Home Notizie del Giorno Visto per voi a teatro: “Misericordia” di Emma Dante

Visto per voi a teatro: “Misericordia” di Emma Dante

da Alessandro Carli

L’anima “favolistica” di “Misericordia”, meraviglioso atto unico di Emma Dante lungo un’ora e passato il 22 e il 23 gennaio sulle assi del teatro Galli di Rimini, è tutto nel soprannome assegnato al papà violento di Arturo, “Geppetto”, di professione falegname, abile con la sega ma anche ad alzare le mani: mentre Lucia “la zoppa” portava in grembo Arturo, l’uomo l’ha ammazzata di botte. Il bimbo però riesce a nascere ugualmente, settimino e “scemunito”. Ad occuparsi della crescita del ragazzo, che nell’arte trova una forma di vita, sono tre ragazze, tre Parche sicule per linguaggio, Nuzza, Anna e Bettina, che si presentano in scena alle prese con lo “sferruzzamento” della lana e impegnate in un pissipissi stretto, lieve, quasi incomprensibile. Arturo, nato “tocco”, è un figlio della Sicilia, di quelle marionette e di quei pupi cari a Pirandello che Emma Dante trasforma, in “Misericordia” (foto: Christophe Raynaud de Lage), in burattino. Scenografia essenziale – quattro sedie, qualche sacco della spazzatura e poco altro – per non distrarre la platea: l’operazione di “toglimento” risulta indovinata. La scena, nel suo essere scarna, è “piena” di dolore, di parole, di gestualità che si ripete. Come nella scena finale quando gli attori disegnano un cerchio e si rincorrono (un’architettura già utilizzata come una firma, da Emma Dante in “mPalermu”) in una danza liberatoria di speranza.    

Attenta al ritmo fisico e verbale, la regista e autrice ricama per la scena una storia “vera”, che si pianta nel petto, evitando ogni forma di pietismo: Arturo, a differenza delle tre ragazze, ha la possibilità di redimersi, di vivere una vita migliore. Il pubblico viene a sapere che il ragazzo-bambino andrà in un istituto dove avrà uno spazio tutto per sé e Nuzza, Anna e Bettina gli preparano la valigia con il suo passato, i dentini da latte, il libro delle fiabe, il carillon per addormentarsi. È solo in quel momento che il burattino, che al colmo della felicità mima e fa il verso degli strumenti della banca musicale, pronuncia la sua unica parola, “mamma”.    

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