Home Dal giornale La “Durata ragionevole del processo” va in Aula

La “Durata ragionevole del processo” va in Aula

da Alessandro Carli

Il progetto di legge in materia di “Disposizioni in materia di durata ragionevole del processo ed equa riparazione”, presentato in I lettura nella seduta del Consiglio Grande e Generale, è volto a dare concreta attuazione al principio di ragionevole durata del processo.

L’articolo 1, si legge nella relazione del Segretario di Stato Ugolini, “pone in capo allo Stato l’obbligo generale di adottare i rimedi effettivi per assicurare la ragionevole durata del processo e in capo al la parte il dovere di esperire i rimedi preventivi alla violazione della ragionevole durata. Soltanto le parti che, pur avendo esperito i rimedi preventivi, abbiano subito un irragionevole ritardo nella definizione del procedimento che li riguarda, avranno diritto ad un’equa riparazione. Infatti l’esperimento di detti rimedi è condizione di ammissibilità della domanda di equa riparazione. In questo modo il progetto contempera, da un lato, il diritto delle parti alla ragionevole durata e dall’altro l’effettiva intenzione delle stesse ad avvalersi di detto diritto con comportamenti processuali diligenti. I rimedi preventivi variano a seconda della tipologia del rito. Nei processi penali e amministrativi il rimedio preventivo consiste in un’istanza di accelerazione – da parte, nel primo caso, dell’imputato o della parte civile e nel secondo caso del ricorrente o del controinteressato – proponibile almeno sei mesi prima che siano decorsi termini di ragionevole durata. Per quanto attiene ai giudizi civili, invece, l’adempimento atto a garantire la ragionevole durata è duplice: alle parti spetta proporre istanza di accelerazione; mentre il Giudice – in parziale mitigazione del principio dispositivo – adotta officiosamente, sentite le parti, ogni provvedimento necessario all’effettiva accelerazione del processo, anche in deroga alle ordinarie cadenze temporali del rito.

Disposizione comune a tutte le tipologie del rito è quella prescritta al comma 6: il Giudice che riceve l’istanza di accelerazione deve darne tempestiva comunicazione al Magistrato Dirigente, il quale ha potere di sorveglianza, e altresì provvedere all’effettiva accelerazione del processo nel rispetto dei termini.

L’articolo 2 individua i termini di ragionevole durata, nei singoli gradi, per i giudizi civili, penali e amministrativi. Tuttavia, nonostante ogni rito debba celebrarsi nella durata così prescritta, il comma sesto introduce una deroga generale per effetto della quale si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni per i giudizi civili e penali e a tre anni per i giudizi amministrativi. Va comunque considerato che il Giudice chiamato a decidere circa il rispetto della ragionevole durata dovrà valutare altresì la complessità del caso, l’oggetto del procedimento e il comportamento delle parti, del giudice, di ogni soggetto chiamato a concorrere e a contribuire nella definizione del giudizio. Infine, ai fini del computo della ragionevole durata, si individuano sei casi in cui il computo della ragionevole durata è sospeso.

Infine, l’articolo 10 introduce il termine massimo di sei mesi, decorrenti dalla richiesta della Segreteria di Stato per gli Affari Esteri, entro il quale se alle richieste per vie diplomatiche di assunzione di prove all’Estero in Stati con i quali non esistono Convenzioni internazionali o multilaterali che autorizzino le autorità giudiziarie a dialogare direttamente non sia pervenuta risposta, il Giudice può disporre, sentite le parti, l’apertura del successivo termine di prova.

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