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La parola è una chiave fatata che apre le porte

da Simona Bisacchi

Parlate con un bambino.

Con meritevole semplicità esporrà i suoi mille “perché” e non pretenderà altro che una storia onesta come risposta. Trovando la narrazione giusta, raccontando di sé, della natura, spaziando senza timori nel campo dell’immaginazione, si possono instaurare dialoghi d’incanto con i più giovani.

Perché “La parola è la chiave fatata che apre ogni porta”, come scriveva nelle sue lettere don Lorenzo Milani, che i ragazzi li conosceva bene.

Con le giuste parole, si può dire tutto. Anche a chi bambino non è più. Si può dichiarare di non essere d’accordo. Si è capaci di sostenere scelte non convenzionali. Si è in grado di affrontare discorsi spinosi. Bisogna però scegliere le parole più adatte, le migliori che ci salgono sulla punta della lingua.

Andrea Camilleri scrisse che “Ogni parola che viene detta vibra in un modo suo particolare, le parole che dicono la verità hanno una vibrazione diversa da tutte le altre” (“Un mese con Montalbano”). Nel tentativo di instaurare un dialogo, la verità fa sempre la sua figura. È inefficace ricorrere a parole a metà, a discorsi a mezza voce, fissando lo sguardo ovunque tranne che addosso all’interlocutore.

Se è arrivato il momento di parlare apertamente, anche se si tratta di qualcosa di scomodo, va esposto in modo limpido, con tono misurato ma deciso, guardando bene in faccia la persona con cui si sta parlando. Anche la gentilezza aiuta, se si è in grado di non diventare stucchevoli.

Non partite prevenuti, o non riuscirete a essere onesti.

Non scagliatevi contro l’altro, se vedete che fatica a capire. Non insistete sullo stesso concetto, se notate che non lo accetta.

Ricordatevi che non state tenendo una conferenza colta, state cercando un dialogo.

Nel “Gorgia” di Platone, Socrate sostiene che “Accade invece che, quando ci si trovi in disaccordo, e quando l’uno non riconosca che l’altro parli bene e con chiarezza, ci si infuria, e ciascuno pensa che l’altro parli per invidia nei propri confronti, facendo a gara per avere la meglio e rinunciando alla ricerca sull’argomento proposto nella discussione”.

In un dialogo l’obiettivo non è avere ragione ma capirsi un po’ di più rispetto a prima.

Senza avere timore della reazione. Che sia un abbraccio inaspettato o un insulto scagliato in quel nervo scoperto che il vostro interlocutore conosce tanto bene, non abbattetevi.

Date il tempo necessario all’altro per digerire le vostre parole. Datevi il tempo necessario per digerire la sua replica. E non pensate che sia tutto perduto, perché il dialogo è un movimento. Inizia, si agita, s’infrange in silenzi che sembrano interminabili, poi basta un cambio di tono, e ricomincia.

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