SAN MARINO – Credo proprio che questa pubblicità per invitare a visitare San Marino sia geniale ed azzeccata, e come ogni cosa vera chiede a tutti noi di farci sopra qualche ragionamento, perché non cada nel vuoto, o rimanga solo uno slogan che presto o tardi poi si dimentica. Per uno come me, che è a San Marino da molti anni, e che è sempre rimasto benevolmente colpito dall’augurio che ci accoglie quando entriamo in Repubblica, questa sottolineatura pubblicitaria che esalta l’unicità, e quindi l’originalità, di questo paese, rimane sempre una bella riflessione. A volte sembra che certi discorsi vogliano mettere da parte ciò che ci caratterizza, come se fosse segno di trasformazione positiva l’assomigliare ad altre realtà statuali (perché non siamo affatto il fanalino di coda di nulla). L’altr’anno, alla lectio magistralis in occasione dell’insediamento dei Capitani Reggenti, l’oratore, che proveniva da Malta, fece un elogio convincente della originalità e responsabilità dei cosiddetti piccoli stati, e mi è sembrato illuminante e convincente. Ed è in qualche modo l’esperienza che mi attrae in questi tempi vissuti in Repubblica. Qui capita di essere vicino a chi ci governa (ho avuto tra i miei allievi almeno uno dei Capitani Reggenti…) e di potere interloquire con facilità con coloro con cui si condividono esperienze, pur nella diversità di posizioni ideali, che non paiono, nella maggior parte dei casi, costituire obiezione a un rapporto cordiale e costruttivo. Per questo mi sembra che l’occasione delle prossime elezioni politiche possa essere spunto di dialogo, confronto, disputa che metta a tema le questioni più urgenti e dibattute perché si costruisca quel «paese unico al mondo» di cui andiamo giustamente fieri. Non è chi non veda che siamo di fronte a una situazione a dir poco drammatica, sia a livello economico che, soprattutto, valoriale. L’emergenza educativa mai come oggi chiama tutti noi ad un approfondimento della responsabilità perché il nostro Paese permanga come faro di esperienza umana e di libertà. E, parlando di educazione, non posso non ricordare che il primo valore da salvaguardare è la difesa della vita, dal suo primo istante, senza accampare ragioni, fragili e discutibili, che contrappongano il diritto del nascituro ai diritti della madre. Altre volte abbiamo ragionato di queste cose, ma credo che se abbiamo a cuore il bene della società e delle famiglie, dobbiamo essere fermi nella difesa di questi principi che sono pure stati chiamati «non negoziabili». Di fronte ad una Europa che sembra vivere di uno strano odio verso se stessa, che sta per scomparire per il rifiuto della vita, l’uccisione degli embrioni, dei disabili e degli anziani, per la distruzione della famiglia e dei valori morali e spirituali, una Europa che sembra assistere impotente alla sua decadenza, bisogna ridare vita, voce e ali alla speranza, creando luoghi che – come direbbe Calvino – nell’inferno non siano esperienze di inferno, ma di bellezza, di bontà e di verità, di accoglienza (come San Marino ha saputo fare nei tempi bui della storia). E basterebbe leggere le parole di questo scrittore per averne stimolo all’impegno che ci attende: «L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.» (Italo Calvino, Le città invisibili) E se è vero che tutte le civiltà che hanno ignorato l’eminente dignità di ogni persona umana sono scomparse, è anche vero che «quando un fuoco illumina la notte, a poco a poco gli uomini vi si radunano intorno». Il giusto dibattito in occasione delle elezioni sappia mettere a tema anche, se non soprattutto, questa urgenza, perché ne va della nostra straordinaria unicità.
Don Gabriele Mangiarotti