Home Dal giornale Aldo Volpini, i superbi sogni ragionati di un uomo

Aldo Volpini, i superbi sogni ragionati di un uomo

da Alessandro Carli

La mostra si apre con un’immagine fotografica di Aldo Volpini, “in piedi, che fuoriesce con lo sguardo diretto ed austero verso l’osservatore, gli strumenti da lavoro in mano. Dietro alla cornice della sua capanna artigiana, la grande scala di legno appoggiata alla pietra di San Marino, i sacchi di materiale da lavoro. A fianco del Maestro vi è un grande blocco di materiale informe, nascente, che attende di essere plasmato e di avere vita dalla mano geniale di Volpini. L’immagine è l’embrione della Pietà, con la sua forma immensa. Invita il viandante ad entrare nella prima sala della mostra e ad immergersi nell’avventura. Dinnanzi l’imponenza del Maestro ad accogliere il visitatore. Quasi un invito al viaggio dentro la storia di un grande artista, non solo scalpellino, non solo artigiano. Un artista completo, prolifico, completo che dimostrò un interesse trasversale per tutta l’arte figurativa che si era costruito da tenace autodidatta. Una storia affascinante di un eclettismo fecondo, ma, a contempo, ancora alla ricerca di un riscatto. Sempre, al centro, il simbolismo della sammarinesità, il sacro di una geografia di segni che aprono porte affacciate sull’infinito, l’espressione più viva dell’amore per la propria patria e superbi sogni ragionati di cui, qualcuno, è diventato atomo di realtà”.

Con queste parole esordisce Valentina Garavini, curatrice della mostra “Aldo Volpini. L’arte rediviva. In principio fu carta” ospitata all’interno di Palazzo Graziani sino al 30 maggio 2025: parole che portano alla “Divina Commedia” di Dante Alighieri. Lì e qui, un Inferno, un Purgatorio e un Paradiso.

La curatrice è “Beatrice” e parte dal Paradiso, dal primo piano rialzato del Palazzo. Qui incontriamo San Marino, i simboli identitari della Repubblica e alcuni soggetti sacri. Schizzi di preparazione a tecnica mista – dall’acquerello al gessetto nero – e quadri meravigliosi. “Molte opere, grazie alla mostra, sono state restaurate” spiega Valentina. L’incanto è negli occhi. “Aveva bisogno dell’anima delle opere, e la trovata nel disegno” aggiunge. “La sua arte è nata su carta. La pratica disegnativa, per lui, oltre che un esercizio fondamentale di studio, è stato intervento fondante della sua espressione artistica”.

La passione per l’arte è sempre stata scintilla e traiettoria che, sin dalla giovanissima età, ha animato la sua esistenza: carta e scintilla, quindi. Un ossimoro apparente: la sua arte incendia, avvampa ma senza scottare o bruciare.

Autodidatta, come si è detto, Aldo Volpini, nato nel 1920. Nell’arte figurativa e nelle lettere. “Nei carteggi emerge una modalità piuttosto forbita nella scrittura, sia che si interfacciasse con le istituzioni che con le persone” racconta. “Ogni piano è incentrato su uno o più capitoli della sua vita (e del catalogo)”. Un lavoro impegnativo, che ha richiesto tempo: circa tre anni. Al piano “meno 1”, il Purgatorio, la sua vita quotidiana: Palazzo Graziani possiede un camino e un angolo cottura: un invito a “impreziosire” lo spazio con autoritratti, con i volti dei familiari, con le opere non compiute. Tra tutte, “Le gesta del Santo Marino” del 1965, un lavoro che “Beatrice” definisce “la sua grande utopia”. È un viaggio rovesciato, quello di Volpini: curato con grande attenzione ai dettagli, lavora sul dialogo tra l’edificio e l’artista, tra il luogo fisico e la creatività, la capacità del fare. Un viaggio “contrario” a quello dell’Alighieri, verticale, che parte dalla vetta e che poi si lascia trascinare dalla forza della gravità sin dentro la pancia della terra, dello scultore, della pietra, dei sensi.

Al piano “meno due” la porta di Dite, rovesciata anch’essa rispetto a Dante: una porta che è avamposto, fatamorgana di fantasia e bellezza. Un uscio che fa entrare, che si affaccia nel cuore del Monte Titano, roccioso e ruvido. Qui riposa un’aquila e una lettera. Un epilogo, nato “da un male oscuro / che è difficile diagnosticare” (“Una canzone”, Francesco Guccini). Lo ha scritto Valentina. “Era il 16 maggio 1976. Ogni cellula che compone l’orografia segreta di una personalità, in quegli istanti avverte che qualcosa sta per accadere. L’inatteso minacci con la propria ombra. Qualcosa di inimmaginabile e terribile. Gli altri rimasero a guardare attoniti l’infinito che all’imbrunire calò il sipario della notte. Una notte che oggi brilla d’immenso. Così, all’improvviso, Aldo Volpini si è congedato con un gesto di una forza avversa e contraria all’impeto della creazione artistica. Legno di pernambuco vero e profondo, simile a quello delle sue tavole dipinte con i tre Santi che ora lo proteggono, o a quello dei suoi capolavori (…). L’imprevidibilità di una traiettoria. Qualcuno ci ha donato dei capolavori e poi è svanito, ma più alta e vivace è la fiamma del genio e più breve sarà il tempo con cui bricerà il falò. Il tempo. Quel che accade. La storia di un’arte sublime e rediviva, nata su carta. Su di una carta, simile a quella delle scenografie di teatro che conserva memoria delle pieghe del tempo”.

Sipario.

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