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“Azionario, rally infinito oppure derisking?”

da Redazione

Volge al termine il primo semestre di questo 2024 con mercati finanziari a due velocità; se dal lato azionario l’andamento è ancora molto positivo, quello obbligazionario risulta ancora in sofferenza.

Nel mese di maggio gli indici azionari hanno visto Europa e America continuare a ben performare mentre, dopo gli ottimi andamenti degli ultimi mesi, hanno tirato il fiato Giappone e mercati emergenti.

Positive le materie prime con l’oro sui massimi per effetto degli acquisti delle Banche Centrali Asiatiche e in particolare della BPC che sta progressivamente vedendo Treasury e acquistando oro, in quella che assume sempre più i contorni di una guerra commerciale tra le due super potenze politico-economiche.

Se allarghiamo lo spettro temporale ci accorgiamo che dall’inizio di novembre gli indici azionari (americani ed europei) hanno registrato un rialzo che per entità e rapidità è tipico delle fasi post-recessive; con un movimento caratterizzato da una concentrazione senza precedenti in pochi titoli, specie del settore tecnologico.

Tipico di situazioni analoghe di sentiment positivo, risk on e polarizzazione del posizionamento, complice anche il periodo di blackout del riacquisto di azioni proprie sul mercato americano, i mercati hanno poi cercato nel mese di aprile un pretesto per scaricare gli eccessi di breve; pretesto trovato nelle tensioni geopolitiche in Ucraina e Medio Oriente e nel cambio di narrativa relativamente alle dinamiche inflazionistiche, salvo poi, complice anche la reporting season in linea o sopra le attese, riprendere la corsa verso i massimi storici per tutti gli indici azionari delle principali borse mondiali (UE e USA in testa).

Come detto, il movimento in corso è sempre contraddistinto da una forte concentrazione; il contributo alla performance dello SP500 proviene per circa il 50% dalle 7 grosse capitalizzazioni al cui interno spicca la contribuzione di NVDIA.  A questo punto sono sostanzialmente due i motivi di preoccupazione nei confronti del rally del mercato azionario: i tassi higher for longer e il fatto di essere già sui massimi. Ma, a patto che ci sia crescita, quindi scongiurata la stagflazione, nella storia nessuno di questi due scenari ha precluso ai mercati di salire.

Con un’economia statunitense solida, un’area euro che mostra segnali di ripresa e una Cina che prova a risolvere i propri punti deboli, gli ingredienti sembrano esserci tutti e senza nemmeno scomodare le grandi trasformazioni in atto che traineranno l’economia globale nei prossimi anni.

Con riguardo alla polarizzazione della crescita, la concentrazione in pochi titoli è un fenomeno che caratterizza l’economia americana. Le 10 maggiori aziende quotate a Wall Street da sole hanno un peso pari al 34% dell’indice principale (S&P 500). Non era mai capitato nella storia che dieci sole aziende arrivassero a valere così tanto rispetto a tutte le altre quotate. Neppure ai tempi della bolla tech di inizio secolo 10 aziende erano riuscite a superare il 30% del valore totale dell’indice.  Nel solo primo trimestre del 2024 Alphabet, Amazon, Meta, Apple, Microsoft e Netflix messe insieme hanno prodotto 94,3 miliardi di profitti netti, contro i 67,8 del primo trimestre 2023.  Pesano tanto nell’indice S&P 500, certo, ma pesano tanto anche nel monte utili di Wall Street: secondo i dati di JP Morgan AM, le 10 maggiori aziende di Wall Street da sole producono quasi il 25% del totale profitti di tutto l’indice S&P 500. E la rivoluzione dell’intelligenza artificiale offre grandi promesse per il futuro. 

I multipli di Borsa sono molto elevati, certo: guardando ai profitti attesi, il rapporto tra prezzo e utili varia dalle 41 volte di Amazon, alle 36 di Nvidia alle 23 di Meta. In media i prezzi di Borsa girano intorno alle 30 volte gli utili, contro le 18 volte delle altre 490 aziende dell’indice S&P 500.

In questo quadro, elementi di preoccupazione risiedono principalmente nella natura stessa del movimento, l’elevata concentrazione lo renderebbe più vulnerabile in caso di eventuali variabili esogene quali: la situazione geopolitica, l’entità del rallentamento (hard landing, soft landing, no landing!!), l’inflazione e lo scenario della stagflazione, con conseguenze sulla politica monetaria delle banche centrali.

A differenza delle azioni, il mercato obbligazionario, registra da inizio anno una performance negativa: i governativi dell’area euro presentano una performance di -0,5% sulla parte breve, -1,5% sul 5yrs e -2,5% sul tratto 10yrs. Meglio si sono comportate le obbligazioni societarie, sia IG che HY, con spread di credito che oggi non sono molto distanti dai minimi registrati negli ultimi anni e che vediamo difficilmente comprimibili ulteriormente.

Il 6 giugno u.s. come ampiamente atteso dai mercati, la BCE ha tagliato i tassi di un quarto di punto percentuale, portando il tasso sui depositi dal 4,0% al 3,75%, quello sulle di riferimento dal 4,50% al 4,25% e quello sui prestiti marginali dal 4,75% al 4,50 per cento. Sono state però riviste al rialzo le previsioni sull’inflazione. Anche se la BCE si dichiara data driven è difficile immaginare una eccessiva divaricazione tra i tassi americani e quelli europei, se non altro per le ovvie ripercussioni sul cambio che determinerebbe un apprezzamento del dollaro contro l’euro con il conseguente incremento del costo delle importazioni europee e i relativi effetti sull’inflazione nel vecchio continente.

La nostra view vede mercati azionari ancora supportati da economie in buona salute e da utili aziendali che, salvo rare eccezioni, si mantengono tonici; le incognite che ci portano ad essere prudenti risiedono essenzialmente nel posizionamento ancora molto concentrato che potrebbe creare volatilità in caso di eventi esogeni. Continuiamo ad essere positivi sul mercato azionario americano, su quello europeo, (finanziari, fashion e utilites), sul mercato giapponese. Tra gli emergenti sottopesiamo la Cina a favore dell’India.

Sulle obbligazioni preferiamo i governativi con scadenza breve (max 3 anni); per aumentare la reattività del portafoglio in ipotesi di taglio tassi suggeriamo un incrementale aumento della duration. Sulle valute riteniamo lo yen sottovalutato rispetto a tutte le altre divise.  Pensiamo in una fase di incertezza come quella in corso sia necessario costruire posizioni sulla volatilità. Accumuna tutto il mercato americano un Vix ampiamente compresso, questi valori ridotti periodicamente rappresentano la condizione per spyke improvvisi e micro correzioni degli indici.

Rimaniamo positivi circa il graduale posizionamento sullo steepening della curva americana non coperto dal rischio di cambio.

Cristian Ceccoli, Direttore Generale NT Capital SG S.p.A.

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