Una serata ricca di contenuti, quella proposta ieri sera dal PDCS, intitolata “Lavoro, pensioni, impresa: presente e futuro”, che hanno avuto come relatori Gian Carlo Venturini (Segretario Politico PDCS), Luca Beccari (Presidente PDCS), Andreina Bartolini (Presidente USC), Raffaele Bruni (Consulente Previdenza Complementare e RISK management), Gianluigi Giardinieri (Segretario FCS – CDLS) e Alfredo Zonzini – (Segretario FULEA – FULSAC – CSdL).
Nella sua introduzione il Segretario PDCS Venturini ha illustrato le ragioni di questo incontro e lo stretto rapporto tra forza lavoro, sostenibilità dei fondi pensione e supporto alle imprese, dalle più piccole imprese individuali alle grandi imprese produttive, e ha ribadito la necessità di una riflessione complessiva su queste tematiche, all’indomani dell’approvazione della Legge Sviluppo, che non ha trovato condivisione dalle Associazioni Datoriali e Sindacali, salutando con favore tutti gli ospiti che son intervenuti all’incontro.
Luca Beccari Presidente PDCS, ha aperto la serie di interventi lanciando subito una provocazione: «serve ragionare non più con delle leggi “tematiche” come quella dello sviluppo, ma individuare in maniera trasversale i pilastri sui quali ridisegnare l’intero sistema economico». A fronte di fondi pensione che attualmente non sono più autonomi, ma vengono tenuti in attivo grazie alla contribuzione statale, servono scelte innovative. «Serve ricercare l’equilibrio dei fondi, capendo quali sono le leve per portarli ad una gestione tendente al pareggio e positiva. Per fare ciò, – continua Beccari – dobbiamo ridefinire le regole del mercato del lavoro e delle condizioni operative delle imprese, per creare nuovi posti di lavoro, che sono alla base della contribuzione pensionistica». Risulta necessario inoltre individuare forme di incremento dei rendimenti dei fondi sulla base di progetti a lungo termine che non impattino negativamente sul sistema bancario. «Lavoro, Impresa e Pensioni sono temi collegati rispetto ai quali occorre un approccio integrato, non ha senso una riforma pensionistica se prima non si rivitalizza il mercato del lavoro e non si mettono le imprese nella condizione di essere più competitive e profittevoli»
Un intervento fortissimo quello del Dott. Raffaele Bruni, consulente sulle pensioni che esordisce dicendo che in un contesto in cui i contribuenti al fondo sono meno di quanto risulta necessario, «serve capire “come fare” la riforma, non “se farla”». La sicurezza degli anziani è un tema collettivo, non individuale. Bruni evidenza come aumentare l’età pensionabile non sia servito ad aumentare l’età effettiva di pensionamento dei lavoratori, perché gli stessi vengono mandati fuori dalle imprese prima. Anche di fronte al problema epocale degli over 57, non ricollocabili, serve un nuovo paradigma. «Nella riforma del precedente Governo, con il PDCS, – continua Bruni – la scommessa era di gestire la riforma in termini flessibili. Lavori differenti, condizioni famigliari differenti, pensione part-time per non bruciare l’esperienza e la conoscenza. Serve un progetto innovativo che tenga al centro la persona». Il tecnico sostiene che serva sperimentare, anche nuovi orari di lavoro. «Oltre alla flessibilità, servono più risorse perché l’allungamento dell’età crea inabilità, ed una riforma dell’assistenza agli anziani». Infine, riprende il tema della previdenza complementare. «Era stata fatta una buona legge ed è stata resa in parte inefficace dal referendum. Serve ridare i fondi pensioni ai lavoratori e alle imprese, perché quei soldi sono la rinuncia la salario di oggi. Non ci deve essere di mezzo la politica. E quei soldi devono fruttare, senza rischi, ma fruttare». Una sferzata affinché i fondi pensione vengano veicolati verso investimenti produttivi e redditizi.
Andreina Bartolini ricorda l’atteggiamento positivo di USC nel confronto con il Governo sulla Legge sviluppo. «Abbiamo fatto osservazioni sulle residenze rispetto alla necessità di depositi di garanzia – sostiene il Presidente USC – per la tutela del Paese da chi volesse approfittare. Su 5000 imprese in territorio, 2000 non hanno dipendenti. Le altre impiegano tutti i dipendenti e sostengono il sistema». Sull’implementazione del commercio ribadisce che serve un progetto di fondo e non interventi spot. Anche la burocrazia va semplificata nelle procedure di assunzione del personale. «Anche il turismo che fino agli scorsi anni era un po’ il nostro fiore all’occhiello – conclude Bartolini – adesso sembra che non sia più considerato un’opportunità, e non capiamo se il Governo intenda scommettere sulle nostre associazioni come risorsa per il sistema». Un forte applauso da parte dell’assemblea al richiamo a lavorare assieme come Paese, e smettere di farsi la guerra gli uni contro gli altri.
Alfredo Zonzini di CDsL, esordisce molto duramente contro il Governo dicendo che la Legge sviluppo è partita nel peggiore dei modi, e sostenendo addirittura che si è “creato un mostro”. «Serviva individuare strumenti per reperire professionalità anche dal mercato esterno, snellendo le procedure, invece si sono complicate enormemente e serviranno ancora Decreti Legge per renderla attuativa. Non ci è stata data la possibilità di arrivare alla stesura di un testo condiviso». Inascoltata anche la richiesta di sospensione dell’iter di approvazione della legge per vedere anche i decreti delegati prima. Sui frontalieri, Zonzini ha sostenuto che la stabilizzazione è positiva, ma la liberalizzazione delle assunzioni non è una risposta utile anche perché era già piuttosto facile con le regole di prima. «Oggi, con l’assunzione nominativa, ho paura che per andare a lavorare serva qualche “santo in parardiso” – ha affermato il sindacalista. Si è esautorato completamente l’ufficio del Lavoro che invece andava potenziato. Se il governa pensa di dare risposte al mondo del lavoro con questi strumenti si sbaglia».
Ha concluso gli interventi Gianluigi Giardinieri, Segretario della FCS-CDLS, ribadendo che nella ‘legge sviluppo’ recentemente approvata “si fa tutto fuorché semplificare, anzi si creano ulteriori problematiche burocratiche a carico delle aziende”. Sul settore bancario il sindacalista ha sostenuto che “quella che ha investito il comparto è la tempesta perfetta”. «Si sono creati tutti presupposti di perdita di fiducia – ha affermato il funzionario della CDLS – a seguito dimissioni di membri nei CdA di banche, lavoratori bancari che non sanno che fine faranno, correntisti al momento senza risposte concrete, ed una campagna mediatica che ha indebolito la fiducia nel nostro sistema. Un sistema che, nonostante le criticità, era considerato affidabile, è stato indebolito e messo fortemente in discussione». Senza banche non c’è credito e senza credito non ci sono imprese e in questi mesi quasi nulla è stato fatto per la crescita economica, l’occupazione, lo sviluppo e la sostenibilità economica del Paese. Per Giardinieri serve correggere la rotta in maniera tempestiva, forte e decisa. Una posizione netta anche su Asset Banca il cui epilogo ha tutti i connotati di un vero e proprio “omicidio d’impresa”. «Le modalità con cui sono state portate avanti le azioni di commissariamento e messa in liquidazione coatta – ha continuato Giardinieri – hanno creato un danno enorme all’intero Paese. La soluzione che si sta pensando di adottare, però, rischia di creare danni ancora più grandi, coinvolgendo a tutti i costi una realtà come Cassa di Risparmio che sta affrontando un periodo di criticità conseguente alle note vicende relative alle perdite di bilancio. Sarebbe opportuno trovare una soluzione di sistema, coinvolgendo – finalmente – tutte le parti sociali ed economiche, in primis l’ABS che rappresenta buona parte del sistema bancario sammarinese». Anche per gli NPL serve una soluzione “di sistema, con una società a gestione mista pubblico/privato che coinvolga le aziende di credito sammarinesi”. Sarebbe opportuno anche affrontare il rinnovo del contratto dei bancari, scaduto dal 2010, in un’ottica di salvaguardia dei posti di lavoro. Giardinieri conclude con una forte posizione sulle trasformazioni del credito d’imposta in titoli del debito pubblico. «Trasformare un credito di imposta futuro, ipotetico, in titoli di debito pubblico, non è una cosa che può passare sotto traccia. La conversione non potrà essere integrale ma dovrà essere attentamente e fortemente riparametrata. Sui fondi pensioni – ha concluso Giardinieri – ribadiamo che non potranno diventare capitale di rischio. Siamo pronti ad attivare un referendum con i lavoratori qualora si voglia investire questi fondi in modalità o con strumenti finanziari che non diano ampie garanzie di liquidità, solvibilità e sostenibilità».