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Editoriale: Tutti vanno a “scuola” di natalità

da Daniele Bartolucci

La crisi della natalità inizia a uscire dalle mere statistiche e irrompe, come era prevedibile, sui tavoli più disparati: dall’edilizia scolastica al mercato del lavoro, tralasciando il facile (ma ancora non discusso) collegamento con le pensioni, si comincia a fare i conti con gli effetti di anni, se non decenni, di sottovalutazione del problema. Nell’ordine, il Segretario all’Istruzione ha annunciato per fine febbraio l’analisi del gruppo di lavoro incaricato sulla riorganizzazione dei 38 plessi scolastici, mettendo già le mani avanti su possibili accorpamenti e chiusure con relativa trasformazione in uffici pubblici dello stesso settore (anche perché il tema del personale, se si chiudono le scuole, può diventare un bel problema). A stretto giro l’ANIS, presentando il suo Osservatorio, rilancia sulla difficoltà delle aziende di trovare le persone con le giuste competenze per sviluppare le proprie aziende. “Non si trovano perché non ci sono” ha sentenziato il Dott. Selva, ricollegandosi proprio alla crisi della natalità di cui si parla (o si sarebbe dovuto parlare) da decenni. Il dibattito è aperto e coinvolge dunque tutti quanti: società civile ma anche mondo delle imprese. E ovviamente la politica, chiamata a trovare soluzioni ai vari problemi che si stanno generando. C’è l’idea di mettere assieme tutti i ragionamenti, ed è un passo in avanti importante, ma occorre una strategia più efficace e anche più concreta.

Le scuole e gli altri servizi sono sovradimensionati oggi. I fondi pensione hanno problemi di sostenibilità oggi. Le aziende hanno bisogno di personale qualificato oggi, non tra vent’anni.

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