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“Bagaglio a mano”, il nuovo album del cantautore Andrea Amati

da Redazione

E’ uscito il 2 marzo. Intervista all’artista santarcangiolese, che racconta le singole tracce.

Amati Andrea

 

di Alessandro Carli

 

RIMINI – Venerdì 2 marzo il cantautore santarcangiolese Andrea Amati (non ama farsi chiamare “dottore” nonostante la laurea in “Scienze politiche internazionali” a Forlì) aveva in programma la presentazione del suo nuovo album, “Bagaglio a mano” (Andra Amati alla voce; Massimo Marches alle chitarre, voci, tastiera e programmazioni; Federico Mecozzi al violino, viola, pianoforte e tastiere; Marco Montebelli alla batteria e Francesco Preziosi al basso), sulle assi del Teatro degli Atti. Il 2 marzo però anche Rimini era coperta dalla neve, e quindi il Comune ha deciso di posticipare il concerto. Il 2 marzo, nonostante la neve, Andrea Amati doveva cantare. E “ha cantato”. Nessun palco per lui e la sua band, ma su un tavolino de “La bottega della creperia“. Parole quindi, ovviamente musicali, ovviamente sulla musica. Sul suo nuovo lavoro e sul mondo delle sette note.

 

Sia in “Via di scampo” (2014) che in “Bagaglio a mano” si avverte un movimento. E’ sbagliato?


“I due lavori hanno come sottotraccia l’elemento del viaggio. Un viaggio di alleggerimento, un viaggio con un bagaglio sempre più leggero nel quale tenere solamente le cose indispensabili. Con ‘Bagaglio a mano’ (uscito il 2 marzo, ndr), ho cercato di smarcarmi dalla paura che in genere contraddistingue l’inizio di un percorso nuovo musicale, quel ‘sentirsi parte di un mondo’ che ha al suo interno una serie di schemi e di pregiudizi. La stessa immagine di copertina, una valigia stilizzata che ho disegnato io stesso, può essere ‘letta’ come una prigione”.

 

Nel nuovo lavoro ci sono alcune collaborazioni di rilievo.

 

“Daniele Maggioli è uno dei grandi acquisti del disco: assieme abbiamo scritto alcune canzoni. Era una vita che sognavo di lavorare assieme a lui. ‘Mi sono perso’, ‘Carmen’ e Salvo 2017′ li abbiamo ‘buttati giù’ a quattro mani. ‘Verrà il tempo’ invece vede la collaborazione di Federico Braschi. Avevo voglia di fuga, di fuggire dalle mie visioni distorte. Io credo che sia uscito un disco libero e autoironico”.

 

Tra i pezzi inseriti nell’album, anche una cover.


“Esatto, è ‘La ballata della moda’. ‘Carmen’ e ‘Mi sono perso’ si collegano al brano di Luigi Tenco. E’ un pezzo che non potevo non fare: la eseguo sempre dal vivo ed è una di quelle canzoni con cui sono entrato in simbiosi”.

 

Dov’è nato “Bagaglio a mano”?

 

“L’ho scritto a Santarcangelo, a casa mia. Ho iniziato a buttare giù i testi nel 2015 e l’ho chiuso a inizio 2018. Tre anni di lavoro quindi. Non perché avessi alcuni ‘blocchi’, anzi: volevo esplorare tutte le strade prima di buttarmi su una. La regola che mi sono dato era una solamente: non avere scadenze”.

 

Il disco si apre con “Mi sono perso” e si chiude con “Verrà il tempo”. Due verbi coniugati all’opposto…

 

“Mi è stato chiaro sin da subito che la canzone di apertura dovesse essere quella: è una specie di carta di identità. ‘Verrà il tempo’ l’avevo già fatta dal vivo. Federico Braschi mi ha aiutato a finirla. Si tratta di un pezzo molto ‘aperto’, che guarda in avanti. Sembrerò naif o ingenuo ma i brani che lasciano un po’ di conforto mi sono sempre piaciute”.

 

L’album vede anche Massimo Marches nelle vesti non sono di musicista ma anche di produttore artistico.

 

“Mi sono affidato a Massimo perché avevo la necessità di cambiare. Ha capito cosa avevo in testa: la sua produzione è stata molto coerente nonostante i pezzi non siano omogenei: ha saputo trovare il giusto equilibrio tra parole e musica”.

 

Qual è stato il punto di partenza delle canzoni?


“Ancora una volta sono partito dalle parole. A differenza del primo album, li ho trasformati in fieri, in base a quello che nasceva nella musica. Parto sempre dalla scrittura, fissando alcune idee che poi crescono. Mi considero un ‘artigiano della scrittura’ quindi si tratta di un lavoro quotidiano”.

 

Poi troviamo “Cose”.

 

“E’ il pezzo più importante, una canzone d’amore totale che supera le persone. Un inno all’amore e alla vita”.

 

C’è un pezzo che Andrea Amati avrebbe voluto scrivere?

 

“Sì, certamente. E’ ‘Crepuscolo’ di Daniele Maggioli. Un pezzo clamorosamente bello che amo alla follia. Prima o poi farò una cover. Amo anche ‘Se telefonando’, una canzone straordinaria”.

 

Cosa c’è invece dietro a “Il muro”?


“Potrebbe essere un ‘b-side’ di ‘Achtung baby’ degli U2. E’ il pezzo più rock dell’album, con cinque persone che suonano. L’ho scritto prima delle elezioni del Presidente degli USA Donald Trump ed è estremamente attuale. I muri sono quelli fisici e mentali e sottendono la necessità di superarli, di ‘andare oltre’. Oltre il muro deve esserci la luce, un altrove”.

 

…che è il titolo di una canzone del nuovo album…


“Per me è il pezzo più complesso, un qualcosa su cui aggrapparsi, un luogo di ‘cauto ottimismo’. Altrove è uno spazio-tempo in cui ci si può migliorare. Per farcela però serve alleggerirsi, prendersi meno sul serio”.

 

Cosa mette nel suo “Bagaglio a mano”?


“Le scarpe di ricambio, così lungo il cammino non mi fermo. Un po’ di buoni libri – anche Nino Pedretti – e poi carta e penna. E tanto spazio vuoto: si parte scarichi e si torna carichi”.

 

Citando Fabrizio De André, cosa farà Andrea Amati “…da marzo a febbraio…”?

 

“Promuoverò l’album. Partirò da Ancona, poi sarò a Rimini il 18 aprile. In estate lo porterò ancora in giro”.

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