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Itinerari: Borghetto sul Mincio, il Parco Sigurtà e … i tortelli di Valeggio

da Daniele Bartolucci

Storia, natura e gastronomia: gli ingredienti per la classica escursione di due giorni ci sono tutti, ma in pochi altri luoghi si esaltano l’un l’altro come a Valeggio sul Mincio, a due passi da Verona e a meno di tre ore dalla Riviera Romagnola.

Sicuramente Borghetto sul Mincio era già famoso prima, così come il Parco Sigurtà, ma negli ultimi anni questo piccolo Comune del veronese ha scoperto un’identità turistica eccezionale, capace di trainare con sé commercio, gastronomia ed eventi culturali. Un collante straordinario è sicuramente il “Tortello di Valeggio”, o meglio, i Tortelli: perché passeggiando per le strade sembra quasi ci sia una sfida – o disfida, se vogliamo restare nel linguaggio medievale, a cui ispira il Castello Scaligero che domina ancora dall’alto tutto quanto – tra ristoratori, commercianti, fornai, “sfogline” e negozianti. Tutti con la loro ricetta segreta e il loro menu degustazione, da assaggiare sul posto o da portare a casa. Ce n’è di tutti i tipi e per tutti i gusti. Tanta varietà e tanta abbondanza significano solo due cose: o gli abitanti del luogo mangiano Tortelli anche a colazione, o tantissima gente viene qui per deliziarsi con questa specialità.

Ma oltre alla buona cucina (e all’ottimo vino, che qui ha tradizioni secolari d’eccellenza) c’è anche molta “sostanza”: il Castello Scaligero, con le sue caratteristiche forme, vale sicuramente la breve ma intensa salita a piedi per raggiungerlo, giusto un po’ di fatica per gustarsi appieno il panorama e scendere poi a Borghetto.

Un luogo magico, che nonostante la modernità di alcuni edifici e delle nuove attività che vi si sono insediate, racconta ancora tutta la storia di questi luoghi e del rapporto tra l’uomo e il fiume Mincio: un confine naturale, quindi motivo di dazi e gabelle per attraversarlo, ma anche forza motrice, per i mulini che ancora si possono vedere e visitare, fino a fonte di sussistenza, con l’attività della pesca che era fiorente fino al secolo scorso almeno.

Dopo questo “bagno” nella storia, con la mente che viaggia ancora tra le tante battaglie per la conquista del Borghetto, tra i suoi dei commerci odierni e delle produzioni del passato, occorre una pausa. Occorre un altro tipo di “immersione”, questa volta nella natura, non selvaggia, ma armoniosa e accogliente. Questa la sensazione che si prova entrando nel Parco Sigurtà, eletto nel 2013 il Parco più bello d’Italia.

Un’oasi naturalistica di 600.000 metri quadrati circondata dalle colline moreniche, premiata nel 2023 con il Garden Tourism Award dal Garden Tourism Network come tra i giardini più meritevoli di visita al mondo. Ma “meritevole” non basta a definire l’esperienza, o le esperienze che si possono vivere all’interno. Ci si può perdere nel Labirinto o nello scoprire tutti i 18 laghetti dislocati nelle varie aree tematiche, oppure farsi trasportare in un sogno bucolico dalle infinite varietà di piante e fiori presenti, oppure, ancora, camminare su soffici manti erbosi che sembrano non finire mai. Qui il tempo e lo spazio assumono valori differenti e sembrano seguire dinamiche tutte loro, ma si coglie ovunque e profondamente il messaggio che Giuseppe Carlo Sigurtà volle dare al mondo e che ancora sembra esprimere dall’alto della collina centrale dove è stata posizionata la statua in suo onore: questo è un dono all’umanità, abbiatene rispetto e cura. Fu infatti il celebre imprenditore farmaceutico milanese, una volta acquistato d’impulso avendolo visitato una sola volta e quasi per caso, ad aprire il Giardino al pubblico. Era il 19 marzo 1978, dopo quasi sei secoli di evoluzione continua: dall’iniziale nucleo di fattorie del 1407 acquistate da Gerolamo Nicolò Contarini, passato di proprietà alla famiglia Guarienti che ampliò la coltivazione di foraggi con zone dedicate al frutteto, all’orto e al bosco, quindi acquistato dalla famiglia Maffei, che iniziò a cambiarne aspetto e funzioni, anticipando ciò che sarebbe avvenuto nel 1792, quando il marchese Antonio Maffei, assistito dal poeta Ippolito Pindemonte, decise di trasformarlo in un giardino romantico all’inglese, caratterizzato dall’accostamento di elementi naturali e artificiali, molti dei quali ancora presenti oggi. Insieme a tanti altri, più recenti: tutti visibili, fruibili e ovviamente fotografabili, ma a piedi o in bicicletta. Al massimo, per i più pigri o per chi ha bambini piccoli, con le golf cart elettriche e con il caratteristico trenino panoramico.

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