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Ode alla consapevolezza delle nostre imperfezioni

da Simona Bisacchi

Onestamente, a volte i comportamenti delle persone fanno cadere le braccia.

Altrettanto onestamente, non puoi neanche prendertela più di tanto, perché chissà quante volte le braccia le hai fatte cadere tu. D’altronde, l’unica arma per affrontare situazioni irritanti, al limite del sopportabile, è la consapevolezza della nostra imperfezione. Non c’è nulla che ci infastidisca degli altri, che non abbiamo già commesso noi, da qualche parte, in qualche modo. E, naturalmente, senza nemmeno essercene accorti. Edotti su questa semplicissima realtà, che mai vorremmo guardare in faccia, andiamo avanti.

E mentre ci arrabbiamo, ci offendiamo e piangiamo per l’ennesimo affronto, ricordiamoci che – volendo – potrebbe esserci anche un’altra soluzione.

Pronunciare un sonoro “Ma chi se ne importa” nel proprio cuore. E sorridere.

Su un bigliettino dei cioccolatini più romantici del mondo, ho letto un proverbio finlandese: “Il riso rende giovani. L’amore rende belli”.

Allora cerchiamo di alimentare un cuore giovane e di diventare bellissimi.

Basta farsi una risata e voler bene agli altri.

Invece di deformarsi la faccia per la rabbia, invece di urlare per dimostrare di avere ragione, invece di alzare gli occhi al cielo, che a lungo andare probabilmente riempie la fronte di rughe… Sorridi.

Sorridi, quando vogliono nasconderti un segreto, che tu hai già svelato.

Quando ti mettono all’angolo e ti sembra di non meritartelo tanto. O forse sì e non lo sai.

Quando pensano di fare una battuta e ti pugnalano.

Quando ce l’hai messa tutta e ti prendono in giro.

Sorridi, quando un sorriso vorresti riceverlo ma non arriva.

Quando l’irritazione sale a un punto tale che l’esplosione sembrerebbe l’unica via di uscita. No, non lo è. C’è sempre un’altra possibilità. Un respiro. Un passo indietro. Un sorriso, che ricorda a te stesso che – se vuoi – puoi essere meglio di così. Puoi essere meno di così. Meno nervoso. Meno fragile. Meno succube delle opinioni, delle incomprensioni, che vanno e vengono e vorrebbero fare di te il “buffone del destino”, come recita Romeo, nel terzo atto del dramma shakespeariano.

Sorridi, perché magari non c’è soluzione, ma se ci fosse non la vedresti con gli occhi che bruciano per il pianto. E sempre quel genio di Shakespeare ti spiega: “Piangere sopra un male passato è il mezzo più sicuro per attirarsi nuovi mali. Quando la fortuna toglie ciò che non può essere conservato, bisogna avere pazienza: essa muta in burla la sua offesa. Il derubato che sorride, ruba qualcosa al ladro, ma chi piange per un dolore vano, ruba qualcosa a se stesso” (Otello, atto I, scienza III).

Sorridi, perché la paura si sposta un po’ più in là quando si trova un motivo di contentezza.

Sorridi, perché è vero che non sei un eroe, ma sei quello che ci sta provando, quello che non si arrende, quello che magari non vincerà ma farà di tutto per non essere sconfitto.

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