Home Notizie del Giorno Visto per voi al Galli: “Enrico IV” con Sebastiano Lo Monaco

Visto per voi al Galli: “Enrico IV” con Sebastiano Lo Monaco

da Alessandro Carli

La prima anomalia risiede nel protagonista: lo spettatore non ha mai accesso al suo vero nome. In scena quindi il ruolo che gli è stato assegnato è e sarà per sempre la sua vita. Un “Enrico IV” che parte da lontano (Enrico IV di Franconia fu, dal 1056, re dei Romani e imperatore romano da 1084 sino a quando abdicò, nel 1105) e che si presenta, novecentissimo e novecentesco, nella rilettura, nella nuova vita, nel nuovo ruolo che gli concede Luigi Pirandello sulle pagine e Sebastiano Lo Monaco in scena al Teatro Galli di Rimini dal 4 al 6 marzo nella regia di Yannis Kokkos a 100 anni esatti dal debutto, avvenuto il 24 febbraio 1922 sulle assi del Teatro Manzoni di Milano.

A differenza della mise en scene che lo stesso Lo Monaco ha portato sui palchi italiani poco meno di 20 anni fa, la versione diretta da Kokkos abbandona la polverosa ambientazione del testo originale per proiettarsi nella contemporaneità: un orologio elettronico posto in posizione elevata sul boccascena che “ritma” il tempo reale, l’utilizzo da parte del medico che lo ha in cura di uno schermo-tv di ultima generazione per “vedere” le espressioni del volto folle del re, il pugnale con cui Enrico IV si vendica del rivale, sostituto da una pistola.

Il testo scenico – due ore compreso l’intervallo – sviscera la vita, intesa come finzione, lì dove la finzione, la finta pazzia, è del tutto consapevole. Enrico IV, che cade da cavallo durante una recita e che sbatte la testa, è innamorato di Matilde e sarà solo nella finzione, quindi nella recita, che riuscirà a svelarle il suo sentimento. Il teatro, in questo caso, si trasforma in un regno di libertà: la pazzia è la capacità di credere nella luna nel pozzo dove tutti potrebbero riconoscersi, evitando il conflitto tra essere e apparire. Enrico, conscio di avere una sola modalità per farsi accettare – quella della follia – costruisce dentro il suo castello immaginario e reale una trappola per gli altri. È lui che vuole condurre il gioco. Chi entra nel suo spazio, nella sua “stanza della tortura”, è costretto a recitare.

Sulla traccia di alcuni testi già dati al palco, Pirandello analizza (qui con efficacia micidiale) il rapporto bivalente e non sempre bidirezionale tra la vita e la forma, tra la finzione e la realtà. Tra la persona e personaggio (in latino “personae” significa “personaggi”). Una sfida a cui gli attori non possono esimersi: sul palco devono dimenticare il loro nome e il loro cognome per “essere”, “sembrare” o “diventare” – chi ce la fa – Enrico IV. Come Lo Monaco.

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