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La natalità nella Repubblica di San Marino nell’ultimo decennio

da Redazione

L’Ufficio Informatica, Tecnologia, Dati e Statistica ha analizzato la dinamica della popolazione residente nel periodo 2013 – 2022 concentrandosi sull’evoluzione della natalità e della fecondità. La Repubblica di San Marino, al pari di tutti i paesi europei, sta sperimentando nell’ultimo decennio un cospicuo calo delle nascite. Il passaggio dalle 320 nascite del 2013 alle 205 del 2022, si traduce in 115 nati in meno pari al -36% in dieci anni. Rispetto al decennio precedente (2003-2012), il gap dei nati sale a – 607 bambini, un vero e proprio buco generazionale. La crisi della natalità, si manifesta chiaramente con il quoziente di natalità, che indica il numero di nati ogni 1.000 abitanti. Se fino al 2013 si erano registrati quozienti superiori a 9, nel 2022 i nati ogni 1.000 abitanti sono stati solamente 6,07; con un inesorabile declino negli ultimi quattro anni.
Nel 2022 il numero medio di figli per donna in età fertile è pari a 1,19, il valore più basso mai registrato. Volendo allargare lo sguardo ad altri stati, possiamo analizzare i dati italiani ed europei del 2020, rilevando che, San Marino con 1,27 figli per donna, si colloca ampiamente sotto la media europea di 1,5 figli; mentre è in linea con l’1,24 registrato in Italia e ancor di più con l’1,26 della regione Emilia Romagna.

I NATI DEL 2022
Nel 2022 sono nati 205 bambini, circa la metà di essi è un primogenito, l’età media delle madri è 32,9 anni quella dei padri 35,9 anni. Il 56% delle coppie è sposato, fino al 2007 questa percentuale non era mai scesa sotto l’80%. Il 38% delle madri ha un titolo di studio universitario e 8 madri su 10 sono occupate. I nomi più diffusi tra i nuovi nati nel 2022 sono: Alessandro, Nicolò e Ginevra.

IMPATTO SULLA STRUTTURA DEMOGRAFICA
Nonostante il saldo naturale sia negativo da almeno sei anni, la popolazione residente continua a crescere grazie al flusso migratorio. Gli immigrati superano ampiamente gli emigrati e la loro composizione per età influisce positivamente sulla struttura demografica interna. La maggior parte di essi ha infatti meno di 40 anni e solo una parte residuale confluisce nella popolazione anziana.
Il calo delle nascite sta mostrando i suoi inesorabili effetti sulla numerosità della popolazione più giovane, in particolare sulla fascia di età 0-6 anni. Il numero di bambini in età prescolare è diminuito di circa 600 unità, passando da 2.007 bambini del 2013 a 1.409 del 2022. L’impatto sulla scuola dell’infanzia è già evidente, in un decennio nella fascia di età tra i 3 e i 5 anni sono venuti a mancare 317 bambini, l’equivalente di 15 classi scolastiche.
Analizzando la numerosità della popolazione anziana (con più di 64 anni), si riscontra una costante crescita, che dal 2013 ha raggiunto il 21%; se tale incremento viene relazionato con quello dalla popolazione giovane (con meno di 15 anni) la sproporzione si amplifica ulteriormente. Nel 2013 ogni 100 giovani gli anziani erano 120, nel 2022 questi passano a 167, creando uno squilibrio generazionale non più trascurabile.

GLI SCENARI POSSIBILI
La diminuzione della popolazione più giovane spinge verso l’innalzamento dell’età media della popolazione, che nel 2022 ha superato i 45 anni (+ 3 anni dal 2013), con una speranza di vita maschile di 83 anni e femminile di 87 anni. Lo squilibrio è già evidente e l’inversione di tendenza richiederà comunque tempo, in quanto le dinamiche demografiche non possono variare nel breve periodo, nemmeno a fronte di politiche altamente impattanti. La popolazione femminile in età feconda è già diminuita del 10% dal 2013. Lo spostamento della maggioranza della popolazione verso età più elevate spingerà sempre più in alto la spesa sanitaria e assistenziale e la diminuzione della forza lavoro interna, porterà ad incrementare ulteriormente il ricorso a lavoratori frontalieri o immigrati.

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