Home Notizie del Giorno Visto per voi al teatro Bonci: “Peachum, un’opera da tre soldi”

Visto per voi al teatro Bonci: “Peachum, un’opera da tre soldi”

da Alessandro Carli

L’operazione di robusta riscrittura del celebre testo teatrale di Bertolt Brecht effettuata da Fausto Paravidino va ascritta nel prezioso percorso di indagine del contemporaneo che l’attore e drammaturgo ligure porta avanti sin dagli esordi: Peachum, un’opera da tre soldi, in scena al teatro Bonci sino a domenica, è probabilmente lo spettacolo che Paravidino avrebbe scritto se fosse vissuto un secolo fa. Anche qui, come in Gabriele e in Due fratelli (giusto per ricordare gli esordi), l’artista ligure affonda lo sguardo nelle criticità del quotidiano: il livore sociale, la differenza di razze, l’erigere a oltranza una difesa dello status quo dei benestanti. L’attenzione del regista (sempre Paravidino) si sofferma su Peachum, uno dei protagonisti de L’Opera da tre soldi di Brecht, un eroe al contrario interpretato da un magistrale Rocco Papaleo (foto: Luca Guadagnini), autentico e credibile totem del capitalismo.
Il testo porta la platea cesenate, per circa due ore di atto unico, in una metropoli dei giorni d’oggi, “teatro” della lotta di classe e dei malaffari sporchi degli ultimi. La trama è, in maniera spannomentrica, piuttosto semplice e attinge dalla Commedia dell’arte: un ragazzo povero, delinquente e nazista, Mickey (Paravidino) si innamora di Polly, figlia del ricco Jonathan Geremia Peachum, di mestiere venditore di borse griffatissime, che ovviamente si oppone alla relazione a tal punto da ordinare l’uccisione del giovane (che puntualmente avviene).
Il “taglio” dato alla mise en scene è, nei fatti, una rivisitazione contemporanea della tragedia greca (anche se qui gli attori, alla fine, definiscono lo spettacolo una “commedia”) con un “coro” iniziale – “armato” di chitarre elettriche e microfoni – chiamato a introdurre i fatti e con una prosecuzione che ricorda l’arte di Roy Lichtenstein e dei suoi “Ballons”: i personaggi, manieristici e “fumettizzati”, parlano e si muovono come marionette.

Moderatamente splatter e con un finale di matrice pirandelliana (gli attori abbattono la “quarta parete”, quel “muro immaginario” posto di fronte al palcoscenico e chiedono alla platea se possono chiudere la commedia), Peachum, un’opera da tre soldi convince ma non sino in fondo: ottimi i dialoghi secchi, quelli con poche battute ma dal ritmo poderoso, così come l’interpretazione di Rocco Papaleo, meno invece le parti femminili e la “chiusa” con un chitarrista elettrico che vocalmente fa il verso a Papa Francesco, azzardando una cadenza argentina un po’ troppo forzata e stridente per la struttura dello spettacolo.

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