Home categorieSport I Seattle Seahawks domano i Broncos nel Superbowl: cronaca di una partita senza storia

I Seattle Seahawks domano i Broncos nel Superbowl: cronaca di una partita senza storia

da Redazione

di Loris Pironi


Gli attacchi ti fanno vincere le partite, ma è la difesa che ti fa vincere il campionato, recita un popolare detto del football americano. Una migliore cartina tornasole per la verità di quest’affermazione non poteva esserci del Superbowl XLVIII, disputato (nella notte italiana, la sera newyorkese) tra i Denver Broncos e i Seattle Seahawks. Da un lato il miglior attacco del campionato, quello della squadra delle Rocky Mountains, condotto da Peyton Manning; dall’altro la difesa più rocciosa, aggressiva (e anche fallosa), quella dei falchetti marini del Midwest.

Bene, se al Superbowl numero 48 della storia si poteva assegnare il potere di dirimere una volta per tutte la questione, è arrivata la più fulgida conferma della correttezza dell’affermazione della supremazia, alla lunga, delle difese sugli attacchi. Seattle ha letteralmente demolito il gioco offensivo di Denver domando i Broncos con il roboante punteggio di 43-8.

E per fortuna che doveva essere la finale più equilibrata di sempre. Mai la partita è stata in discussione, tuttalpiù per almeno tre quarti ci si è chiesti quando Manning si sarebbe messo in moto per iniziare almeno un tentativo di rimonta. Tutto vano. Seattle al secondo tentativo si è aggiudicata il primo Superbowl della sua storia, Denver ha inanellato l’ennesima sconfitta in finale (5 su 7, un poco invidiabile record che la franchigia del Colorado si contende con Bills e Vikings, ciascuna con 4 Superbowl persi su 4 tentativi).

La partita non ha mai avuto storia, dicevamo: per gli arancioni tutto quello che poteva andare storto è andato storto. C’è però da dire che i Broncos si sono comportati come un pugile che prende un cazzottone alla mascella a freddo e finisce con le ginocchia sul tappeto subito dopo il gong: il primo snap della partita (ovvero quando il centro consegna la palla al quarterback per ‘accendere’ l’azione d’attacco, un gesto di routine) è stato infatti funesto, e si è concluso con un safety ovvero il “touchdown” della difesa, che vale 2 punticini e consegna la palla al proprio attacco. Con un inizio così è facile che una partita – come il Superbowl – da giocare tutta sul piano dei nervi si trasformi in un incubo. E così è stato. Anche se Seattle con il giovane QB Russel Wilson, al secondo anno da Pro, non si decide ad affondare il colpo: nei due primi veri drive offensivi di Seattle infatti arrivano solo due field goal di Hauschka, per un 8-0 tecnicamente pareggiabile con un paio di giochi ben fatti, di quelli che Manning sa costruire alla perfezione.

Ma le cose vanno diversamente e Seattle dilaga nel secondo quarto con i TD di Lynch (corsa per 1 yard) e di Malcom Smith (sanguinoso intercetto da 69 yard) per il 22-0 dell’intervallo.

Nell’Halftime Show concedono un vero spettacolo Bruno Mars e i Red Hot Chili Peppers e quindi è ancora Seattle che riprende a suonarle a Denver. Dalla prima azione, un kick off ritornato direttamente in end zone di Harvin da 87 yard che conferma a Manning e soci che se qualcosa può andare storto, sicuramente farà quella fine. C’è tempo anche per il TD-pass di Wilson per Kearse da 23 yard per il momentaneo 36-0 e quando si comincia a profilare il primo shut-out della storia del Superbowl (sconfitta senza mettere punti sul tabellone), una difesa finalmente un po’ più morbida dei Seahawks addolcisce leggermente la pillola a Manning (pass per Thomas da 14 yard). Seattle già fa festa alla fine del terzo quarto, il punteggio viene portato nell’ultimo parziale al definitivo 43-8 con il touch down di Baldwin ben pescato da Wilson e il Superbowl meno equilibrato degli ultimi anni va in archivio. MVP al linebacker dei Seahawks Malcom Smith: un onore che va diviso con tutto il resto della difesa. Il fattore che – adesso è ufficiale – per davvero ti fa vincere i campionati.


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