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Tagli dei tassi all’orizzonte?

da Denis Manzi

Negli investimenti finanziari, un po’ come succede in tanti ambiti della vita, raramente vi sono situazioni di bianco o di nero, mentre molto più frequentemente ci troviamo di fronte a sfumature di grigio, che richiedono di ragionare in termini relativi piuttosto che assoluti. In effetti, la maggior parte degli investitori di qualunque ordine e grado, ad esclusione di coloro focalizzati su una determinata asset class o sub-asset class, detengono, volenti o dolenti, una qualche forma di portafoglio bilanciato, con esposizione diversificata e graduata a differenti fattori di rischio, con quelli tipici dei mercati azionari e dei mercati obbligazionari a fare la parte del leone. In tal senso le scelte che come investitori siamo chiamati a fare, il più delle volte, ricadono nella definizione di quale peso assegnare alla componente azionaria e quale peso assegnare a quella obbligazionaria, mantenendo entrambe entro determinati range stabiliti in sede di costruzione dell’asset allocation strategica.

È proprio per questa ragione che le decisioni di allocazione debbano il più delle volte basarsi sul valore relativo delle diverse asset class (l’asset class X offre maggiore valore rispetto all’asset class Y) e non su quello assoluto (l’asset class X è molto attraente o molto cara).

Risulta pertanto fondamentale, in considerazione di quanto scritto in precedenza, effettuare delle valutazioni circa l’attrattività relativa di azionario e obbligazionario.

Se è vero che, negli anni successivi alla grande crisi finanziaria del 2008 sino in buona sostanza al 2022, le condizioni di mercato, condite da repressione finanziaria ricercata dalle principali banche centrali per stimolare l’economia e che ci hanno fatto convivere con il paradosso di tassi di interesse a zero o negativi rendevano complicato trovare valore in asset class caratterizzate da rendimenti reali positivi e basso rischio (con rischio inteso in termini di volatilità), le fiammate inflazionistiche presentatesi nel periodo post-pandemico hanno riportato una sorta di normalità nelle condizioni finanziarie, che ora vedono tassi di interesse positivi su tutti i punti della curva. In ragione di ciò, nel contesto attuale, gli investitori non si ritrovano più “costretti” a spostare l’asticella del rischio sempre più in alto, magari a livelli per i quali non vi è appetito, nella speranza di ottenere qualche briciola in più di rendimento rispetto ad investimenti che sarebbero maggiormente adatti in termini di propensione al rischio e tali dinamiche risultano ulteriormente rafforzate da una situazione che vede, in termini relativi, i mercati obbligazionari trattare a valutazioni migliori rispetto ai mercati azionari (grafico valore relativo azionario/obbligazionario).

Grafico valore relativo azionario obbligazionario: valori più bassi indicano valutazioni più attrattive per i mercati obbligazionari rispetto a quelli azionari, e viceversa. Fonte: elaborazione BSM su dati Bloomberg al 24/4/2024

Ora, sostanzialmente tutti gli investitori soffrono di bias comportamentali e la c.d. recency bias (la tendenza a enfatizzare troppo le esperienze più recenti) invita gli stessi a credere che i livelli attuali dei tassi di interesse saranno destinati a non durare ed a tornare per forza ai livelli precedenti al 2022. Sebbene nessuno sia in grado di prevedere il futuro e se pur vero che le curve dei tassi di interesse dovranno normalizzarsi (disinvertendosi) la sensazione che presto ci troveremo di nuovo in uno scenario di tassi a zero o negativi difficilmente troverà riscontro in un contesto non estremo, in quanto era proprio quello il paradosso, e non la situazione attuale.

Volendo infatti trovare riscontro in quanto si scrive e senza il bisogno di scomodare modelli estremamente complessi, è empiricamente provabile come i tassi di interesse a medio-lungo termine, come ad esempio il punto a 10 anni della curva, sia solitamente ben correlato – nella tendenza – alla crescita del PIL nominale e la crescita attuale del PIL nominale di USA ed Eurozona, che si mantiene a valori ben distanti dallo zero, ci rassicura in tal senso (grafico PIL nominale US vs. rendimento 10y US  e grafico PIL nominale Germania vs. rendimento 10y titolo di stato tedesco).

Grafico PIL nominale US vs. rendimento 10y US. Fonte: elaborazione BSM su dati Bloomberg (aggiornati a fine 2023)
Grafico PIL nominale Germania vs. rendimento 10y titolo di stato tedesco. Fonte: elaborazione BSM su dati Bloomberg (aggiornati a fine 2023)

COME SI SONO COMPORTATI I MERCATI FINANZIARI NELL’ULTIMO PERIODO?

Dopo il primo trimestre dell’anno che si era concluso registrando performance decisamente buone, appariva molto probabile che avrebbe potuto manifestarsi un aumento della volatilità ed in effetti il mese di aprile, con la complicità dell’accentuazione delle tensioni geopolitiche in medio-oriente, con le schermaglie tra Iran ed Israele che si è aggiunta ad una situazione di valutazioni abbastanza tirate specialmente sull’azionario ed alla sempre maggiore presa di coscienza da parte degli investitori di come le politiche  monetarie non diverranno immediatamente espansive, ha visto un aumento del nervosismo, che ha portato il  primo mini drawdown sui mercati (tabella drawdown S&P500),  che è tuttavia risultato decisamente minore del drawdown medio a cui i mercati annualmente vanno incontro. 

Tabella drawdown S&P500: per ogni anno, dal 1928, viene illustrato il massimo drawdown infrannuale dell’indice azionario S&P500 e la performance dell’anno. Fonte: Charlie Bilello, con dati aggiornati al 19 aprile 2024

Ad ogni modo, le performance di mercato, sebbene il settore obbligazionario continui a non brillare, non segnalano al momento particolari livelli di tensione (tabella performance).

Quali sono stati gli eventi più significativi dell’ultimo periodo? 

Sul fronte banche centrali, come da attese la BCE ha lasciati invariati i tassi di interesse (al 4% sui depositi ed al 4,5% sulle aste di rifinanziamento principali) segnalando tuttavia come già a giugno potrebbe iniziare ad abbassarli, in ragione di livelli di inflazione in calo e crescita economica stagnante. La FED, che si riunirà il 1° maggio (giorno successivo a quello della chiusura di questo pezzo) dovrebbe lasciare invariata la politica monetaria e potrebbe lasciarla ancora per diversi mesi, anche in considerazione del fatto che i livelli inflativi mostrano ancora segnali in chiaro-scuro. I mercati, in effetti, scontano al momento per gli USA ribassi dei tassi di interesse – attualmente nel range 5,25%-5,5% – di appena 32 punti base, mentre a fine 2023 ne scontavano ben 154 (grafico aspettative tassi)!

Grafico aspettative tassi FED: confronto tra le aspettative sui tassi a fine aprile ’24 e fine dicembre ‘23. Fonte: elaborazione BSM su tassi impliciti nei FED Funds Futures

Per quanto riguarda invece il contesto macroeconomico, da segnalare la pubblicazione dei dati sulla crescita del PIL nel primo trimestre, con gli USA che hanno registrato una crescita a ritmo calante, con un +1,6% annualizzato rispetto al trimestre precedente che, sebbene si confermi un buon dato, è risultato appesantito dai dati sull’inflazione, che rimane ancora superiore al 2%. In Eurozona, invece, il PIL per il primo trimestre ha visto una crescita dello 0,3% (+1,2% annualizzato) rispetto al trimestre precedente.

Infine, circa la salute del mondo corporate, la pubblicazione degli utili del primo trimestre sta mostrando segnali tutto sommato interessanti. A titolo di esempio, infatti, con circa la metà delle aziende incluse nell’indice azionario S&P500 che hanno rilasciato i risultati, si apprende sia utili che ricavi siano cresciuti tra il 3,5% ed il 4%, con il settore tecnologico a fare la parte del leone.

QUAL È LA CONDIZIONE DI SALUTE DELL’ECONOMIA GLOBALE?

Il contesto macroeconomico, sul fronte della crescita, rimane tutto sommato positivo e non si notano particolari crepe nelle principali aree geografiche, con l’America che continua a mostrare segnali di forza ed anche la zona euro che registra una tendenza in miglioramento

Segnali positivi continuano ad arrivare anche dalla Cina, dove il peggio sembra ormai alle spalle ed è quindi lecito attendersi un rimbalzo dell’attività (grafico PMI composito Cina).

Grafico PMI composito Cina: valori superiori ai 50 punti segnalano fasi di espansione. Fonte: elaborazione BSM su dati Bloomberg

Permangono tuttavia dubbi sulla traiettoria dei livelli inflativi che, soprattutto in America, stanno tardando a rientrare all’interno dei range desiderati dalla banca centrale (grafico inflazione USA). Non giocano in questo senso a favore le tensioni geopolitiche tutt’ora in corso, che stanno contribuendo a mantenere decisamente sostenuti i prezzi delle materie prime energetiche, in rialzo da inizio anno. 

Grafico inflazione USA: andamento dell’inflazione PCE core negli USA. Fonte: elaborazione BSM su dati Bloomberg

QUALI SARANNO GLI EVENTI DA MONITORARE NEL PROSSIMO PERIODO?

Il mese di maggio, dopo la decisione della FED nel primo giorno del mese, non vedrà altre decisioni di politica monetaria da parte delle principali banche centrali, per le quali occorrerà attendere il mese di giugno, mese durante il quale potremmo assistere ad un ribasso dei tassi da parte della BCE e ad un rialzo dei tassi da parte della Bank of Japan.  Una FED immobile ed una BCE che invece sembra potersi permettere di agire prima sulla leva dei tassi, dovrebbe contribuire al mantenimento di un Dollaro forte rispetto alla moneta unica.

Uno sguardo sempre attendo andrà rivolto al contesto geopolitico, con i conflitti in Ucraina ed Israele che potrebbero sempre portare a sorprese inaspettate ed alla conclusione della stagione degli utili del primo trimestre, che tuttavia non dovrebbero riservare novità particolari.

Rimarrà invece alta l’attenzione sul monitoraggio delle riserve bancarie negli USA, dinamica questa che permetterà di capire come e se continuerà il processo di riduzione del bilancio della FED, la banca centrale americana. Infatti, come già sottolineiamo da alcuni mesi, sotto a determinati livelli di riserve, gli ingranaggi del sistema finanziario iniziano a scricchiolare ed in tal senso appare pertanto utile monitorare la dinamica di calo degli attivi parcheggiati nella “reverse repo facility” (grafico reverse repo) della FED, in quanto un ritorno verso lo zero potrebbe essere sintomo di una imminente fine del processo di riduzione del bilancio. In questo contesto, il recente rialzo dei tassi di interesse anche sulla parte a breve della curva, potrebbe giocare a sfavore, spingendo gli attori istituzionali ad acquistare direttamente titoli di stato e drenando quindi riserve dai bilanci bancari. 

Grafico reverse repo: ammontare parcheggiato nella reverse repo facility della FED in miliardi di dollari. Fonte: elaborazione BSM su dati Bloomberg al 27/03/2024

COSA CI DICONO LE VALUTAZIONI ATTUALI DEI MERCATI FINANZIARI E COSA È LECITO ATTENDERSI NEL MEDIO PERIODO?

Come sempre risulta importante dare uno sguardo alle valutazioni delle principali categorie di investimento, in quanto nel medio-lungo periodo la performance dei mercati è fortemente correlata alle valutazioni presenti al momento dell’investimento (più basse sono le valutazioni più elevato è il rendimento prospettico e viceversa).

La tabella valutazioni ci mostra livelli sostanzialmente stabili rispetto allo scorso mese un po’ su tutte le classi di investimento, con le valutazioni sul mercato azionario e sull’obbligazionario con maggiore rischio di credito decisamente non a buon mercato. Anche il segmento Investment Grade, con valori leggermente sopra alla mediana di lungo periodo, inizia ad essere abbastanza tirato, sebbene offra ancora un discreto valore.

Tale analisi ci conferma come le performance attese nel medio periodo non siano, partendo dai livelli attuali, così allettanti sulle classi di attività più volatili.

COME ANDRANNO QUINDI GESTITI I PORTAFOGLI NEL PROSSIMO PERIODO? 

Lo scorso mese scrivevamo che su un orizzonte temporale di breve periodo il trend in corso lasciava ancora   un po’ di spazio per ulteriori rialzi ma che dall’altro lato fosse abbastanza palese come i mercati finanziari (in special modo l’azionario ed il segmento del credito di quello obbligazionario) apparissero alquanto tirati (e pertanto soggetti ad una inversione di tendenza) , che poteva altresì essere amplificata dai flussi di investimento trimestrali che i grandi investitori istituzionali eseguono sul finire di ogni trimestre, andando a vendere le classi di investimento che hanno performato meglio e comprando quelle che hanno performato peggio, per riportare i pesi di portafoglio in linea ai dettami delle rispettive asset allocation strategiche.

Effettivamente, il leggero aumento della volatilità e la negatività registratasi durante la prima parte del mese, hanno contribuito a ridurre leggermente la condizione di “tiraggio” del mercato, ma non hanno sicuramente fornito un segnale forte per potenziali riposizionamenti aggressivi sulle asset class più rischiose. Anzi, la concorrenza dei tassi offerti dal mercato obbligazionario con basso rischio di credito, in aggiunta alla pienezza delle valutazioni sulle asset class più rischiose ed a livelli di volatilità implicita che rimangono a valori inferiori alle medie di lungo periodo, fanno propendere per un approccio difensivo e prudente, suggerendo, agli investitori che ne hanno la possibilità operativa, di acquistare protezione agli attuali livelli (grafico Z-Score del Equity Put/Call ratio).

Grafico z-score del Equity Put/Call ratio: valori in deviazioni standard rispetto alla media degli ultimi 10 anni (più alti indicano maggiore richiesta di opzioni PUT rispetto ad opzioni CALL). Fonte: elaborazione BSM su dati Bloomberg al 26/04/2024, dati su base settimanale  

Considerato il tutto a 360 gradi, per il prossimo periodo in dettaglio si consiglia di:

1 – Mantenere l’esposizione all’azionario nella parte bassa del range stabilito in sede di asset allocation strategica;

2 – Mantenere l’esposizione all’obbligazionario con rischio di credito a livelli leggermente inferiori rispetto al peso stabilito in sede di asset allocation strategica;

3 – Aumentare l’esposizione all’obbligazionario privo di rischio di credito portandola leggermente sopra al peso stabilito in sede di asset allocation strategica.

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