Home NotizieSan Marino Ente Cassa di Faetano, Villa Manzoni: Il drago di Belverde a Rimini

Ente Cassa di Faetano, Villa Manzoni: Il drago di Belverde a Rimini

da Redazione

Storia e leggende medievali si intrecciano nella raffinata ricerca di Oreste De Lucca, che presenta il suo libro il 27 agosto, ore 21.

 

SAN MARINO – Quella dei draghi è una presenza costante in Italia e in Europa. Perfino a San Marino, dove un mostro di tal fatta spaventava gli abitanti di Borgo Maggiore, in una località che ancora lo evoca: Valdragone. Memorie che si perdono nei secoli, leggende dai contorni non ben definiti, resti e ossa ad essi attribuiti conservati in diversi luoghi.

Partendo da una rassegna di queste presenze in tutta la penisola, e approfondendo casi celebri come quello del “draghetto di Bologna” illustrato da Ulisse Aldrovandi, Oreste Delucca esamina con occhio da storico la leggenda del drago di Belverde, le cui ossa erano visibili fino a qualche decennio fa in una piccola chiesa di campagna riminese. Edificio ora scomparso e, con esso, anche i resti attribuiti al mostro.

Non un’opera di fantasia, ma la ricerca scrupolosa delle fonti storiche a supporto di una vicenda leggendaria, per comprendere le motivazioni che l’hanno creata, i documenti e i reperti che l’hanno comprovata, la memoria che tutt’ora la conserva.

Insediatosi all’interno di folte selve poste alla periferia di Rimini, nel sito che gli ha dato il nome, la vicenda del drago di Belverde risale quantomeno al Trecento. Narra le paure della popolazione vicina, fino al momento in cui si è riusciti ad ucciderlo, in modo alquanto originale, grazie all’ispirazione determinante della Vergine.

Quantunque dell’episodio si siano interessati anche gli storici locali più accreditati, la sua memoria si è venuta quasi perdendo; e il tutto si potrebbe anche liquidare con poche (e magari ironiche) battute, se non fosse per l’intrigante presenza delle ossa di tale “drago”, che la devozione popolare ha gelosamente custodito entro la piccola chiesa costruita in onore della Vergine salvatrice. Ossa rimaste visibili fino al settembre 1944, allorché la furia devastatrice della guerra ha distrutto l’edificio sacro con tutto quanto in essa contenuto.

Oreste Delucca, in questo volumetto, si muove in più direzioni, inseguendo ogni traccia possibile, con una ricerca scrupolosa e il suo ben noto puntiglio. Analizza topograficamente il “teatro” della storia; localizza il punto ove sorgeva la “chiesetta del drago”, individuandone vestigia non trascurabili; illustra i numerosi documenti d’archivio che testimoniano lungo i secoli l’ininterrotta presenza delle famose ossa; interpella gli ultimi anziani del luogo che le hanno viste e sono ancora in grado di fornirne qualche descrizione.

Passo dopo passo ne esce un quadro di indubbio interesse, sicuramente sconosciuto e addirittura inaspettato per la gran parte degli stessi Riminesi.

Oreste Delucca con il suo libro “Il drago di Belverde a Rimini e altri draghi d’Italia” (Bookstones Editore) sarà ospite del salotto letterario di Villa Manzoni giovedì 27 agosto prossimo, ore 21, ingresso libero.

Per l’Ente Cassa Faetano, promotore dell’iniziativa, un’altra preziosa occasione culturale per approfondire la conoscenza del territorio, alla ricerca di quei legami sociali, educativi e antropologici che vanno a comporre l’identità di una comunità.

Sull’autore

Oreste Delucca, riminese, da oltre quarant’anni è impegnato nello studio delle fonti d’archivio per documentare l’ambiente, l’economia, l’urbanistica, gli insediamenti, le strutture sociali della sua terra, con particolare riferimento ai secoli finali del Medioevo, quelli della signoria malatestiana e del passaggio all’Età moderna.

Membro della Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna, della Società di Studi Romagnoli e della Società di Studi Storici per il Montefeltro, ha fatto della ricerca d’archivio una ragione di vita e dell’Archivio di Stato “una seconda casa”.

Autodidatta ha incentrato la sua curiosità e la sua ricerca su aspetti legati alla cultura materiale: l’agricoltura, l’artigianato, il commercio, la demografia e gli insediamenti, la vita e il lavoro della gente comune, le condizioni abitative, l’igiene, le istituzioni dedite alla salute e all’assistenza, le migrazioni, la giustizia, il fisco.

Rispetto alla metodologia corrente che vuole la ricerca mirata ad approfondire un tema prefissato, Delucca dichiara di “cercare per gusto”, annotando le cose che suscitano in lui interesse fino ad accumulare centinaia di fascicoli, relativi ad altrettante tematiche. Un patrimonio finora solo in parte utilizzato da cui trarre sempre nuove stimolazioni: al di là delle notizie la frequentazione di questi documenti ha il fascino di aprire più ampi orizzonti, di far respirare l’atmosfera dei tempi passati con la possibilità di diventarne in qualche misura partecipe.

Allo “scavo” condotto sui documenti d’archivio ha associato l’interesse per la ricerca archeologica attraverso l’osservazione del territorio e l’individuazione di insediamenti attraverso segnalazione e recupero dei segni dell’uomo affioranti in superficie.

I suoi studi sono confluiti in una trentina di volumi monografici e circa 150 saggi in riviste specializzate ed opere collettive, nonché in coinvolgenti incontri con il pubblico. Una scrittura e un eloquio che si contraddistinguono e si fanno apprezzare per chiarezza, razionalità del pensiero, accessibilità del linguaggio e piacevolezza dell’espressione.

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