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“La valle dell’Eden” di Antonio Latella debutta a Bologna dal 6 al 17 novembre

da Redazione

BOLOGNA – Antonio Latella torna a collaborare con Emilia Romagna Teatro Fondazione, dirigendo uno dei capolavori della letteratura d’oltreoceano, “La valle dell’Eden” dello scrittore, Premio Nobel nel 1962, John Steinbeck. Un’opera che si pone nel solco della storia americana, per riflettere sul destino di quella umana, e che approda per la prima volta sul palcoscenico in uno spettacolo evento composto di due parti, dal 6 al 17 novembre in prima assoluta al Teatro Arena del Sole.

“La valle dell’Eden” è «la più grande storia di tutte: la storia del bene e del male – scriveva lo stesso Steinbeck in una lettera al suo editore e curatore Pascal Covici – e aggiunge – E così inizierò il mio libro indirizzato ai miei ragazzi. Penso che forse sia l’unico libro che abbia mai scritto. Penso che ci sia un solo libro per ogni uomo». Un’epopea che poggia le sue basi nella Bibbia, sul racconto di Caino e Abele, come indicano i nomi dei fratelli protagonisti del romanzo, Charles Trask e Adam Trask, che a sua volta chiama i suoi due gemelli, Caleb e Aaron. Caino è il primogenito di Adamo ed Eva, un contadino che lavora duro per rendere fertile il terreno; Abele un pastore che si prende cura del bestiame. Entrambi si sacrificano a Dio, eppure questi accetta solo gli sforzi di Abele. Caino uccide il fratello per gelosia, ricevendo in cambio la condanna a essere “fuggitivo e vagabondo”, verso Nord, “a Est di Eden”.

L’adattamento della drammaturga Linda Dalisi, costruito insieme ad Antonio Latella, si concentra sul percorso di vita di Adam Trask, figlio di un padre che lo costringe ad arruolarsi e andare in guerra, fratello in disputa nell’affrancamento dai legami familiari, poi marito desideroso del suo Eden, infine egli stesso padre di due figli. La storia, quindi, attraversa tre generazioni (nel passaggio di secolo tra ‘800 e ‘900) e si svolge per lo più nella valle del Salinas, in California, sullo sfondo dell’utopica corsa all’Ovest. Adam Trask oltrepassa i nodi cruciali dell’incontro con Cathy/Kate, dell’amicizia con il cuoco cinese Lee e Samuel Hamilton, scontrandosi e affondando nell’infinito il dilemma della lotta, interna all’essere umano, tra il bene e il male. L’indagine nella storia biblica dei nostri più remoti antenati, Caino e Abele, fino all’esilio di Caino nella “terra di Nord, a Est di Eden”, accompagna tutto il lavoro, insieme al confronto con l’eredità ricevuta e consegnata.

Nell’universo di John Steinbeck, a “Est di Eden”, titolo originale dell’opera, c’è quindi la valle del fiume Salinas, in una California che è un luogo remoto rispetto ai conflitti dell’Occidente, dove è radicata la famiglia di Samuel Hamilton, e anche luogo di approdo per la migrazione della famiglia di Adam Trask, anch’essa in marcia da Ovest a Est. Un territorio strano, che lascia percepire qualcosa di misterioso, come afferma nel testo Hamilton, contadino che conosce bene la sua terra: «C’è qualcosa di oscuro in questa valle. Non so cosa sia, ma lo sento. A volte, in un giorno così sereno che abbaglia, lo sento che oscura il sole e ne spreme la luce come fosse una spugna. C’è un’oscura violenza in questa valle».

Il lavoro teatrale approda sul palco dopo circa due anni di un’intensa ricerca svolta da Antonio Latella e Linda Dalisi e rivolta non tanto a trovare delle risposte, quanto alla formulazione di nuove domande.

«Ma perché il Dio che tutto sa creò l’imperfezione al centro del suo Eden? Solo per essere chiamato? Ma che cos’è un nome? E perché un istante dopo che si viene al mondo, ancor prima che il lamento del nascituro possa divenire parola, abbiamo bisogno di un nome? Queste stesse domande – scrive Antonio Latella – le trovo al centro di questo meraviglioso romanzo, questa epopea che non ha eguali. John Steinbeck con La valle dell’Eden segna il suo capolavoro letterario, forse perché si scontra con il solo libro capolavoro esistente, la Bibbia. Nel titolo originale East of Eden, tratto dal verso 16 del Libro IV della Genesi, Steinbeck sembra suggerire che siamo fuori dall’Eden non perché figli (del peccato) di Adamo, ma perché figli di Caino. L’Eden lo abbiamo perduto: eravamo l’Eden e ora siamo coloro che lo cercano. Ogni pagina del romanzo ci parla di creazione e di sconfitta eterna. Ogni pagina ci parla di famiglia, di padri, di figli, di fratelli, di gemelli. Ogni pagina ci dice che le madri non ci sono, le madri muoiono, le madri si suicidano, le madri rinnegano i figli e peccano, e la sola madre presente è la terra, che partorisce pietre, e che anche quando è fertile non si fa fecondare».

Steinbeck dissemina nell’opera un’infinità di rimandi, significati nascosti, slittamenti di senso che mostrano come una sorta di “albero genealogico della colpa” intervenga, con un influsso misterioso, a condizionare il presunto libero arbitrio dell’uomo. A chiudere il romanzo è infatti la voce di Adam Trask che pronuncia la parola ebraica “Timshel”, il cui significato è “tu puoi”, e che nella Genesi si riferisce proprio alla capacità dell’essere umano di scegliere, di scegliere se essere buono o cattivo: il dilemma che attraversa la vita dei personaggi.

Afferma infatti Lee, il servitore cinese di Adam Trask: «è facile, per pigrizia, per debolezza, rifugiarsi nel grembo della divinità e dire ‘Non ho potuto fare altro, la strada era segnata’. Ma pensate alla superiorità della scelta! Questo sì che fa di un uomo un uomo. Il gatto non può scegliere, l’ape deve fare il miele. Lì la divinità non c’entra».

La scelta è quindi uno dei temi fondamentali del romanzo e dello spettacolo: «Che cosa sceglie un uomo? Non è solo una questione biblica, – scrive Linda Dalisi – sulle cui pieghe non voglio addentrarmi, ma anche una questione artistica e creativa. Che cosa sceglie uno scrittore ma anche che cosa sceglie un lettore? Che cosa sceglie un regista ma anche che cosa sceglie un attore?».

Il confronto con l’opera di Steinbeck corrisponde in questo lavoro a un incontro con l’essere umano e con la bellezza del pensiero: «A ogni lettura, del romanzo come del copione – aggiunge Dalisi – è chiaro che il centro di tutto è l’Uomo».

 

Note di regia


Esiste l’Eden? È mai esistito? Esisteva l’Eden prima che l’uomo avesse il dono di dare il nome alle cose? In quell’Eden dove il giorno e la notte erano sipario di un atto creativo fuori da ogni comprensione umana, un Dio creò il Tutto, da solo lo creò. Oggi mi chiedo: “perché lo creò?”. Questa domanda è forza motrice non solo per me ma, credo, per tutti quelli che non trovano pace davanti a tanta perfezione. Eppure il Dio che tutto sa, nell’immensa perfezione dell’Eden abitata dagli innocenti, decise di creare l’imperfezione: dalla terra madre diede forma all’uomo e alla donna e solo a loro diede il dono della parola, perché questa potesse dare nome al tutto, e soprattutto potesse chiamare il suo creatore. E così fu: lo chiamarono Padre, lo chiamarono Creatore, lo chiamarono Dio Onnipotente, e da quel giorno il Dio esistette, per nascere, morire e risorgere.

Ma perché il Dio che tutto sa creò l’imperfezione al centro del suo Eden? Solo per essere chiamato? Ma che cos’è un nome? E perché un istante dopo che si viene al mondo, ancor prima che il lamento del nascituro possa divenire parola, abbiamo bisogno di un nome?

Queste stesse domande le trovo al centro di questo meraviglioso romanzo, questa epopea che non ha eguali. John Steinbeck con La valle dell’Eden segna il suo capolavoro letterario, forse perché si scontra con il solo libro capolavoro esistente, la Bibbia. Nel titolo originale East of Eden, tratto dal verso 16 del Libro IV della Genesi, Steinbeck sembra suggerire che siamo fuori dall’Eden non perché figli (del peccato) di Adamo, ma perché figli di Caino. L’Eden lo abbiamo perduto: eravamo l’Eden e ora siamo coloro che lo cercano. Ogni pagina del romanzo ci parla di creazione e di sconfitta eterna. Ogni pagina ci parla di famiglia, di padri, di figli, di fratelli, di gemelli. Ogni pagina ci dice che le madri non ci sono, le madri muoiono, le madri si suicidano, le madri rinnegano i figli e peccano, e la sola madre presente è la terra, che partorisce pietre, e che anche quando è fertile non si fa fecondare.

La sola madre possibile è la parola che si fa creazione. Ma è forse per dare continuità alla parola, che esistiamo? Per riempire quel vuoto, quella perfezione assoluta che il Dio creò? No, non credo; quella perfezione contraddittoria non è la creazione dell’uomo, ma della parola: Dio aveva bisogno dell’uomo per la parola e non si sottrasse, la creò due volte, la creò come uomo e come donna, come pensiero e come dubbio, come raziocinio e come empatia con tutto ciò che esisteva prima dell’uomo stesso. Da questa infinita coppia nacque il peccato originale. All’ombra delle porte dell’Eden, l’invenzione dell’interesse come parte di uno scambio, potrebbe essere stato il peccato originale dell’umanità, ma è solo uno degli spunti raccolti nel setacciare la parola di Steinbeck. Registicamente ho sentito il bisogno di un confronto serio e profondo con la letteratura, per capire dove è il limite tra letteratura e prosa, o meglio se esiste un ostacolo tra la perfezione di un romanzo capolavoro, come La valle dell’Eden, e l’imperfezione della creazione per il palcoscenico, dove tutto nasce per essere immediatamente dimenticato e non restare come testimonianza dell’uomo e quindi del suo Dio creatore.

Steinbeck dice: «chi scrive ha il dovere di incoraggiare, illuminare e dare sollievo alla gente». Se si può dire che la parola scritta in qualche modo sia servita allo sviluppo della specie, lo possiamo dire anche del teatro? E un regista ha lo stesso dovere di uno scrittore?

Bisogna dare il nome alle cose prima di poterne prendere nota, e bisogna che qualcuno ne prenda nota prima che le parole possano essere lette, dette, recitate, interpretate, prima che qualcuno possa farle risorgere.

Oggi so che ci vuole una buona dose di presunzione per recitare o interpretare parole che non mi appartengono, ed è per questo che scelgo un confronto con la letteratura e non con la prosa, forse per cercare un azzeramento che mi allontani dalla spettacolarizzazione della parola e mi riporti all’essenza; verso quell’atto maturo e responsabile di scegliere un nome da dare ai nostri figli, e semplicemente dirlo, o chiamarlo, lontano dalla parola recitata per giustificare il nostro mentire quotidiano.

Antonio Latella

 

John Ernst Steinbeck

 

«Per le sue scritture realistiche e immaginative, unendo l’umore sensibile e la percezione sociale acuta»: questa la motivazione che nel 1962 accompagnò il Nobel per la letteratura a John Ernst Steinbeck (1902-1968), uno dei maggiori esponenti della cosiddetta lost generation americana. John Steinbeck è nato in California, costretto ad abbandonare presto gli studi alla Stanford University per dedicarsi a piccoli lavori, diventa poi giornalista, ma sognando sempre una carriera da scrittore a New York. L’esordio narrativo è nel 1929 col romanzo La Santa Rossa, poco prima del “giovedì nero” di Wall Street. Quegli anni durissimi faranno nascere i capolavori successivi: da Uomini e topi (1937) a Furore (1939) che narra la drammatica e feroce epopea della Grande Depressione americana. La valle dell’Eden arriva nel 1952, quando Steinbeck già conosce e frequenta Hollywood. Il romanzo infatti diventa subito film, con la regia di Elia Kazan e James Dean protagonista. Nel 1960 parte con un’auto-roulotte, chiamata Ronzinante, e attraversa gli Stati Uniti insieme al suo cane Charley, un’avventura dalla quale nasce Viaggio con Charley. Continua la sua vita girovaga fino al ’66, per poi morire nella sognata New York il 20 dicembre del 1968.

 

L’ARENA DEL SOLE IN CINETECA


Il petroliere (There Will Be Blood, USA/2007, 158′)

di Paul Thomas Anderson

con Daniel Day Lewis

introduce Sergio Lo Gatto

giovedì 7 novembre, ore 18.30 – Teatro Arena del Sole

 

CONVERSANDO DI TEATRO


In occasione delle recite de La valle dell’Eden, la Compagnia incontra il pubblico per approfondire i temi dello spettacolo. Conduce Marzio Badalì

Ingresso libero fino a esaurimento posti

giovedì 14 novembre, ore 18.30 – Teatro Arena del Sole

 

LETTURA A PUNTATE


Ultimo appuntamento del ciclo di lettura a puntate dedicata al romanzo “La valle dell’Eden”. Sedici incontri da gennaio fino a novembre 2019 per la lettura integrale del testo con gli attori dello spettacolo, tutti insieme in occasione della conclusione.

 

A Est dell’Eden


leggono Michele Di Mauro, Christian La Rosa, Emiliano Masala, Candida Nieri, Annibale Pavone, Massimiliano Speziani, Elisabetta Valgoi

Informazioni:

Teatro Arena del Sole, via Indipendenza 44 – Bologna

Prezzi dei biglietti Sala Leo de Berardinis: da €10 € a € 25 più prevendita

biglietteria tel. 051 2910910 – biglietteria@arenadelsole.it, bologna.emiliaromagnateatro.com


Tournée 2019/2020

 

dal 20 al 24 novembre 2019, Teatro Metastasio – Prato

dal 27 all’1 dicembre 2019, Teatro Morlacchi – Perugia

dal 5 al 15 maggio 2020 – Teatro Argentina – Roma

 

Info

 

http://emiliaromagnateatro.com/

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