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Siamo stati tutti Platone che pendeva da Socrate

da Simona Bisacchi

A pensarci bene, a guardare un pochino indietro, tutti abbiamo avuto un mentore.

Qualcuno che in un periodo della vita ci ha ispirato.

Ci ha dato una rotta.

Ci ha indicato una delle migliaia di strada possibili e – a distanza di anni – possiamo dire che era quella giusta.

Siamo stati tutti un Platone che pendeva dalle labbra di Socrate, perché “L’anima, o caro, si cura con certi incantesimi e questi incantesimi sono i discorsi belli” (“Carmide”, Platone, 157a). Certi dialoghi con i nostri mentori – proprio come quelli platonici – girano ancora vivi e vispi per la testa, e ti rammarichi solo di non aver preso appunti a sufficienza per ricordare non solo il concetto ma le parole esatte con cui veniva espresso, consapevole che oggi ogni termine ascoltato avrebbe assunto un valore ancora più comprensibile, e più profondo.

Abbiamo conosciuto tutti l’angoscia di Anakin Skywalker, tanto bene da sapere quanto abbia ragione il maestro Yoda: “La paura è la via per il lato oscuro. La paura conduce all’ira, l’ira all’odio; l’odio conduce alla sofferenza” (“Star wars. La minaccia fantasma”).

Abbiamo avuto tutti dei momenti in cui le parole del nostro personalissimo Albus Silente ci sono risultate scomode, fastidiose, ci hanno messo a disagio come dover ammettere che “È più facile perdonare gli altri quando si sbagliano che quando hanno ragione” (“Harry Potter e il principe mezzosangue”, J. K. Rowling).

E più o meno tutti abbiamo avuto una professoressa che sgridava le ragazze per la gonna troppo corta e i ragazzi per i capelli troppo lunghi, e ci ha obbligato a leggere “I promessi sposi” a neanche quattordici anni, e ci ha messo davanti a “L’infinito” di Leopardi senza lasciarci scampo, così, davanti a tutta quella bellezza, tutta in una volta, per la prima volta, con una semplicità e una competenza più riscontrate in anni e anni di studio. In anni e anni di vita che ci hanno insegnato che aveva ragione Manzoni quando nell’ultimo capitolo dedicato ai suoi Renzo e Lucia insegnava che “Si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio”.

E chissà che discepoli siamo stati noi. Chissà se siamo riusciti a rispettare i nostri maestri, rimanendo comunque noi stessi. Se come Platone abbiamo riportato le loro parole in modo corretto, in difesa della verità e non del nostro vantaggio. Chissà quante volte siamo invece crollati come Anakin, scegliendo la via della collera, del furore, così facile da seguire, così difficile da risalire per riprendere la direzione corretta.

Chissà se abbiamo reso onore anche a quei mentori che non spiccavano tra la folla, quelli dalle sembianze così comuni da passare inosservati, dai talenti così profondi da celarsi dietro a gesti quotidiani.

Chissà se saremo mai all’altezza di chi è stato capace di insegnarci tanto, senza imporci niente.

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