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Banca di San Marino, Denis Manzi: testa o cuore?

da Denis Manzi

L’innamoramento, nelle relazioni interpersonali, è un’esperienza umana complessa, che va a coinvolgere le emozioni, i pensieri ed i comportamenti che mettiamo in atto. La psicologia (si veda l’articolo accademico “Love and attachment processes”, Hatfield & Rapson, 1993) definisce l’innamoramento come la fase iniziale di un’esperienza sentimentale caratterizzata da una forte attrazione verso un’altra persona, che è caratterizzata da una serie di cambiamenti psicofisici che ne accompagnano l’evoluzione. La fase dell’innamoramento, che può durare un lasso di tempo variabile e difficilmente quantificabile, per il soggetto che la sperimenta, è suscettibile di fare diminuire il grado di razionalità a chi la prova, rendendolo più facilmente suggestionabile e propenso a fare ragionamenti e/o a compiere azioni che diversamente non compirebbe.

Se tali sensazioni, unite ai comportamenti che ne susseguono, sono prive di particolari rischi in rapporti e situazioni sane, il discorso inizia ad essere molto complicato se ci si addentra in contesti meno sani o magari architettati artificialmente al solo fine di condurre degli illeciti (si pensi ad esempio alle molteplici “truffe amorose” di cui si sente sempre più spesso parlare).

Se il sentimento dell’amore verso altre persone – sia esso più o meno sano – è ad ogni modo insito nel DNA dell’essere umano ed è appunto tale sentimento che ha permesso e permette la sopravvivenza della specie, l’innamoramento in contesti diversi da quelli delle elazioni umane, e specialmente in quello degli investimenti finanziari, si rivela molto spesso, per non dire sempre, deleterio.

In effetti, la teoria economica ortodossa, che ha poi guidato anche un po’ tutte le teorie sull’efficienza dei mercati, afferma che l’homo economicus (ovvero quell’individuo astratto rappresentazione figurativa di un uomo iper-razionale, le cui principali caratteristiche sono appunto estrema razionalità e ricerca della massimizzazione del proprio benessere) non è assolutamente influenzato nelle proprie decisioni economiche e finanziarie da sentimenti e sensazioni che si discostino da quello che è appunto razionale fare al fine di massimizzare il trade-off tra rendimento e rischio.

Tuttavia, non occorre di certo essere grandi esperti economici-finanziari per rendersi conto di come il concetto dell’homo economicus sia solamente un’elegante invenzione più teorica che pratica, visto che l’essere umano, specialmente se non costretto a compiere decisioni razionali, è molto spesso guidato, o quantomeno influenzato, da emozioni e sensazioni, anche facilmente manovrabili e suggestionabili a seconda del contesto o del momento in cui la decisione stessa va presa.

Come dimostrazione di tutto ciò, appare sicuramente utile concentrarsi su quanto sta accadendo nel connubio tra politica ed economia/finanza. Infatti, sino a pochi mesi fa, sembrava imprescindibile – pena l’essere considerati degli eretici, dei fuori dal mondo o anche peggio – doversi obbligatoriamente allineare, come investitori, ai principi ESG o, per qualsiasi impresa, dovere per forza di cose sposare ed attuare all’interno delle organizzazioni aziendali i concetti della diversità, uguaglianza ed inclusione. Ora, soprattutto dopo l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli USA, alcuni di tali temi, nelle loro versioni più estremiste, stanno invece riscontrando parecchio scetticismo e dissenso, magari da quelle stesse persone che prima li osannavano, emulando il movimento di un pendolo.  

Se cambiare idea, quando si hanno dei validi elementi per farlo, è ovviamente cosa intelligente, lo è molto meno se lo si fa solamente a seconda di come tiri il vento. Inoltre, se cambiare semplicemente idea, anche se in maniera meramente opportunistica, non ci espone nella stragrande maggioranza dei casi a particolari problemi, il discorso è differente se di mezzo vi sono gli investimenti finanziari, dato che i danni che si rischia di compiere potrebbero anche risultare devastanti.

Come dimenticarsi dei tanti proseliti, diventati anche propagandistici dal periodo del Covid-19, su come il mondo avrebbe dovuto andare avanti basandosi solamente sulle energie rinnovabili destinando a morte certa tutte le fonti di energia tradizionali? Argomenti sicuramente accattivanti ed anche sensati ma, chi si fosse innamorato di tali temi pensando bene di inserirli anche nella propria asset allocation finanziaria, sta difficilmente sorridendo (grafico energia sporca vs. energia pulita).

performance, ribasata a 100 a fine febbraio 2020, degli indici azionari “Standard and Poor’s 500 Oil & Gas Refining & Marketing” (energia sporca) e “S&P Global Clean Energy Transition” (energia pulita). Fonte: elaborazione BSM su dati bloomberg.

Ancora più lampante l’esempio di chi, nell’ormai lontano 2020, si fece abbagliare e si innamorò degli scintillanti camion elettrici (che avrebbero dovuto rivoluzionare il mercato del trasporto su gomma) dell’azienda statunitense NIKOLA, che arrivò ad avere una capitalizzazione di 29 miliardi di dollari (avendo registrato ricavi massimi per singolo anno di appena 49,7 milioni di dollari!!) e che ora, dopo avere richiesto la protezione dai creditori, ne capitalizza appena 25 milioni (grafico NIKOLA), avendo regalato una performance dai massimi di un bel -99,99%!

Grafico NIKOLA: andamento del prezzo delle azioni NIKOLA, azienda statunitense produttrice di camion elettrici. Fonte: elaborazione BSM su dati Bloomberg 

Come molto spesso accade, la verità sta quasi sempre nel mezzo e le cose sono molto più semplici e lineari di quanto si possa pensare ed al fine di ottenere risultati quantomeno decenti ma soprattutto non fare danni, nella vita e nel mondo degli investimenti finanziari, sarebbe sufficiente una buona dose di buonsenso e razionalità, evitando di farsi prendere dall’entusiasmo cadendo di conseguenza nel tranello dell’innamoramento, sentimento bellissimo nelle relazioni umane, che però andrebbe tenuto ben alla larga quando si ha a che fare con altre tematiche, comprese strategie di investimento o singoli investimenti che dir si voglia!  

La sensazione è che nel prossimo periodo, grazie alla (o per colpa della) nuova amministrazione americana, assisteremo a tanti altri capovolgimenti di fronte, voltafaccia più o meno opportunistici e piroette varie, che riporteranno il pendolo più verso il centro procurando nel processo quantomeno qualche grattacapo a quegli investitori che negli anni scorsi hanno fatto prevalere “l’amore” verso taluni temi rispetto ai fondamentali ma soprattutto rispetto al buonsenso.

Chiaramente, in tutto questo, vi è la quasi matematica certezza, visto che la mente umana è una delle poche costanti nella storia e che l’umanità vive quasi sempre di eccessi, che prima o dopo il pendolo si sposterà troppo dall’altro lato e la storia si ripeterà in senso opposto.


COME SI SONO COMPORTATI I MERCATI FINANZIARI NELL’ULTIMO PERIODO?

Mese piuttosto interlocutorio sui mercati finanziari quello di febbraio (tabella performance). In effetti, nonostante il trantran politico, geopolitico ed amministrativo attualmente in atto, sembra che i mercati finanziari non abbiano ancora ben capito quali saranno poi i reali effetti tangibili.

Tuttavia, se a livello generale si nota una certa tranquillità, analizzando più nel dettaglio ciò che sta accadendo, è possibile individuare alcuni patterns interessanti, come ad esempio la sovra-performance, lato azionario, di Europa e mercati emergenti rispetto all’America (grafico performance relativa). Ovviamente, una rondine non fa primavera e pertanto, soprattutto se i dazi tanto sbandierati da Trump saranno effettivamente imposti, la tendenza potrà tranquillamente invertirsi in men che non si dica.

Grafico performance relativa: andamento da inizio anno, con performance basata a 100, degli indici azionari europei (MSCI Europe), americani (MSCI USA) e dei mercati emergenti (MSCI emerging markets). Fonte: elaborazione BSM su dati bloomberg, al 25 febbraio ’25.

Anche sul fronte obbligazionario notiamo una certa tranquillità, soprattutto in considerazione del grado di incertezza su quelle che potranno essere le mosse delle banche centrali, e soprattutto sul livello “terminale”, ovvero del livello dei tassi che vi sarà a fine ciclo, in Eurozona ma soprattutto in America dove, dalle elezioni Presidenziali, i mercati stanno stimando un tasso terminale più alto (ovvero meno tagli dei tassi) rispetto a quello atteso in precedenza (grafico tasso terminale USA).

Grafico tasso terminale USA: tasso implicito nel sedicesimo contratto sui Fed Funds (attualmente quello con scadenza maggio 2026). Fonte: elaborazione BSM su dati bloomberg, al 25 febbraio ’25.

Effettivamente, anche le aspettative inflazionistiche per il medio termine, o quantomeno sull’orizzonte temporale fissato alla fine del mandato presidenziale di Donald Trump, hanno subito un importante incremento nell’ultimo periodo negli USA (grafico aspettative inflazione USA).

Grafico aspettative inflazione USA: aspettative inflazionistiche a 4 anni implicite nel tasso di inflation breakeven a 4 anni. Fonte: elaborazione BSM su dati bloomberg al 25 febbraio ’25  

QUALI SONO STATI GLI EVENTI PIÙ SIGNIFICATIVI DELL’ULTIMO PERIODO? 

In un mese in cui non vi sono state riunioni delle principali banche centrali, se si esclude il taglio dei tassi effettuato da quella australiana, il focus è rimasto prevalentemente sul fronte politico e su quello geopolitico.

In Europa, le elezioni politiche tedesche hanno visto la vittoria della CDU, partito tradizionale di centro-destra, che dovrà ora formare una coalizione con i partiti mainstream per evitare il coinvolgimento nel governo dell’estrema destra di AfD, che ha ottenuto un buonissimo consenso elettorale, raggiungendo nel complesso il 20% ed anche ben oltre nella Germania dell’est, a testimonianza di come anche nel paese teutonico vi sia parecchia insofferenza per la situazione economica.

Per quanto riguarda invece il fronte geopolitico, decisamente di rilievo gli abboccamenti tra Russia ed USA volti a trovare una soluzione alla guerra in Ucraina, chiaramente con l’obiettivo da entrambe le parti di trarre il maggior vantaggio possibile (vantaggi prevalentemente economici per gli USA e geografici per la Russia). In tutto questo, il rischio per l’Europa è di non toccare palla, rimanendo tagliata completamente fuori da un possibile accordo, con la conseguenza di non accedere agli eventuali benefici, dovendosi sobbarcare invece, almeno in parte, gli effetti negativi. In tutto questo, il vecchio continente ha ben pensato di varare il sedicesimo pacchetto di sanzioni alla Russia, evidentemente con buona pace dei cittadini e delle imprese europee che continuano a doversi sobbarcare un costo dell’energia nettamente superiore a quello dei cugini americani (grafico prezzo del gas).

Grafico prezzo del gas: prezzo medio del gas in America ed in Europa. Fonte: Statista. Dati da dicembre 2014 a dicembre 2024 in USD per milioni di BTU

QUAL È LA CONDIZIONE DI SALUTE DELL’ECONOMIA GLOBALE?

Incerta. Se dovessi utilizzare una sola parola per descrivere la condizione di salute dell’economia mondiale utilizzerei proprio questa. In effetti, anche empiricamente, è possibile notare come il grado di incertezza sull’economia è a livelli decisamente elevati, caratterizzati solitamente da situazioni di crisi e stress finanziario, situazioni decisamente diverse dall’attuale (grafico incertezza).

Grafico incertezza: media mobile a 20 giorni dell’indicatore “US economic policy uncertainty”, che misura il grado di incertezza economica negli USA. Fonte: elaborazione BSM su dati bloomberg

Infatti, sebbene la salute dell’economia non appaia per ora in condizioni precarie ed i livelli di crescita continuino a mostrare una certa resilienza, l’incertezza che si respira sui tanti fronti aperti, unitamente ad un’inflazione che fatica a rientrare al di sotto dei livelli a cui ambiscono le principali banche centrali, rende complicato avere una visione nitida su un orizzonte temporale anche breve.

Tra le variabili suscettibili di produrre un qualche effetto difficilmente prevedibile vi è anche l’azione del nuovo “Department of Government Efficiency” guidato da Elon Musk che, con l’obiettivo di tagliare prepotentemente la spesa pubblica, richiederà un importante numero di licenziamenti nel settore governativo americano, con la conseguenza che verosimilmente si avranno molte persone che si troveranno costrette a riproporsi sul mercato del lavoro privato.

QUALI SARANNO GLI EVENTI DA MONITORARE NEL PROSSIMO PERIODO?

Marzo vedrà tornare alla ribalta le banche centrali, con le decisioni di BCE e FED sui tassi previste rispettivamente per i giorni 6 e 29. Le aspettative vedono un ulteriore taglio di 25 punti base per l’eurozona (che potrebbe essere l’ultimo prima di una fase di temporeggiamento) e tassi stabili negli USA, il che, se effettivamente sarà confermato, comporterà un ulteriore divaricamento tra i tassi di politica monetaria delle due aree geografiche (grafico differenziale tassi).

Grafico differenziale tassi: parte bassa del corridoio dei tassi FED e tasso sui depositi BCE. Fonte: elaborazione BSM su dati bloomberg, dati per gli ultimi 5 anni

Attenzione sempre massima, inoltre, circa gli annunci sui dazi americani (il 4 marzo scade il termine che Trump ha per ora concesso su Canada e Messico) e sui progressi nelle trattative per un cessate il fuoco in Ucraina.

COSA CI DICONO LE VALUTAZIONI ATTUALI DEI MERCATI FINANZIARI E COSA È LECITO ATTENDERSI NEL MEDIO PERIODO?

Come sempre risulta importante dare uno sguardo alle valutazioni delle principali categorie di investimento, in quanto nel medio-lungo periodo la performance dei mercati è fortemente correlata alle valutazioni presenti al momento dell’investimento (più basse sono le valutazioni più elevato è il rendimento prospettico e viceversa).

La tabella valutazioni ci mostra livelli elevatissimi sulle classi di investimento più volatili (siamo vicini alle peggiori valutazioni degli ultimi 10 anni!). È abbastanza indubbio che i rendimenti attesi per il futuro, soprattutto sull’azionario e sul mercato obbligazionario con maggiore rischio di credito, difficilmente potranno essere entusiasmanti.

Per quanto riguarda invece il mercato obbligazionario investment grade, sebbene i livelli siano ormai decisamente sopra alla mediana di lungo periodo e si stiano approcciando a territori con area rarefatta, non vi sono ancora sintomi di eccessiva esuberanza.

COME ANDRANNO QUINDI GESTITI I PORTAFOGLI NEL PROSSIMO PERIODO? 

I mercati finanziari stanno, almeno per ora, snobbando la situazione di incertezza che aleggia sul fronte economico e politico, denotando pertanto una view decisamente positiva ed esuberante (grafico spread).

Grafico spread: andamento dell’indicatore di incertezza sulla politica economica degli spread a cui tratta il mondo obbligazionario corporate investment grade. Fonte: Torsten Slok, Apollo

Anche i livelli di volatilità implicita, sia sull’azionario che sull’obbligazionario, rimangono decisamente bassi e pertanto vale la pena ribadire quanto scritto anche lo scorso mese, ovvero che la ragione potrebbe essere duplice: o i mercati non stanno scontando a sufficienza ciò che – nel bene o nel male – potrebbe succedere nel prossimo periodo, oppure l’incertezza è talmente elevata che gli operatori non hanno appetito per prendere posizione, né al rialzo né al ribasso. La verità probabilmente, come spesso accade, sta nel mezzo.

In un contesto del genere, caratterizzato appunto da incertezza ma volatilità implicita contenuta, unitamente a valutazioni non a buon mercato sui mercati azionari ed un livello dei tassi di interesse che permette di assorbire in maniera non troppo dolorosa (a livello di prezzo delle obbligazioni) eventuali ulteriori rialzi nei tassi, il suggerimento rimane quello di focalizzarsi su soluzioni con elevata convessità (acquisto di downside protection sull’equity ed acquisto di duration sul reddito fisso).   

Considerato il tutto a 360 gradi, per il prossimo periodo in dettaglio si consiglia quindi di:

1 – Mantenere l’esposizione all’azionario nella parte bassa del range stabilito in sede di asset allocation strategica;

2 – Mantenere l’esposizione all’obbligazionario con rischio di credito sotto al peso stabilito in sede di asset allocation strategica;

3 – Mantenere l’esposizione all’obbligazionario privo di rischio di credito leggermente al di sopra di quanto stabilito in sede di asset allocation strategica.

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