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Legislatura finita, si vota il 9 giugno: da definire le alleanze

da Daniele Bartolucci

La fine della legislatura è ufficialmente datata 19 marzo 2024, quando tutti i Consiglieri hanno presentato all’Ufficio di Presidenza le dimissioni, ma da diversi mesi si era capito che lo sforzo di “tenere insieme i pezzi” era diventato insostenibile. Meglio dunque chiudere questa – comunque lunga, tra le più lunghe degli ultimi vent’anni – legislatura e ripartire di slancio dopo le elezioni, per affrontare sfide che richiedono fin da subito un impegno di coesione, determinazione e lungimiranza. In primis l’Accordo di Associazione all’Unione Europea, che è il pilastro su cui si è retta la maggioranza e si cui si dovrà costruire la prossima. Un rebus, in verità, perché tra veti incrociati e dissidi politici riferiti al passato, non sarà facile trovare la quadra.

IL DECRETO: LE ELEZIONI E LE “COSE DA FARE”

Il Decreto Reggenziale di scioglimento del Consiglio Grande e Generale è l’atto finale della legislatura, con il quale si annuncia che “con pubblico manifesto saranno convocati i comizi per l’elezione del Consiglio Grande e Generale per domenica 9 giugno 2024”.

Nel mentre, “nella vacanza del Consiglio Grande e Generale e fino all’inizio della nuova Legislatura il Congresso di Stato, il Consiglio dei XII e le Commissioni attualmente in carica continueranno al disbrigo dell’ordinaria amministrazione, così come disciplinata dall’articolo 21 della Legge Qualificata n.184/2005”.

Ma ci sono anche delle deroghe. Infatti viene previsto che “il Consiglio Grande e Generale, ancorché sciolto, potrà essere convocato in via straordinaria dai Capitani Reggenti ai sensi dell’articolo 11, comma 2, della Legge 31 gennaio 1996 n.6 e successive modifiche, nonché per la nomina dei due membri supplenti del Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme a seguito della formulazione delle candidature dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio Grande e Generale ai sensi di legge e per la nomina dei componenti dell’organismo di sorveglianza di cui all’articolo 21-bis della Legge 30 agosto 2021 n.157 “Misure e strumenti per la cartolarizzazione dei crediti” e sue successive modifiche”.

COME ANDÒ L’ULTIMA VOLTA E COSA È CAMBIATO

Il punto di partenza per ogni ragionamento non può che essere il precedente del 2019, quando alle elezioni si presentarono praticamente “tutti contro tutti”, ovvero con ben 7 liste di cui solo 2 (RETE e Domani Motus  Liberi) in coalizione. Vinse la lista del PDCS con il 33,34%, accaparrandosi 21 seggi, ma non abbastanza per avere la maggioranza in Consiglio Grande e Generale. Le strade erano due: andare al secondo turno contro la coalizione RETE-DML e rischiare che come la volta precedente i voti di tutti gli altri si polarizzassero contro la DC, oppure costruire un’alleanza fuori dalle urne. Si scelse la seconda via, come noto, sconfessando però l’ipotetico accordo con Libera, che rimase fuori dalla compagine governativa insieme a Repubblica Futura (su cui invece non c’erano dubbi, stante la distanza che avevano manifestato tutti gli altri partiti dopo l’esperienza di Adesso.sm). Si costruì quindi un’alleanza tanto eterogenea (basti pensare che vi facevano parte, come gruppi più numerosi per giunta, i “nemici giurati” PDCS e RETE) quanto solida nei numeri (in pratica avrebbero potuto votarsi qualsiasi cosa da soli). Non fecero in tempo a partire che arrivò però il Covid a rovinare i piani, non tanto per le ovvie difficoltà che si sono palesate e che in larga parte erano determinate dall’isolamento di San Marino (in parole povere, si è dovuto fare da soli), ma perché quasi tutte le attività politiche e istituzionali sono state messe in lockdown, molto più delle aziende, che invece hanno continuato a lavorare e a progettare la successiva ripresa. Passata quella fase, piano piano si è incominciato a rivedere il programma e con esso sono partiti i tavoli di lavoro per le riforme (pensioni, mercato del lavoro, soluzione NPL e Pubblica Amministrazione su tutte), ma si è capito ben presto che tutto quello che si era promesso non sarebbe mai potuto arrivare. Quindi si è iniziato a parlare di priorità, di cui la trattativa con la Commissione europea per l’Accordo di Associazione ne è diventata il faro. Ma il resto del programma era anche il collante della maggioranza e venendo a mancare tutto il resto, per ragioni politiche e non solo si è detto, i mal di pancia sono diventati insostenibili, soprattutto dal Movimento RETE, che ha deciso di uscire dalla maggioranza dopo meno di quattro anni. Nuovo bivio: elezioni o continuare con una maggioranza risicata? La scelta è nota: si è deciso di proseguire, mettendo davanti a tutto la conclusione della trattativa per l’Accordo UE, che è poi arrivata a dicembre dell’anno scorso. Venendo a mancare quell’obiettivo, si è iniziato a vedere un altro tipo di movimento, dentro e fuori dalla maggioranza, molto più “elettorale” di quello che si era visto con i vari cambi di parte (i più importanti quello di Iro Belluzzi da NPR in maggioranza a Libera all’opposizione e di Marco Nicolini da RETE che era diventata opposizione al PDCS che invece era ancora in maggioranza): la costituzione di Alleanza Riformista, con l’entrata in Congresso di Gian Nicola Berti è diventata sempre più evidente come motivo di dissidio interno al gruppo NPR, ma soprattutto all’interno della maggioranza sponda PSD, che ben prima dello strappo sulla nomina dei Reggenti, aveva già dato un segnale molto chiaro agli alleati democristiani, formalizzando l’alleanza strategica con Libera, che era appunto all’opposizione. Dal canto suo la DC non solo ha ribadito che vuole andare avanti con Alleanza Riformista, ma ha anche incontrato e reso pubblico un rinnovato feeling con Elego, altro elemento di dissidio con il PSD si può immaginare.

NUOVE ALLEANZE O VECCHI LITIGI?

Il riposizionamento politico degli ultimi mesi, tra simboli e singoli esponenti, può confondere molti, ma la situazione è abbastanza chiara: c’è un blocco guidato dal PDCS (con AR e Domani Motus Liberi dentro e forse anche Elego) e ce ne è un altro guidato da Libera e PSD (da sciogliere il nodo se in coalizione o con un listone unico). Blocchi nel senso di bloccati, più che poli di un bipolarismo che non trova più consistenza da anni a San Marino, soprattutto perché c’è RETE, che ha già detto di andare da sola, così come c’è Repubblica Futura, i cui voti adesso potrebbero far gola a molti in chiave alleanze. A tal proposito, difficilmente RETE sarà disposta a rimangiarsi tutto – un’altra volta – per andare al Governo, mentre non è così difficile che dopo aver saltato un turno, RF possa tornare in gioco da protagonista. Non per mancanza di volontà loro (anche perché, soprattutto sull’Europa, hanno preso una posizione chiara e allineata con il Segretario per gli Affari Esteri, Beccari, che è e sarà uno degli uomini di punta del PDCS insieme a Marco Gatti), ma piuttosto per gli strascichi di quel governo targato Adesso.sm che ancora agita i pensieri di parecchi. Del resto, che l’Accordo sarà centrale nel programma e nelle alleanze lo hanno detto sia la DC nel comunicato abbinato alle dimissioni dal CGG (“Centralità dei contenuti, prevalenza dei temi e delle proposte, responsabilità, coerenza, visione del Paese: questi gli elementi che dovranno caratterizzare l’aggregazione politica per la formazione di un nuovo Governo. Su questo il PDCS intende lavorare nel solco di un percorso già avviato in questi anni, che dovrà avere come priorità il perfezionamento dell’accordo di associazione con l’Ue e il raggiungimento di un periodo di stabilità per riconquistare fiducia, sicurezza e prospettive di sviluppo in un momento storico caratterizzato da crisi di varia natura”) sia il PSD per voce di Federico Pedini Amati, proprio nell’ultimo Consiglio in cui si è discusso del documento programmatico sull’Accordo: “Questo sarà il tema di tutti i programmi di Governo futuro. Chi non è d’accordo con la firma dell’accordo di associazione è bene che lo dica subito perché non potrà far parte della coalizione di maggioranza futura. Da lì si parte. E’ bene che le elezioni arrivino adesso perché da domani mattina il nuovo esecutivo partirà a lavorare sull’accordo di associazione indipendentemente dalla firma. Il mondo imprenditoriale, sull’accordo e sul negoziato, ha detto subito di sì. Perché esso apre significativamente ad una questione che è l’ingresso nel mercato unico dell’Ue. Dobbiamo dire: chiunque ci sarà dopo, dovrà gestire nel dettaglio con assoluta convinzione quel nuovo percorso che San Marino ha deciso di percorrere. Su questo il PSD c’è sempre stato, non da oggi. Da sempre”.

Il punto centrale condiviso, dunque, ci sarebbe per costruirci un’alleanza attorno, ma dipende da quanto peseranno i veti e i dissidi politici, appunto. Incontri e confronti sono in corso da settimane, ma adesso si entra in una fase ancora più decisiva, anche perché liste e coalizioni dovranno essere presentate 40 giorni prima delle consultazioni elettorali.

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