maggior ordine e coerenza alle modalità e ai rapporti di lavoro, anche rispetto a norme di livello internazionale.  Invitiamo pertanto a valutare questa Legge in maniera equa, complessiva, non strumentale, senza una strenua difesa di interessi di parte”.

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