Anticipato il 23 maggio dal singolo “Isola”, il 26 settembre è uscito, sempre per l’etichetta TSCK Records, “Oltre lo specchio”, il nuovo album del cantautore riminese Daniele Maggioli (foto: Giulio Rosini). Un motivo più che nobile per incontrarlo e parlare della sua nuova fatica “da studio”.
Alice ha attraversato lo specchio, tu sei andato oltre. C’è qualcosa di Carroll nel tuo nuovo lavoro?
“Apparentemente no, però in realtà direi di sì: è una metafora universale. Nell’album racconto molte persone, tutte con un taglio piuttosto psicologico: è una descrizione che supera l’immagine superficiale, le loro fisionomie. In questo caso lo specchio mette in luce e riflette una visione più interiore”.

La copertina ricorda, alla lontana, quella di Francesco De Gregori in un album del 1978 in cui calcia un pallone.
“La copertina, come quelle degli ultimi tre lavori, l’ha creata Elena Tenti. In questa non c’è una mia foto ma si vede che sono io. A guardarci bene, ricorda quella di De Gregori ‘fermato’ mentre calcia un pallone. Il ‘Principe’ (come Lucio Dalla lo soprannominò durante ‘Banana Republic’, ndr) è l’unico vero cantautore italiano che mi piace: ha ancora oggi un linguaggio aperto, molto attuale, a differenza di De André e Guccini, che secondo me sono più storicizzati, cioè raccontavano l’antimorale dell’epoca”.
Il formato è quello dell’EP: come mai non un “album lungo”?
“Direi che si tratta di un ‘album corto’, un po’ come gli ultimi lavori che ho inciso. Secondo me un album composto da 5, 6, 7 o 8 pezzi è perfetto: non siamo più abituati ad ascoltare dischi lunghi”.
Dove hai scritto i pezzi?
“A Rimini. ‘Oltre lo specchio’, rispetto agli album precedenti, è meno collocato geograficamente. Il pezzo più riminese forse è ‘La canzone degli abissi’, ambientato nel quartiere dove sono cresciuto, la vecchia Fiera, la Cava. Un quartiere che alla fine degli anni Ottanta viveva il boom dell’eroina”.
Tra le tracce, oltre a quella che dà il titolo al cd, anche “Modigliani”.
“L’intero disco è ispirato alla pittura e alle donne. Sul desk del mio computer ho salvato alcune opere di Picasso e di Modigliani che, in qualche modo, mi hanno condizionato. Le donne di Modigliani sono sempre ritratte con il collo molto lungo: per me sono un desiderio di evasione dall’oscurità. Il collo lungo ti permette di guardare sopra la nebbia”.
L’ascoltatore ritrova meno Rimini, a parte ne “La canzone degli abissi”.
“Non è un concept album anche se una chiave, un fil rouge non dichiarato, si può trovare. C’è meno realismo romagnolo rispetto ai lavori del passato e più onirismo. L’album è composto da otto pezzi: sette nuovi e un bonus track, una live session di ‘Viale San Salvador’, dedicata al fotografo Marco Pesaresi”.
Dopo oltre 20 anni, la tua voce è cambiata rispetto agli esordi?
“Sicuramente è cambiata. Quando ho iniziato cantavo con una voce ‘da vecchio’, alla Fabrizio De André o alla Tom Waits, quindi baritonale. A distanza di tempo, quando mi riascolto, sento che non era una voce naturale Da qualche tempo ho alzato la tonalità: la sento più ‘mia’, più vera”.

