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Visto per voi: la recensione di “Scrooge” di Fanny & Alexander

da Redazione

Questo “zio Paperone” evidenzia, nei 50 minuti di durata, più di un criticità: non poetica – sia Marco Cavalcoli che Chiara Lagani sono obiettivamente bravi – ma di realizzazione dell’idea.

 

di Alessandro Carli

 

LONGIANO – Dopo l’interessante “Discorso Grigio”, lavoro imperniato sull’esplorazione delle forme e le retoriche degli interventi politici ufficiali, Fanny & Alexander proseguono il percorso “sui colori” e venerdì scorso hanno dato alla platea del Petrella di Longiano “Scrooge”, monologo allargato a due persone (Marco Cavalcoli e la vocalist Chiara Lagani) sul ruolo del denaro nella società.

Presentato con l’erroneo sottotitolo “studio per Discorso Verde” – quando si porta in scena un lavoro e si mette un prezzo di ingresso non esistono “studi” ma spettacoli -, questo “zio Paperone” evidenzia, nei 50 minuti di durata, più di un criticità: non poetica – sia Marco che Chiara sono obiettivamente bravi – ma di realizzazione dell’idea. Un po’ musical, un po’ performance, il testo si focalizza, in un gioco di doppiaggio tra le immagini proiettate su un piccolo, circolare monitor posizionato sopra la testa di Cavalcoli, sulla figura del “tirchio” e ricchissimo Scrooge, in bilico tra un Frank Sinatra e un cabarettista, che dà lezioni di economia ai tre nipotini Qui, Quo e Qua.

Voci (quelle di Chiara, straordinaria quando fa la bambina, e di Marco, che alterna ottime interpretazioni a qualche caduta) non sempre sincronizzate sulle immagini, sorrette da un interessante tessuto sonoro che riesce a “limare” e limitare le imperfezioni.

Poco convincente la scelta di proiettare la traduzione di alcune parole inglesi (a teatro non è necessario spiegare ogni frame), così come quella di utilizzare due cliché abbastanza ritriti, quelli di “Mr. Fiat” Agnelli (con tanto di “evve” moscia) ma soprattutto quello di Silvio Berlusconi, “dipinto” (e vocalmente imitato) nel suo incontro con Ruby.

Sullo sfondo, quel “Canto di Natale” di Dickens, testo (iniziale) che diventa pre-testo di analizzare la sete di potere dell’uomo, che si trasforma piano piano dapprima in un sussurro, e poi in un lieve belato.

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