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Lo sviluppo economico della Repubblica di San Marino e le riforme

da Redazione

di Gian Franco Terenzi

 

In più occasioni vengono alla ribalta argomenti e ipotesi sullo scenario futuro che il Paese dovrà affrontare e sulle potenzialità insite nel nostro sistema. Si susseguono sui giornali le ipotesi più azzardate e le fantasie più acute, in una sorta di gara, in cui i politici e non, si alternano nell’indicare i vari progetti che si potrebbero realizzare, dall’adesione all’Unione Europea alla ridefinizione degli accordi con l’Italia. E’ di questi giorni, in particolare, la discussione di temi che hanno forte impatto sociale, come la riforma previdenziale, la riforma tributaria e quella della P.A., argomenti questi che toccano e coinvolgono l’intero sistema sammarinese. Una riflessione, sugli effetti che queste riforme produrranno, diventa necessaria e doverosa. Da una parte si animano le organizzazioni sindacali, in una chiara dichiarazione di guerra che rischia di fomentare un pericoloso scontro sociale, facendosi interpreti delle insoddisfazioni sociali che trovano una loro giustificazione nella possibile discriminazione nel mondo del lavoro. D’altra parte, permane la crisi economica, che travaglia il settore imprenditoriale, costretto a pagare un conto doloroso a causa del suo perdurare.  E’ bene ricordare che, nel nostro Paese l’entità economica dominante è quella delle piccole imprese, un valore importante per un’economia diversificata, la cui caratteristica è la conduzione familiare.  Dobbiamo individuare la strada più idonea per salvaguardare il nostro sistema produttivo, considerando che questo oggi si affaccia al mondo in un contesto profondamente cambiato, dove nuove regole e accordi hanno una loro legalità nell’operato delle attività imprenditoriali. Il Paese si è già dotato di leggi e convenzioni e spogliato, nello stesso tempo, di alcuni capisaldi importanti che hanno determinato fino ad oggi una certa capacità reddituale diffusa nelle famiglie. La politica ha questa responsabilità: dover gestire le varie opportunità e gli eventuali conflitti che ne possono derivare. Oggi c’è proposta una riforma fiscale che, per certi versi, va nella direzione dell’equità e questo è un elemento condiviso. Tuttavia il problema resta nel fatto che la materia fiscale è rimasta l’unica capace di attirare investimenti esteri sul nostro territorio. Facciamo perciò attenzione, affinché gli investimenti producano occupazione e alimentino, conseguentemente, anche il sistema di previdenza sociale. Di fronte agli scenari che ci attendono, la riforma tributaria non potrà essere disgiunta dalla riforma della P.A. e del sistema previdenziale. Infatti, nella valutazione della prospettiva futura, non possiamo ignorare la presenza di una P.A. sovradimensionata e la necessità di orientarsi, in futuro, verso una sua migliore e più efficiente organizzazione. Dobbiamo sforzarci di avviare un’azione comune di responsabilità dove le forse politiche trovino una loro convergenza in risposte unanimi e responsabili, ma, accanto alla politica, devono mostrare pari responsabilità anche le organizzazioni sindacali, le associazioni economiche e la cittadinanza intera, nell’abbracciare un progetto condiviso. Dobbiamo con il concorso di tutti, sindacati compresi, evitare lo scontro sociale perché il bene collettivo possa essere la ragione di un’unità necessaria per vincere questa battaglia comune, con un patto di alleanza che abbia come priorità il lavoro, la certezza delle norme per chi vuole investire nel nostro paese per fare impresa e la conclusione degli accordi con l’Italia. Abbiamo di fronte a noi uno scenario che ci induce a guardare oltre i nostri confini domestici. La nostra statualità e sovranità devono rimanere un valore intoccabile, ma si devono coniugare con la capacità di cogliere nuove e diverse opportunità per un riscatto che questo paese merita.

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