Home Notizie del Giorno Visto per voi a teatro: “A colpi d’ascia – un’irritazione” di Marco Sgrosso

Visto per voi a teatro: “A colpi d’ascia – un’irritazione” di Marco Sgrosso

da Alessandro Carli

La prima certezza è che Marco Sgrosso ha una certa passione (senza azzardare la parola “affinità” che potrebbe rimandare a Goethe) con gli autori di lingua teutonica: a distanza di quasi 20 anni dalla messa in scena di “Ella” di Herbert Achternbusch – un meraviglioso assolo che ti punge gli occhi e il cuore – l’attore e drammaturgo cresciuto sotto le ali del Maestro Leo de Berardinis sta esplorando la poetica di un altro grande scrittore, l’austrico Thomas Bernhard, penna acuta di “A colpi d’ascia – un’irritazione” che ha fatto tappa il 19 luglio all’interno del cartellone “Tracce poetiche in luoghi desueti”, raffinata proposta estiva di San Marino (e desueto è stato anche il luogo che ha accolto la mise en space, il ‘Castellaccio’ (via di Fiorentino).

La seconda è che basta poco – scenicamente – per realizzare un piccolo, enorme capolavoro interpretativo: basta poco se hai talento, capacità di “entrare” nelle parole e di saperci soffiare dentro passione, cuore, voce, timbro e vita. Talenti che Marco possiede a piene mani.

Allestimento minimalista – un leggio, un bicchiere d’acqua, uno sgabello, una candela che, verso la fine, si inchina verso il microfono per Marco; sul palco con lui il musicista Cristiano Arcelli, impegnato a far dialogare le note dei suoi strumenti a fiato con le parole non semplicemente “dette” ma “interpretate” – per uno spettacolo che lascia il segno: “a colpi d’ascia”, poderosi ma senza spargere una stilla di sudore, l’attore fa a pezzi la società viennese degli anni Ottanta raccontata da Thomas Bernhard, non così diversa da quella portata in scena da Luigi Pirandello nel suo teatro (Marco in passato ha affrontato, assieme a Elena Bucci, Enzo Vetrano e Stefano Randisi, “Il berretto a sonagli”): una società ricolma di vizi nascosti dietro alle maschere, una società borghese che si è vista “rappresentare” e accusare di vivere di pissipissi e di circostanze.

Il pubblico sammarinese viene invitato ad ascoltare la storia di un salotto borghesissimo, quello dei coniugi Auersberger e dei loro ospiti, tirapiedi, giornalisti e attori. Come nella stanza de “La cantatrice calva” di Ionesco, i personaggi – che non hanno la consapevolezza di essere personaggi ma credono di essere persone – discutono del nulla, recitando la parte, inconsapevole, dei finti intellettuali che squittiscono.

Lo spettacolo, un’ora precisa (la lama dell’ascia è affilata in maniera svizzera), è una pagina di grande teatro che dovrebbe essere vista da tutti gli aspiranti attori (a meno che non preferiscano recitare le parti dei lacchè che partecipano alla “cena artistica” degli Auersberger): Marco è uno scrigno che conserva e protegge tutte le sfumature della vera recitazione: attraverso un’enorme capacità espressiva e vocale fa vivere (e “vedere” al pubblico) tutti i personaggi del racconto, con quel pizzico di manierismo a tratti meravigliosamente barocco ma sempre funzionale alla messa in scena che eleva questo lavoro ai vertici della drammaturgia contemporanea.

Sipario.     

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