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Le disattenzioni per non pensare

da Simona Bisacchi

Per i latini “peccare” significava mettere un piede in fallo, commettere quindi un errore.

Nella convinzione che il peccato coincida con un’occasione persa – qualcosa che potevamo fare, e fare bene, ma alla fine abbiamo eseguito male o non eseguito proprio – annovero tra i peccati la “distrazione”. E nemmeno tra i veniali.

“Ieri mi sono comportata male nel cosmo. Ho passato tutto il giorno senza fare domande, senza stupirmi di niente”, inizia così la “Disattenzione” della poetessa polacca Wislawa Szymborska (1923-2012), premio Nobel per la letteratura nel 1996.

Si è disattenti per mancanza di tempo. Per mancanza di voglia. Per mancanza di conoscenza di sé. Di quali siano le proprie priorità. I gesti di valore e quelli del tutto trascurabili. Ma anche per mancanza di discernimento, che ci fa eleggere a fondamentali situazioni di poca importanza, finendo per tralasciare attimi e situazioni che non torneranno più.

I primi bersagli – inconsapevoli – della nostra distrazione sono le persone che ci stanno vicino. I bambini, i coniugi, gli amici sinceri, la nonna, i genitori: il primo passo da fare è verso di loro. Non un passo verso quello che loro pretendono da te, ma un passo che ti dia tempo per ascoltarli, per capirli, perché “dopo”, “tra qualche anno”, “un giorno” sarà tardi: loro avranno altri interessi, assumeranno altri modi di dire e di fare, saranno abituati a non averti accanto e non vi intenderete più.

Che peccato!

Siamo così distratti da non accorgerci delle bellezze su cui quotidianamente inciampiamo. Il “gioco della settimana” disegnato dai bambini sull’asfalto. Un rimedio che arriva un attimo prima della disfatta. L’entusiasmo che ti rianima a un passo dalla disperazione. La parola di conforto che ti illumina quando credevi di non averne bisogno. “Il savoir vivre cosmico, benché taccia sul nostro conto, tuttavia esige qualcosa da noi: un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal e una partecipazione stupita a questo gioco con regole ignote” (“Disattenzione” di Wislawa Szymborska).

In mezzo a problemi e tragedie, tra imprevisti e preoccupazioni, si cercano distrazioni per non pensare, per sollevarsi almeno un attimo dal peso dell’esistenza. Ma guardare da un’altra parte non è utile e rigenerante quanto guardarsi schiettamente in faccia, prendersi in mano per cercare di non essere un problema per chi ci sta accanto, e capire che per quanto sofferenti non si è inermi. C’è comunque una possibilità di azione. Puoi fare una scelta di coraggio, o di miseria. Una scelta di condivisione, o di convenienza. Ma prima o poi arriva il momento in cui è necessario fare una scelta di vita, invece che di potere. E accettare di sembrare qualcosa di meno, per vivere qualcosa di più. Più importante. Più arricchente. Più difficile, forse, ma anche più denso di progressi e scoperte.

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