Home Notizie del Giorno Visto per voi a teatro: “Calēre (sentieri) Transitus animae” di Eugenio Sideri

Visto per voi a teatro: “Calēre (sentieri) Transitus animae” di Eugenio Sideri

da Alessandro Carli

RAVENNA – Più Savinio che Pasolini (ed è un accento raro e straordinario: il fratello di De Chirico è stato il secondo drammaturgo più importante del Novecento italiano dopo Pirandello) nel nuovo, raffinato e profondo spettacolo di NoveTeatro, diretto e firmato da Eugenio Sideri: “Calēre (sentieri)”, che ha debuttato in prima assoluta venerdì 10 giugno sulle assi del Teatro Alighieri in occasione di Ravenna Festival 2022, è un viaggio/omaggio nel kursaal saviniano che tratteggia un piccolo, grande capolavoro,Alcesti di Samuele”.

Nella discesa agli inferi della famiglia romagnola di “Calēre (sentieri) – Transitus animae” (foto: Marco Parollo) – lì dove i “sentieri” del titolo sono sì le strade che conducono verso il porto, le fabbriche, i campi e le industrie di una manciata di anni fa ma soprattutto la parola va letta nell’accezione, nella crasi di “sentire-ieri” – si muovono, quasi in a time lapse, gli attori chiamati a vivere, in un ossimoro sottile ma evidenze (all’apertura del sipario i personaggi sono già tutti morti), il passato. È un viaggio nell’Ade quindi, quello messo in scena da Enrico Caravita, Carlo Giannelli Garavini, Maurizio Lupinelli, Chiara Sarcona, Patrizia Bollini, Marco Montanari, Giada Marisi in poco più di due ore di rappresentazione, un “inferno” che sfiora la mitologia greca (non quella canonica bensì quella di Cesare Pavese dei “Dialoghi con Leucò”) pur parlando il dialetto romagnolo.      

Lo sguardo del regista, che sul recupero filologico del passato visto come tradizione, come radice profonda che nutre ancora il presente e il futuro ha realizzato un percorso artistico ultraventennale, si appoggia sulla famiglia, sulle difficoltà di dialogo tra generazioni: genitori già anziani che hanno già vissuto le loro battaglie, figli che vivono dei successi falliti dei padri e delle madri e che tentano di camminare autonomamente – è la “calēra” nel senso del sentiero, ben rappresentato scenicamente da passerelle in legno e da un’atmosfera scura, a tratti buia – senza bastone, come novelli rabdomanti che provano ad esplorare il mondo che li circonda, che si delinea davanti alle loro gambe.

Come in Savinio, anche per Sideri il teatro vuol essere, ancora una volta, (soprat)tutto di parola. “L’azione comincia quando comincia la parola. Si cambi la definizione: il teatro è parola. Meglio ancora: ‘tutto’ sta nella parola”. Parola detta, non importa se in italiano o in lingua vernacolare: è solo attraverso la parola che i personaggi (in latino, “personae”) possono vivere.

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