RIMINI – Un grande telo che fosse non solo funzionale agli intermezzi degli atti, ma risultasse esso stesso un’opera d’arte e «che si offrisse come un vero quadro di spettacolo esposto agli occhi del pubblico a trattenerlo con grandi sensazioni prima dello spettacolo della scena». Così aveva pensato l’architetto pontificio Luigi Poletti per il “suo” teatro riminese, per il grande sipario dipinto che, dopo un primo coinvolgimento del pittore Pietro Gagliardi, fu affidato, non senza l’influenza dello stesso Poletti, dalla giunta municipale di Rimini e dalla commissione cittadina per il teatro a Francesco Coghetti.
Di quell’ “opera eccellente”, considerata tra i più bei sipari dipinti e paragonata ad un “prezioso quadro da Galleria”, l’amministrazione comunale sta da tempo lavorando perché torni a risplendere e ad essere nuovamente il sipario del nuovo Teatro Galli restituito alla città.
Per questo proprio nella seduta di ieri la Giunta comunale ha espresso il proprio parere favorevole sulla procedura proposta dal direttore dell’Unità progetti speciali Massimo Totti, per l’affidamento delle attività di progettazione e restauro. Un vero e proprio bando articolato in due fasi, di cui la prima per la selezione degli esperti mediante il curriculum vitae da invitare poi nella seconda che si concluderà con l’affidamento dell’incarico.
“Un ulteriore passo – ha commentato l’assessore alle Arti Massimo Pulini – che ci avvicina alla restituzione del Teatro Galli nella sua interezza e suggestioni.”
Una procedura complessa che tiene conto della preziosità dell’opera e, col coinvolgimento della Soprintendenza di Ravenna, del supporto dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, che si esprimerà sulla bontà degli aspetti tecnici, protocolli e linee guida da rispettare nella progettazione e delle successive attività di restauro. Aspetti tecnici, protocolli e linee guida elaborate dalla riminese Laura Ugolini, restauratrice di fama da più di trent’anni, dal 2013 dipendente dello Stato del Vaticano e impegnata nel restauro della Scala Santa, che ha avuto il compito predisporre il progetto che sarà messo in gara di affidamento, nonché di supervisione del restauro.
Né semplice né facile la “vita” del Sipario Storico del Teatro di Rimini
Francesco Coghetti (1802 – 1875) eseguì infatti l’opera a Roma e il trasporto fino a Rimini dell’enorme sipario non fu impresa facile tanto che fu necessario ” piegarlo nel mezzo e separarlo dalla frangia inferiore poiché a rotolarlo tutto steso dava una lunghezza maggiore di 15 metri impossibile a svilupparsi nelle acute voltare delle vie”. Il sipario, dipinto a tempera su diciannove lunghe strisce di tela cucite formava infatti una superficie di 14,70 metri di larghezza per 18 di altezza.
All’inizio dello spettacolo, la tela, come veniva chiamata allora, si alzava dal basso verso l’alto, scoprendo la parte inferiore del palcoscenico. A fine spettacolo si “calava il sipario” dall’alto verso il basso. Solo nel 1923, in seguito alla introduzione della buca d’orchestra, fu aggiunto un sipario in velluto ad apertura orizzontale dal centro verso i lati, come voleva la nuova moda dell’epoca. In un primo tempo il sipario in velluto, aprendosi, scopriva il vecchio telone considerato “di gala”. Poi a poco a poco l’uso del telone venne abbandonato mantenendo esclusivamente il sipario in velluto.
Nel 1938 l’enorme scena fu oggetto di un restauro a cura di Enrico Panzini. Fu durante la II Guerra Mondiale che il Teatro Galli fu gravemente danneggiato ed il suo palcoscenico totalmente distrutto, ma il sipario, per quanto non in buone condizioni, fu recuperato tra le macerie dal custode Aldo Martinini che lo trasportò precauzionalmente nel territorio della Repubblica di San Marino.
Il dipinto è rimasto così arrotolato per circa mezzo secolo su di un rullo ligneo nei depositi del Museo Civico di Rimini fino al 1995, anno in cui fu srotolato sotto la supervisione della Soprintendenza e del restauratore Adele Pompili. Poi il sipario fu nuovamente riavvolto per essere stoccato dapprima nei depositi del Museo Civico, successivamente presso l’autoparco in via della Gazzella all’interno di un contenitore ligneo.
Nello scorso aprile la svolta. Il Sipario fu nuovamente dispiegato per effettuare una serie di indagini conoscitive per definire lo stato di conservazione e valutare le metodologie di intervento più efficaci da adottare nel corso degli interventi di restauro.
Come si ricorderà è stato al termine di una serie concomitante di circostanze fortunate che nello scorso anno fu ritrovato per tornare a Rimini, grazie alla liberalità di Luigi e Adriana Valentini, il disegno preparatorio del velario storico del teatro polettiano cittadino, opera di Francesco Coghetti. Una storia fortunosa che ha avuto un lieto fine grazie a Giulio Zavatta che ha saputo riconoscere e pubblicare il bellissimo modello preparatorio per il sipario del teatro Galli, esposto poi in occasione della seconda edizione della Biennale del Disegno dell’aprile scorso.
Il Sipario del teatro Amintore Galli: la storia di una genesi
Il 17 luglio 1857 il gonfaloniere della città di Rimini Guerrieri scrisse a Francesco Coghetti facendo un resoconto della ‘prima’ del nuovo teatro polettiano, e ricordò al pittore che «alla stipata popolazione della Città e delle limitrofe, venne esposto il sorprendente e meraviglioso di Lei sipario», accolto da «reiterati […] applausi e ovazioni ben dovute a V.S. illustrissima». Il sipario riminese di Francesco Coghetti era infatti considerato il più bello e il più costoso telo scenico dell’epoca. Dopo lunga attesa, non priva di preoccupazioni, il pittore aveva infatti consegnato solo cinque giorni prima dell’overture del teatro – che avvenne come noto l’11 luglio 1857 con la prima dell’Aroldo di Verdi – il suo telone. Il collaboratore di Coghetti, Vincenzo Paliotti, accompagnò nel suo viaggio da Roma a Rimini il nuovo sipario, ritoccando l’opera nei punti che avevano subito usura durante il trasporto.
La commissione per questa importante opera risaliva a due anni prima: nel 1855 infatti l’architetto Luigi Poletti aveva raccomandato Coghetti, essendo l’artista bergamasco in grado di realizzare una pittura «che si offerisse come un vero quadro di spettacolo esposto agli occhi del pubblico a trattenerlo con grandi sensazioni prima dello spettacolo della scena», come ricordava Genesio Morandi nel volume sul teatro dato alle stampe per celebrarne l’inaugurazione. In un primo momento fu chiesto al pittore di progettare un sipario con Flaminio Console che veste le insegne consolari a Rimini, ma lo stesso Coghetti, supportato da Poletti, sostenendo che «a qualunque aspettatore resterà sempre cosa oscura» propose il più consueto episodio con Cesare che varca il Rubicone. E in questo frangente, probabilmente, maturarono una serie di disegni volti a convincere l’amministrazione riminese della nuova proposta, tra i quali un grande modello comparso sul mercato antiquario nel 2008, erroneamente identificato come Studio per la battaglia di Ponte Milvio.