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Editoriale: lavoratori frontalieri, se Roma si muove

da Daniele Bartolucci

Si è tenuto il 24 febbraio l’atteso incontro d’insediamento del tavolo permanente interministeriale sul lavoro frontaliero, istituito ai sensi della legge 83/23.

Atteso nel senso vero della parola, visto che la legge che lo prevedeva risale a quasi due anni fa. Non solo, il tavolo nasce in seguito al memorandum d’intesa siglato nel dicembre 2020 tra il MEF e le parti sociali, nell’ambito del trattato internazionale Italia-Svizzera, e si è concretizzato grazie all’approvazione unanime della legge da parte del Parlamento. Ovviamente non riguarda solo la situazione svizzera, ma tutti i frontalieri italiani (del resto quell’accordo prevedeva anche l’innalzamento della franchigia a 10mila euro, entrata poi in vigore come risaputo). Prevista un’ampia partecipazione, che include non solo le organizzazioni sindacali (CGIL, CISL e UIL), ma anche i rappresentanti delle amministrazioni locali delle aree di confine italo-svizzere, anche se non è stato ancora comunicato ufficialmente quali: Rimini o Pesaro sono state coinvolte? O sono stati chiamati solo i Comuni limitrofi alla Svizzera e a Monaco?

Se ne parlerà più avanti. Quel che è già chiaro è che sono stati fissati determinati obiettivi e modalità operative per giungere allo statuto dei frontalieri, ad esempio, ma anche per risolvere la questione della nuova NASPI e ovviamente i casi di doppia imposizione, come è il caso dei pensionati ex frontalieri a San Marino. Su questo fronte, però, manca un “invitato”: San Marino. Più volte il tema è balzato agli onori delle cronache e l’auspicio è che se Roma si muove (anche se in ritardo), San Marino faccia lo stesso.

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