Home Dal giornale Assieme a Federica Baldani alla (ri)scoperta de “E salterel sammarines”

Assieme a Federica Baldani alla (ri)scoperta de “E salterel sammarines”

da Alessandro Carli

L’aia era lo spazio attorno alle case coloniche e non rappresentava solamente un luogo di lavoro – i contadini “battevano il grano”, si essiccavano i cereali e vi si lavoravano anche gli altri prodotti della terra ma anche di svago, soprattutto in estate. Mentre nelle fredde serate invernali ci si riuniva nelle stalle a “fare filò” (quindi a chiacchierare ma anche a “filare”), era il momento in cui la persona più anziana tramandava ai giovani gli usi, le memorie e “le arti” per essere un bravo contadino: un momento di aggregazione sociale ma anche di mantenimento in vita della cultura contadina. Nella bella stagione si stava all’aperto e l’aia veniva anche usata come pista da ballo. Tra le usanze e i costumi della prima metà del Novecento c’era anche quella del “salterello”. O meglio, quella de “E salterel sammarines”, per dirla come veniva detta ai tempi. “Si ballava nei giorni di festa, dopo la trebbiatura, dopo aver scartocciato le pannocchie e dopo la vendemmia” spiega Federica Baldani, collaboratrice del Consorzio Terra di San Marino.

Il salterello del Titano assomiglia alla lontana alla “Furlana” ma possiede una forma musicale tutta propria nonché figure di ballo che si differenziano da qualsiasi altra danza. L’origine del “salterello sammarinese” è antichissima, costituita da poche ma ben costumate figure dalle quali risalta evidente il carattere mite e forte del popolo sammarinese. Il salterello si scrive in misura Sestupla di Crome (6/8) “Tripla composta” in movimento vivace, rapido e, come si può evincere dal nome, di andamento saltellante. “Alla musica del salterello, allegra e briosa – prosegue Federica – si aggiungono anche i versi, naturalmente di soggetto vario e spesso improvvisati, così da caratterizzare maggiormente l’originalità di questa danza”.

Musica spensierata che richiedeva un determinato movimento. “Si formavano tre coppie di ballerini, tre dame e tre cavalieri – aggiunge Federica – che si ponevano a tre per tre, gli uni davanti agli altri, a brevissima distanza. Le coppie iniziavano a danzare avvicinandosi a piccoli passi e salutandosi con un inchino eseguito con molta galanteria, offrendo così un piacevole contrasto, quello della gentilezza rude”. 

La seconda parte della danza prevedeva lo scambio delle coppie, ovvero ogni dama danzava singolarmente con ogni cavaliere presente. La terza parte aveva un nome vernacolare, “El pistuletti”, che consisteva nella risposta della dama: mentre il cavaliere compiva gesti e salti di “bravitù”, la dama, con le mani nei fianchi o con la gonna leggermente succinta, gli girava intorno picchiando celermente i piedi e ammiccando. “Il più delle volte i ballerini eseguivano le ‘pistolette’ attorno a un fiasco piano di vino per mostrare la loro abilità” conclude Federica. Fiasco che poi veniva “scolato” alla fine del ballo. Vino (ma non solo) che troveremo alla Fiera Agricola del Consorzio Terra di San Marino, assieme ai prodotti delle altre filiere, dal 3 al 5 maggio a Fonte Dell’Ovo.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento