Home Notizie del Giorno Visto per voi a teatro: “40 anni e sto” di Andrea Delogu

Visto per voi a teatro: “40 anni e sto” di Andrea Delogu

da Alessandro Carli

La chiave di lettura del monologo è tutta in una battuta, una sorta di spartiacque, di “abisso verticale” sincero (parola rara per chi calca i palchi) e in parte spiazzante: a 40 anni (attorno ai 40 anni) c’è bisogno di leggerezza e la leggerezza non è superficialità ma altro. Molto altro. Platea del Teatro Nuovo di Dogana quasi gremita – ad occhio, sabato 1° aprile, circa 9/10 della capienza – per “40 e sto”, spettacolo/monologo della speaker, conduttrice e scrittrice Andrea Delogu, che, sulla scia dell’ottimo successo di “Prima Festival”, il programma che ha condotto nei giorni dell’ultimo Sanremo, ha “richiamato” un buon pubblico: molti i suoi coetanei in sala, un “sano” ricambio, visti i tempi.

Alle 21.10 scende il buio in sala e a sipario ancora chiuso “escono” le note di “Come mai” degli 883: “Non ho il desiderio dei 40, non sono pronta” esordisce avvolta in un vestito bianco con scarpa rossa con il tacco. Poi parla con il pubblico, chiede i loro desideri per i 40 anni, ride e fa ridere. Andrea spiega che “quella boa” per lei è la seconda fase della pubertà, che a 40 anni la parola “single” si trasforma in “zitella”, che ama la fotografia e farsi fotografare, di aver iniziato a scattare negli anni di SanPa con una Polaroid (“Giravo per la comunità e regalavo le foto”), di essere favorevole alla chirurgia plastica, di voler “esportare” non tanto la piadina romagnola – come dice Samuele Bersani – ma i passatelli, di aver fatto per 15 anni la vocalist, di aver scritto un libro, “La collina”. Gli anni di SanPa, com’era facile immaginare, hanno trovato ampio spazio nell’ora e 40 minuti di spettacolo: l’incontro tra i suoi genitori, l’amore, la vita, i pranzi e le cene con 2.000 persone sempre diverse, le porte senza le chiavi sino al documentario “Sanpa: Luci e Tenebre di San Patrignano”.

In un misurato gioco di profondità e leggerezza “40 anni e sto” scivola via bene tra un viaggio negli anni della sua adolescenza – gli anni Ottanta e Novanta, rivissuti con la proiezione sullo schermo a sinistra della platea (scelta tecnica che ha penalizzato il pubblico seduto a sinistra) di immagini e canzoni (“Cicale” di Heather Parisi, “T’appartengo” di Ambra Angiolini) – e la sua vita recente, la fine del matrimonio con il “perfetto” ex marito, Francesco Montanari, cinque anni sposati dopo due da fidanzati, un momento di grande dolore che il teatro ha in parte – sembra – “esorcizzato”, e il nuovo amore con il modello Luigi Bruno, 16 anni più giovane. Al di là di qualche cliché e di qualche “peccato di gioventù” che escono durante l’assolo di Andrea (l’unione tra una donna e un uomo più giovane è stata già sdoganata), lo spettacolo dà quello che promette – leggerezza, materia preziosissima che deve far riflettere – e “funziona”: applausi, tanti, anche da parte dei genitori di Andrea, in platea assieme a qualche amico e qualche parente, ma soprattutto del pubblico che, sicuramente, si è rivisto in questo “viaggio” nel tempo e nei costumi di un’Italia che fa fatica a capire – e a vivere pienamente – i 40.
Sipario.

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