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Supertassa per i frontalieri le giustificazioni del Patto

da Redazione

Norma frontalieri, il problema è nella differente residenza fiscale dei lavoratori. E’ questo il succo della lunga nota in cui il Patto per San Marino vuole giustificare un provvedimento che continuiamo a reputare iniquo e pesantissimo per le 6500 famiglie di frontalieri interessate.

SAN MARINO – Norma frontalieri, il problema è nella differente residenza fiscale dei lavoratori. E’ questo il succo della lunga nota in cui il Patto per San Marino vuole giustificare un provvedimento che, lo ricordiamo, va a penalizzare i frontalieri fino ad un’intera mensilità in un anno andando a colpire – per come è stato approntato il provvedimento – in particolar modo i redditi più bassi e le famiglie (chi ha moglie e figli a carico). Qui di seguito riportiamo le giustificazioni del Patto ma restiamo convinti che solo l’eventuale ricorso ai Garanti può scongiurare quella che si sta preannunciando come una caporetto della politica sammarinese.

Una super tassa a carico dei frontalieri? Un provvedimento razzista?
Non esiste! Niente di più sbagliato. A cominciare dall’interpretazione.
E’ questo che il Patto ha cercato di spiegare al Sindacato nell’incontro appositamente organizzato per un confronto sulla manovra finanziaria.
La “famosa tassa” altro non è che una ridefinizione della detrazione fiscale in precedenza prevista per tutti i lavoratori dipendenti ed oggi concessa solo ai lavoratori fiscalmente residenti a San Marino.
C’è chi vuol far credere che con questa modifica si sia introdotto un trattamento diverso fra i lavoratori. Ciò non corrisponde al vero. Un diverso trattamento c’è ma questo risale al 2003 quando l’Italia ha imposto ai lavoratori frontalieri l’obbligo di dichiarare i redditi prodotti a San Marino e quindi pagare le imposte in Italia sul reddito di lavoro realizzato a San Marino.
Il lavoratore italiano beneficiava quindi delle detrazioni sammarinesi ma anche delle detrazioni previste in Italia in sede di dichiarazione dei redditi ma ovviamente pagava le maggiori imposte italiane.
Non vi è stata alcuna discriminazione, sul reddito percepito tutti i lavoratori hanno l’abbattimento identico per definire il reddito imponibile e vengono tassati sulla base delle aliquote di legge.
Questo per tutti i lavoratori, senza nessuna perequazione.
I lavoratori fiscalmente residenti a San Marino beneficiano poi di un ulteriore detrazione (per l’anno in corso del 9%) per equilibrare la pressione fiscale reale sui reddito dei lavoratori dipendenti rispetto agli altri redditi. Sommando tutti gli abbattimenti, l’imposizione fiscale sul reddito da lavoro dipendente per chi è fiscalmente residente si posiziona intorno al 2/3% circa.
Il lavoratore che non è fiscalmente residente a San Marino è però soggetto al regime fiscale del suo Paese per via della doppia imposizione fiscale, che gli riconosce solo una franchigia di 8 mila euro sul reddito percepito.
Con la nuova norma introdotta dalla finanziaria sammarinese, per esempio, su un reddito medio di 25 mila euro il carico fiscale del lavoratore frontaliero rispetto a prima viene maggiorato, suddiviso mensilmente in busta paga, e recuperabile in sede di dichiarazione dei redditi che va fatta naturalmente in Italia. Il recupero segue un insieme di criteri da verificarsi caso per caso e c’è chi tecnicamente lo sostiene per l’intero.
Il raffronto, dunque, non va fatto tra lavoratori italiani e sammarinesi, che ricevono la stessa retribuzione, bensì tra persone soggette ad un diverso trattamento fiscale per stato di residenza.
Applicando le precedenti detrazioni di fatto il lavoratore frontaliero beneficiava di detrazioni fiscali sammarinesi e pagava le maggiori imposte in Italia. Con la modifica apportata una parte delle imposte vengono ora pagate a San Marino e in misura minore in Italia.
In realtà la questione va affrontata in sede di accordo sulla doppia imposizione.
Ogni anno, puntualmente, si ripetono i problemi legati alla fiscalità da applicare ai redditi degli italiani non residenti che lavorano nella Repubblica di San Marino. Queste problematiche si possono risolvere in via definitiva solo attraverso l’accordo sulla doppia imposizione fiscale e la scelta di soluzioni stabili, senza il solito balletto durante il varo delle varie leggi finanziarie italiane. Oggi, il lavoratore è costretto a pagare in entrambi i Paesi. E’ questo il nodo che va sciolto.
Per risolverlo, servirebbe un’azione congiunta molto forte, sia da parte del Governo, che comunque non lesina sforzi per questo obiettivo, sia da parte del Sindacato, dei lavoratori e delle istituzioni italiane del Circondario.
Alzare la tensione sociale, programmare scioperi e assemblee contro il governo e la manovra finanziaria, chiedere verifiche di costituzionalità, a parere del Patto, porterà scarsi risultati.
Ogni Stato è legittimato a disciplinare le proprie detrazioni fiscali così come lo stesso trattamento dei singoli redditi.
Il provvedimento in discussione, come altri, serve per contenere il debito pubblico ed evitare di elevare eccessivamente la pressione fiscale su tutti i contribuenti.
Il problema vero rimane quello di un Paese che sta cercando di fronteggiando la crisi con i mezzi che ha a disposizione: la leva fiscale, il contenimento delle spese, la tutela dell’occupazione incentivando l’impresa. E su questa linea dovrebbero contribuire un po’ tutti, non solo la maggioranza.

c.s.


Il passaggio chiave dell’intervento sta in poche righe: "Con la nuova norma introdotta dalla finanziaria sammarinese, per esempio, su un reddito medio di 25 mila euro il carico fiscale del lavoratore frontaliero rispetto a prima viene maggiorato, suddiviso mensilmente in busta paga, e recuperabile in sede di dichiarazione dei redditi che va fatta naturalmente in Italia. Il recupero segue un insieme di criteri da verificarsi caso per caso e c’è chi tecnicamente lo sostiene per l’intero". Oltre a quelli che "tecnicamente" lo sostengono per intero, la stragrande maggioranza pagherà oltre un migliaio di euro, fino ad arrivare – come ha anticipato Fixing la settimana scorsa, anche l’equivalente di una intera mensilità. E questo è il passaggio fondamentale che invece il Patto si è ‘dimenticato’ di dire.

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