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I ragazzi hanno voglia di “Vivere l’azienda”

da Daniele Bartolucci

Avvicinare il mondo della scuola a quello del lavoro, facendo immedesimare gli studenti nel contesto di un’impresa strutturata, per favorire la comprensione pratica delle materie affrontate durante il percorso scolastico: questo l’obiettivo principale di “Vivere l’azienda”, l’iniziativa ideata e organizzata da ANIS, CSdL e CDLS, in collaborazione con la Scuola Superiore di San Marino e il Gruppo Colombini, dedicata ai 34 ragazzi del quinto anno del Liceo Economico Aziendale. Il progetto è iniziato il 25 gennaio, con la visita nell’Head Quarter di Colombini Group, per poi proseguire dal 30 gennaio al 3 febbraio nella sala corsi di ANIS dove, attraverso il confronto diretto con esperti formatori e consulenti (di seguito riportiamo le sensazioni vissute e le indicazioni pervenute dai cinque docenti), hanno potuto “vivere” una delle sei aziende a cui sono stati abbinati come team di lavoro. Al termine delle lezioni, gli studenti hanno proseguito a elaborare i loro progetti d’impresa, in vista della presentazione finale ai colleghi del quarto anno, che avverrà lunedì 13 febbraio.

LA VISITA IN AZIENDA, EMANUEL COLOMBINI: “SEGUITE LE VOSTRE PASSIONI”

Una delle tappe fondamentali del percorso didattico a cui hanno partecipato i ragazzi della Scuola Superiore è stata la visita negli stabilimenti del Gruppo Colombini, una delle più importanti realtà industriali sammarinesi e leader nel settore dell’arredamento e del design, svoltasi nella mattinata del 25 gennaio. Dopo l’accoglienza nella sala conferenze dell’Headquarter a Rovereta, gli studenti hanno iniziato a conoscere l’attività del Gruppo Colombini e la variegata offerta di prodotti e servizi dei suoi marchi (Rossana, Febal Casa, Colombini Casa, Colombini Group Contract, Offic’è, Bontempi Casa e Ingenia Casa) attraverso il video aziendale, per poi proseguire con la visita guidata vera e propria all’interno degli stabilimenti. Dopo un veloce briefing sulla sicurezza, accompagnati dai “tutor” Michele Morri e Federico Magagni, i ragazzi hanno potuto quindi apprendere i vari processi che vengono attuati per arrivare ai prodotti finali che avevano visto nel video poco prima, ma anche tutte quelle attività che sono forse meno visibili dall’esterno, pur essendo funzionali e fondamentali per un’azienda strutturata come il Gruppo Colombini, che ruotano ad esempio attorno al design (dall’ideazione dei prodotti alla scelta dei materiali) o al marketing. Dopo aver attraversato i vari reparti, tra carrelli automatizzati, macchinari ipertecnologici e centinaia di operai, tecnici, impiegati e manager, i ragazzi sono rientrati nella grande sala conferenze per confrontarsi direttamente con il Presidente del Gruppo, Emanuel Colombini. “Cercherò di unire i puntini”, ha esordito, “tra ciò che avete visto prima nel video e poi nella realtà, con la storia di questa impresa e delle persone che l’hanno costruita, ma anche di quanti, oggi, la stanno proiettando verso il futuro. L’azienda che vedete oggi è nata infatti come una piccola impresa familiare e artigiana”, ha ricordato con orgoglio citando i fondatori Ivo, Elio e Giuseppe Colombini, “ed è cresciuta grazie alla capacità di cogliere le opportunità del mercato – come lo è stato il boom turistico della riviera romagnola – ma anche la volontà e la lungimiranza di investire in innovazione tecnologica, nella formazione e nel design. Concetti che, insieme alla sostenibilità, rappresentano oggi i nostri driver per lo sviluppo”. E proprio di futuro hanno voluto parlare i ragazzi, chiedendo al Presidente Colombini anche qualche consiglio per il loro approdo sul mercato del lavoro e, perché no, anche come possibili imprenditori: “Iniziate dalle vostre passioni”, ha risposto loro, “perché dietro ogni passione c’è un business e quindi un’opportunità di impiegare in questi settori le vostre conoscenze e competenze che acquisirete a scuola o all’Università”.

STRATEGIA AZIENDALE CON SIMONE MOSCA

“Si parla e si scrive molto della generazione Z (i nativi digitali), quella che si sta affacciando progressivamente al mondo del lavoro e che dovrà confrontarsi con le generazioni X, a cui appartengo, è quella dei Millennials ovvero la generazione Y. Poi ti accorgi – padre di due adolescenti – che ci sono cose che non capisci di loro e strutture che invece riconosci in tutte le generazioni. Relazionandoti con chi ha meno della metà dei tuoi anni, vedi cose uguali a quando tu avevi ancora 20 anni e altre che ancora fatichi a capire perché sono del tutto nuove. Ma soprattutto la velocità: tutto si comprime in pochi secondi. La grande differenza alla fine è quella. Ti trovi davanti una trentina di quasi ventenni che sia per età che per esperienza hanno un tac time di circa 15 secondi – quello di uno spot corto tipo “comprati questi biscotti e mangiali nella giungla insieme a Lillo”. Poi però vedi la possibilità di una connessione. Tu chiedi pietà e li convinci a rallentare un attimo e fai lo sforzo di accelerare più che puoi. Ti ritrovi nella scena di “Incontri ravvicinati del terzo tipo” e cerchi di aprire una comunicazione: di là ci sono gli alieni appena arrivati con un’astronave e quelli più svegli sono loro.

Si parla insieme di strategia e cerchi di passare il concetto che alcune strutture logiche non cambiano nei millenni, stanno lì in attesa che tu le vada a prendere e le aggiunga al bagaglio degli strumenti che potrai attivare poi per tutta la vita. Colto questo, vai all’osso delle cose e cerchi di togliere, più che articolare, e scatta la connessione. Inizi tu ad usare il loro slang appoggiato sulle strutture di base. Li vedi prendere appunti, utilizzare la loro creatività pimpante per mettere insieme idee e divertimento. Li guardi negli occhi e ti rivedi 30 anni fa. Tante idee spesso confuse che cercano una struttura. Allora cogli l’etimologia di ciò che vuol dire “educare”: tirare fuori qualcosa che è già lì; e di “insegnare”: lasciare un segno. Insomma speri che ciò che stai facendo con loro resti lì, da qualche parte, per molto tempo fino a che non servirà a qualcosa. Tante idee, tanta energia. Si gioca con 6 aziende. Si parla di Visione, di Mission, di Valori aziendali e non solo. Nascono idee su espansione territoriale e su nuovi prodotti e servizi. Si bilanciano sogni e piedi per terra. Si gioca e si scherza su nomi e prodotti ridicoli, ma si lavora anche molto perché ci siamo dati un obiettivo comune: quello di completare un Canvas strategico in 5 ore. Molte aziende non ci pensano neanche a lavorare in team per mettere in pratica un’attività così importante come questa e noi, oggi, educhiamo 34 ragazzi a pensare che se non lo fai stai in realtà giocando con le cose serie. A suo modo ‘Vivere l’Azienda’ getta le basi per un futuro più responsabile: divertirsi a pianificare la strategia e quindi a mettere in pratica in modo serio e professionale, con un sorriso, processi che la PMI italica spesso si dimentica di fare, continuando a giocare con le cose serie: il futuro del nostro sistema produttivo”.

SVILUPPO ORGANIZZATIVO CON LEONARDO COSPITO

“Quando un informatico si trova a dover modificare una fattura o un tecnico di assistenza si trova a decidere su modifiche strutturali da apportare sul prodotto, significa che i processi aziendali non sono adeguatamente definiti e gestiti, che siamo di fronte a problemi organizzativi che aumentano le inefficienze, il livello di stress e gli atteggiamenti negativi. Invece, conoscere bene il proprio e gli altri processi aziendali significa conoscere i confini del ruolo che si ricopre, questo permette alla persona di lavorare in azienda con la chiara coscienza delle proprie attitudini, competenze e responsabilità. Questo è quello che mi sono proposto di condividere con i ragazzi. Volevo che iniziassero a conoscere come funziona un’azienda condividendo con loro che ogni azienda, per funzionare, deve mettere in moto e tenere sotto controllo processi differenti: un processo che definisca perché e quando fare le cose, processi che si occupino di capire e decidere che prodotti fare (cosa) e dove venderli, processi che definiscano e mettano a disposizione le risorse da utilizzare (persone, denaro), processi che aiutino a rendere fluido il lavoro fornendo gli strumenti adatti, processi dedicati a produrre, a fare cassa e a supportare il cliente. E infine, processi che controllino che tutti gli altri processi facciano il loro mestiere senza pestarsi i piedi e remando tutti dalla stessa parte. Volevo far loro comprendere che sono i processi il ‘principio di realtà’ dell’azienda, che questi non sono tutti uguali e che per questo anche i ruoli in azienda sono molto differenti tra loro, perché per svolgere attività che hanno caratteristiche completamente diverse ci vogliono attitudini adeguate. Siamo partiti dal modello di business, lo abbiamo riletto in maniera critica per concentrarci sulle aree da presidiare, poi abbiamo disegnato i processi delle loro aziende, li abbiamo osservati e siamo entrati dentro ogni singola azienda, fino a poterne disegnare le strutture organizzative (funzioni, reparti, uffici). Così abbiamo parlato delle loro attitudini e delle differenze che ci sono nel lavorare nel Marketing, o in Produzione, nello Sviluppo Prodotto o in Amministrazione. ‘Vivere l’azienda’ è un progetto veramente innovativo che va in questa direzione, per questo mi porto a casa un’esperienza concreta ed entusiasmante. Non so se questi ragazzi diventeranno bravi manager, se sapranno coltivare le loro attitudini (realizzative, relazionali, manageriali, organizzative) e trasferirle nella vita professionale, ma so per certo che questi sono i progetti che ci vogliono, che concretamente uniscono la Scuola con il Lavoro”.

OPERATIONS MANAGEMENT CON ALESSANDRO ORMESI

“Il progetto ‘Vivere l’azienda’ ha dato ai ragazzi la possibilità di entrare in contatto con tematiche della gestione strategica ed operativa di un’azienda. Il mio obiettivo era dare una visione generale sugli aspetti inerenti al mondo delle Operations: un argomento vasto, con alcuni temi non facilmente intuibili per chi non opera direttamente in aziende produttive. Durante il confronto con i ragazzi non ho potuto che constatare – anche con un certo stupore – come la mentalità aperta e ‘pura’ abbia portato a delle considerazioni sicuramente non banali e scontate. Ai ragazzi è stato chiesto di ‘strutturare’ delle aziende su cui fare delle considerazioni sia analizzando degli aspetti economici che tecnico operativi: la loro fantasia ha generato dei processi produttivi irrealizzabili da un punto di vista pratico, ma anche molto interessanti su alcuni aspetti tecnici e concettuali. Ad esempio, in tutti i casi l’attenzione era posta alla sostenibilità ambientale, alla qualità dei prodotti e dei servizi.

Personalmente è la prima volta che mi sono rivolto a persone non tecniche o non direttamente legate ai processi aziendali, e ritengo l’esperienza molto interessante ed illuminante: sono sicuro che questi percorsi possano aiutare anche a capire che tipo di indirizzo prendere nel percorso di studi o di specializzazione futura. Inoltre ritengo che, anche se gli argomenti trattati sono stati molti e l’attenzione a volte è venuta meno, la partecipazione che hanno avuto consentirà loro sicuramente di portarsi a casa un’esperienza di sicuro interesse, ma anche di avere maggiore chiarezza su un’area che altrimenti sarebbe rimasta nebulosa”.

SOSTENIBILITÀ AZIENDALE CON SIMONE SELVA

“L’esperienza è stata per certi aspetti illuminante. In primo luogo ho potuto trovare ragazzi preparati e motivati. Certamente il fatto di essere studenti al termine di un percorso scolastico ha permesso di lavorare in aula partendo da alcuni concetti che ho trovato consolidati, come la competenza economica e il movimento finanziario, nonché una buona conoscenza dei documenti cardinali del bilancio come il conto economico e lo stato patrimoniale. Ho trovato studenti vogliosi di applicare quanto studiato dentro un caso pratico, un’occasione da tanti attesa e direi per tutti interessante.

Considerando gli elementi di maggior fatica posso invece evidenziare – come è normale che sia in una scuola – la difficoltà ad immedesimarsi con il contesto pratico in cui la simulazione di impresa consisteva. Intendo innanzitutto la considerazione dei reali fattori produttivi (macchinari, persone, materiali), nonché la capacità di mettere a sistema elementi diversi tra loro. Per fare un esempio, ragionando di business plan, ci si è soffermati più volte sulla necessità di fare investimenti per ampliare una gamma di prodotto, ma il concetto stesso di investimento è, ovviamente, percepito in astratto e pertanto il collegamento tra linea produttiva, persone che vi lavorano, necessità di saturare gli impianti con nuovo fatturato e necessità di investimenti commerciali per favorire la crescita, non era chiaro e ad ogni passaggio aggiuntivo sembrava che il passaggio precedente fosse dimenticato e non invece assodato. Ciò evidenzia che un’immersione nel mondo aziendale, con simulazioni ed esperienze concrete, deve diventare un elemento cardine della scuola per favorire una mentalità che permetta di agganciare il pezzo studiato sui libri con la realtà del mondo del lavoro. Probabilmente momenti come ‘Vivere l’azienda’ dovrebbero essere più diffusi durante il periodo scolastico.

Un altro essenziale tassello su cui personalmente ho cercato di insistere è il giudizio critico del soggetto rispetto ai temi trattati. Al riguardo ho tentato di provocare i singoli studenti ad esprimersi rispetto al tema della sostenibilità: non è affatto semplice farlo, ho però notato una certa disabitudine a fornire un giudizio personale.  Le ragioni o le risposte che mi venivano fornite erano spesso la ripetizione di refrain sentiti dai media e social e non invece una considerazione che partisse dalla persona. In tal senso ritengo che l’allargamento di spazi e momenti in cui si aiutano e provocano gli studenti a maturare un giudizio personale, dentro un paragone con l’adulto (insegnante, professionista, esperto) possa rappresentare una chiave di approfondimento che fa bene all’alunno e che ne irrobustisce la capacità di affrontare nuovi argomenti con creatività e impegno personale.

Da ultimo sono rimasto positivamente stupito del fatto che, nei dialoghi avvenuti nelle pause, sia già chiara per molti la volontà di proseguire gli studi e che molti già abbiano individuato quale Università fare: tale elemento non è affatto scontato, oggi molti ragazzi non sanno o non vogliono porsi il problema del futuro”.

COMUNICAZIONE CON PATRIZIO CASTORIA

“Da qualche anno, ormai, quando ci avviciniamo alla fine dei percorsi scolastici, vengo chiamato in scuole medie e superiori per una sorta di lectio magistralis sulla Comunicazione. Ogni volta vengo messo in guardia, dai docenti, sulle turbolenze o sulle disattenzioni che, fatalmente, si verificheranno con gli studenti. E ogni volta, puntualmente, sono gli stessi ragazzi a smentire i loro insegnanti. Perché loro sono spugne, hanno sete di conoscenza e voglia di scoprire il mondo. Servono solo due fondamentali accorgimenti: parlare di quello che davvero è importante per loro – e non per il sistema – e utilizzare dei metodi coinvolgenti, che non li vedano partecipanti passivi. E anche stavolta si è verificata la stessa cosa: ragazzi attenti, vogliosi di capire, di partecipare, di discutere le proprie idee… L’evento è stato di per sé un’idea splendida, che tutte le scuole dovrebbero copiare: far vivere agli studenti la vita delle aziende, simulandone l’operatività, i business plan, i processi, le strategie, i punti di forza e debolezza sul mercato, il marketing… Nulla di scontato per ragazzi che la realtà sono abituati a vederla soltanto trasudare dai libri, annacquata e spesso non più al passo coi tempi. Abbiamo analizzato i vari tipi di comunicazione – verbale, paraverbale e non verbale -, scoprendo quanto quest’ultima abbia un impatto determinante quando comunichiamo con qualcuno. Abbiamo scoperto quanto l’empatia sia determinante in ogni ambito dove entrino in gioco le emozioni, sia lavorativo che non. Abbiamo sviluppato una relazione in 6 punti, in cui hanno analizzato la propria azienda di riferimento sotto il profilo della Brand Identity, Brand Value, di come utilizzare quanti e quali strumenti di marketing. Hanno avuto la possibilità di rivedere buona parte delle cose fatte nei giorni precedenti, comprendendo quanto la comunicazione permei ogni processo verso l’esterno. Questo progetto ha dato loro una grande opportunità: essere loro stessi parte attiva del cambiamento, attori protagonisti e non più comparse. D’altra parte, loro sono il futuro. Le nostre generazioni, non possono fare altro che dar loro gli strumenti migliori per viverlo al meglio e trasformarlo. Il momento di nutrirli è adesso: ed è una responsabilità a cui non possiamo sottrarci, visto il mondo che gli stiamo lasciando”.

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